Fiat di Pomigliano - 10-16 aprile 2008 - Una prima ondata di lotta operaia

Possono arginare un onda, ma mai impedire alla marea di salire!

Cronaca di questi giorni: Atitech, Napoli, esuberi per 700 lavoratori; Electrolux, Firenze e Treviso, 800 tagli; Teksid, Carmagnola (indotto FIAT) 950 lavoratori a rischio; Bluterma 100 operai da mesi senza stipendio; Officine Franzi, Lugano, 112 posti a rischio; Granarolo, 350 licenziamenti...

La crisi globale del modo di produzione capitalista sta mostrando qual’è la classe che dovrà pagarne i costi.

Hanno tagliato prima la scala mobile, poi il sistema pensionistico, poi hanno reso flessibile il mercato del lavoro, poi tagliato il sistema sanitario, poi le tasse a carico delle imprese... Ma la crisi avanza inarrestabile.

Mentre il prezzo del petrolio e dell’oro segnano nuovi record ad ogni giorno che passa e le rivolte per il drastico rincaro dei generi alimentari incendiano il sud del mondo (ultimo l’Egitto), anche lo stato borghese italiano si prepara ai tempi duri che verranno.

La Terza Repubblica (bipolarismo), la semplificazione del Parlamento - all’interno del quale rimangono solo 5 partiti - , il crollo dell’Arcobaleno e la sua fuoriuscita dalla scena non possono essere visti come dati casuali.

Si tratta piuttosto di una svolta epocale, la risposta alle necessità del capitalismo italiano di avere un esecutivo solido e forte, capace di prevenire, controllare e reprimere le tensioni sociali che i prossimi provvedimenti, inevitabilmente, innescheranno: precarietà, licenziamenti, caro-vita, sfratti, inquinamento, guerre... Mai come oggi è vera l’affermazione secondo la quale: non ci sono più margini di mediazione.

Anche le briciole, delle quali il sindacato si è sempre nutrito per gettare fumo negli occhi ai lavoratori spacciando per grandi vittorie la loro svendita (ed in questo la Sinistra borghese è stata maestra, da quando è riuscita a vendere il rozzo capitalismo di stato stalinista per costruzione del socialismo!), anche queste briciole si sono esaurite.

Nella vertenza contro le 316 esternalizzazioni di Pomigliano, la Fiat lo ha dimostrato chiaramente: «Queste sono le nostre condizioni, o le accettate o vi massacriamo di cariche». E questo hanno fatto. Un mostrare i muscoli che è riuscito momentaneamente a sedare la lotta operaia, ma che ha mostrato con lampante chiarezza cosa si nasconde dietro questa cosiddetta “democrazia”: la dittatura della classe padronale, una società dilaniata da interessi di classe opposti ed inconciliabili. Padroni, borghesi e capitalisti con i loro burocrati e leccapiedi da un lato, lavoratori, operai, precari e disoccupati con le loro famiglie dall’altro. Gli uni che hanno bisogno di sfruttare ed opprimere sempre di più per potere rimanere competitivi sui mercati internazionali, gli altri che devono difendersi dal violento e rapido peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro a cui sono sottoposti. Le contraddizioni che caratterizzano la società capitalista stanno giungendo al culmine, scegliere da che parte stare è una questione di classe.

In questo quadro, i 6 giorni di lotta degli operai di Pomigliano ci hanno offerto insegnamenti preziosi:

  1. La forza degli operai sta nella loro unità, laddove si organizzano in assemblee e rifiutano le divisioni alle quali la logica sindacale tenta costantemente di sottoporci.
  2. Il principio della delega è funzionale al padrone per raggirarci e sconfiggerci. Non possiamo delegare nessuno, se non noi stessi, per la difesa reale dei nostri interessi.
  3. La determinazione, la solidarietà e l’unità di classe sono l’arma vincente; il tatticismo sindacale, l’isolamento e la frammentazione sono l’anticamera della sconfitta.
  4. Le lotte non hanno mai un progredire lineare, ci sono avanzamenti e riflussi, ciò che conta è mantenere fermo il timone sugli obiettivi che ci si è preposti.
  5. Proprio perché ormai non vi sono più margini di mediazione, la questione è di mero rapporto di forza tra le classi.

Dobbiamo lavorare per accrescere la nostra forza di classe, di vertenza in vertenza. Se anche possiamo perdere nella singola vicenda, la nostra vittoria più grande è la crescita - nelle esperienze - di una organizzazione di lotta alternativa al sindacato: l’adesione degli operai al programma anticapitalista, il rafforzamento ed il radicamento di questa organizzazione, la formazione e la crescita degli operai più combattivi, quelli che animano le lotte e le organizzano.

Sono questi i militanti operai, lavoratori che emergono in queste dure lotte, che devono impegnarsi fin da oggi per dare forma e sostanza al partito proletario di domani, strumento necessario ed indispensabile per far crollare questa società barbarica, incivile e preistorica chiamata “capitalismo”.

Battaglia comunista