Per un’altra scuola, per un altro mondo

In ogni società divisa in classi, la classe dominante ha sempre negato a quelle sottomesse e sfruttate il diritto all’istruzione e, quando lo ha concesso, lo ha fatto soltanto perché ciò corrispondeva ai suoi interessi.

Negli anni ’60, quando la crescita della grande industria e dei consumi di massa l’hanno reso necessario, l’accesso all’istruzione è stato facilitato e la scuola pubblica aperta anche ai figli dei lavoratori (scuola media unificata, liberalizzazione degli accessi universitari, presalario, basse tasse scolastiche ecc.). Naturalmente, il sistema capitalistico ha adottato questi indirizzi di politica scolastica anche sospinto dalle lotte espresse dalla classe operaia e dai ampi settori ribelli della piccola borghesia. Tuttavia, mantenuti - a volte a fatica - da sindacati e forze varie di sinistra dentro i limiti delle compatibilità del capitale, tali fermenti sociali sono stati piegati alla modernizzazione, per così dire, della macchina amministrativa e statale borghese

Successivamente, l’introduzione della microelettronica nei processi produttivi ha fatto sì che mansioni prima complesse e specialistiche potessero essere svolte da chiunque avesse appena un po' di scolarizzazione. In conseguenza di ciò, la scuola di massa per la borghesia è divenuta sorpassata, inutilmente costosa: da qui il suo progressivo svuotamento.

Le “riforme” Berlinguer, Moratti e Fioroni sono state le tappe principali di questo processo, portato a compimento dalla “riforma” - o manutenzione! - Gelmini. In sintesi, la “manutenzione” berlusconiana prende atto che una scuola con scarse strutture e poco personale (docente e non docente) mal pagato è più che sufficiente per insegnare un po’ di inglese, matematica e italiano: questo è il dettato non di esperti pedagogisti né della ministra, ma di Tremonti. Costretto dall’incalzare della crisi economica a tagliare le “spese improduttive”, ha ridotto quelle per la pubblica istruzione di 8 miliardi di euro. Ha così recuperato risorse da destinare alle banche, alle aziende (tra cui le scuole private) per ridurre ancor più la scuola pubblica a una semplice appendice del sistema delle imprese (le Fondazioni...).

Il grembiule, il 5 in condotta, la maestra unica, l’incremento abnorme del numero degli alunni per classe, lo stravolgimento - in peggio, ovviamente - del sistema scolastico, il taglio di circa 200.000 posti di lavoro in pochi anni mirano a fare di quel che resta della scuola pubblica una palestra per preparare i giovani proletari all’ingresso in un mondo del lavoro fatto di supersfruttamento, precarietà, basso salario e la più totale subordinazione degli uomini alle macchine. Allo stesso tempo, costringono ancor più il personale a piegarsi a un'organizzazione del lavoro di tipo aziendalistico

Una scuola fatta per soddisfare le esigenze di un capitalismo in profonda crisi che per sopravvivere ha bisogno soprattutto di forza-lavoro dequalificata e a basso costo e di non disperdere neppure una briciola della ricchezza prodotta in spese ormai superflue come quelle per l’istruzione di massa.

Lottare contro questa riforma, per una scuola finalizzata a offrire pari opportunità di formazione a tutti, è un preciso dovere di tutti gli studenti e giovani proletari così come degli insegnanti e di tutti i lavoratori che, in virtù della stessa logica per cui si smantella la scuola pubblica, sono sottoposti a un feroce attacco alle loro condizioni di vita: i licenziamenti di massa, la riduzione dei salari e degli stipendi.

Le mobilitazioni dal basso di docenti, non docenti, genitori, studenti, cominciate al di fuori delle pratiche sindacali, siano esse concertative - che hanno assecondato il processo in corso - o sedicenti “di base”, sono un segnale importante, un primo passo nella giusta direzione. Se mai riusciremo a contrastare l'attacco, bisogna necessariamente sviluppare queste forme di lotta, le uniche con qualche seria prospettiva.

Lottiamo per un’altra scuola e un altro mondo. Contro la barbarie capitalista, per una società senza classi né frontiere!