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Home ›Cronache dal presidio dei lavoratori dell'Innse di via Rubattino
4 agosto, giornata caldissima col sole a picco che fa ribollire l'asfalto della periferia industriale. All'arrivo in via Rubattino l'aspetto non è poi tanto diverso da quello che siamo abituati a vedere a Gaza - cioè file di blindati messi perpendicolari a sbarrare il viale a 4 corsie come in un improvvisato check-point che rievoca la memoria del G8 genovese con la differenza che per ora non si chiedono i documenti ai passanti, rigorosamente ed inevitabilmente a piedi (li si fotografa e basta...). L'atteggiamento dei tutori dell'ordine però ora è disteso dopo i tafferugli dei giorni precedenti in occasione dello sgombero.
Sotto i gazebo, vere e proprie oasi non solo metaforiche, una cinquantina di persone tra operai Innse ed altri venuti a testimoniare solidarietà come noi. I discorsi spaziano dalla vicenda con tutti i suoi retroscena alle questioni generali; la sinistra che non c'è più, né in parlamento né fuori, il pacchetto sicurezza, le ronde, i paragoni con le lotte del passato, il comportamento ed il ruolo di sindacati, istituzioni, partiti e singoli. Il clima comunque è rilassato ma non affatto rassegnato.
Non troviamo l'affollamento di gruppi e sigle intenti alla propaganda di se stessi come spesso è facile incontrare in contesti simili.
Il dato positivo è che tra i lavoratori vi è grande ed unanime determinazione a resistere ad oltranza, nonostante la situazione oggettivamente sfavorevole, e di questi tempi è cosa rarissima.
Arrivano dopo poco Rinaldini e Cremaschi a portare solidarietà ai manifestanti, specie quelli sulla gru e tentare manifestamente di mettere il cappello - cosa non affatto facile - alla lotta spendendo la loro “autorità” con le istituzioni; la linea della Fiom - che 15 mesi fa all'inizio di questa storia aveva preso le distanze dall'occupazione condannandola ! - è la solita paraculata del sostegno ai lavoratori...affinchè (letterale) trovino un "imprenditore serio che voglia fare impresa e non speculare" col corollario nemmeno tanto implicito che per trovarlo è meglio se si smobillita (altrimenti si spaventano gli acquirenti). Non c'è molta fiducia nella fiom e tantomeno nelle istituzioni - vengono tollerate come possibile aiuto nella vicenda su cui bisogna comunque far pressione di continuo.
Verso le 15 si improvvisa un corteo spontaneo e blindatissimo verso la stazione di Lambrate (a circa 20-25 minuti a piedi) per megafonare ai passanti - appena giunti gli sbirri hanno chiuso la stazione per impedire il blocco dei binari che comunque sarebbe stato semi-impossibile dati i rapporti di forza (per ogni manifestante c'era un celerino...).
Quindi ritorno verso i cancelli dello stabilimento.
Al ritorno al presidio, cui era rimasta un po' di gente, il numero dei presenti era per fortuna un po' aumentato (forse il fresco...); erano comparse anche alcune altre sigle "rivoluzionarie", apparentemente più interessate a vendere i propri giornali che non alla lotta in corso oltre che ai soliti “ferrei” politicanti della fu sinistra parlamentare...
Appare anche su un gazebo una bandiera arcobaleno della pace presto rimossa dagli operai con la sacrosanta constatazione che il pacifismo piccolo-borghese va bene per i borghesi salottieri non certo per dei proletari in lotta (di classe) per non perdere il loro posto di lavoro - oltretutto ridicolo in modo irritante di fronte alle decine di poliziotti e carabinieri schierati in assetto anti-sommossa.
Comunque finisca la partita, tutta ancora da giocare, i combattivi operai dell'INNSE hanno già vinto la battaglia contro la rassegnazione e la passività dominanti nella classe; padroni, istituzioni e sindacati ne temono l'esempio e cercheranno di chiuderla entro il più breve tempo possibile per evitare pericolosi esempi.
Il nostro appello immediato a tutti i lavoratori è invece proprio quello di seguire l'esempio degli operai della Innse, di allargare la lotta ad altre fabbriche ed altri settori, coinvolgendo impiegati, trasportatori ecc. Il nostro obiettivo deve essere quello di non dover più essere costretti a strappare ai padroni concessioni limitate e temporanee, nell'attesa della prossima crisi o del prossimo attacco. Le “conquiste” vere e durature potranno esserci solo quando tutto il potere sarà in mano ai lavoratori, per produrre non più per il profitto dei padroni, ma per i bisogni della comunità!
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