Assalto alle pensioni

Per soccorrere le finanze nazionali in crisi

Le statistiche segnalano in aumento le speranze di vita (condizioni materiali consentendolo): i giovani, in particolare, ringraziano Dini, Prodi e Berlusconi per la riduzione delle pensioni future - se queste mai arriveranno.

La logica capitalistica non consente allo Stato di “mantenere” chi non può essere adeguatamente sfruttato. Ora lo Stato, invece di pagare poniamo 1.000 euro al mese per 19 anni (speranza di vita dei maschi ultrasessantenni, quindicina di anni fa), darà 905 euro al mese per 21 anni (speranza di vita attuale). Non solo, ma possibili aumenti di vita media in futuro faranno scattare ogni tre anni altri tagli: il campare di più ha un prezzo da pagare al capitale. Su chi invece va in pensione adesso peserà soprattutto il costante diminuire del potere d’acquisto dei loro assegni (-4% negli ultimi due anni); figuriamoci i lavoratori cinquantenni, cui manca ancora una decina di anni, e soprattutto i giovani appena assunti o destinati (forse) ad esserlo. Il tutto è scattato dal gennaio 2010; disposto dalla riforma Dini del 1995, tradotto in cifre da una legge del 2007, confermato dall'attuale governo. Una decisione assolutamente bipartisan.

Il fatto che se ne parli poco è in parte dovuto all'oscuro titolo di questa norma: “revisione dei coefficienti di trasformazione”. Si tratta di quei numeretti che moltiplicati per la totalità dei contributi versati danno come risultato la pensione dovuta a ciascun lavoratore: saranno rivisti al ribasso ogni tre anni man mano che crescerà la speranza di vita e il numero degli anziani da… mantenere. Già, come se la produttività del lavoro non aumentasse di anno in anno, e il suo valore non finisse però nel portafoglio del profitto! Certamente, con i milioni di disoccupati e lavoratori in nero e un miliardo di ore di cassa integrazione nel 2009, l’unica soluzione pensabile - per il capitale, s’intende - rimane quella di mandare in pensione non prima ma sempre più tardi i proletari (se hanno avuto la “fortuna” di essere spremuti fino all’osso) e comunque riducendo sempre più gli assegni pensionistici. Con i giovani costretti a pagare, oltre alle conseguenze del loro precariato, anche quelle di una pur legittima crescente speranza di vita: una tassa occulta, silenziosa e implacabile, dopo la truffa legalizzata dei Tfr trasferiti ai fondi pensione (col plauso interessato delle compagnie Alleanza e Mediolanum di Berlusconi).

A proposito di passività Inps (per lo più inesistenti), tutta l’assistenza sociale è pagata dai lavoratori (i contributi delle aziende sono denaro sottratto ai salari, confermati recentemente fra i più bassi nei 30 paesi più sviluppati). Lavoratori che tappano perfino i buchi del fondo pensioni dirigenti industriali, dove il numero di quelli a riposo (con una media di 38mila euro all’anno) supera quelli in attività…

DC