Al di là della resistenza greca, c'è bisogno della solidarietà internazionale

In Gran Bretagna le elezioni sono finite, e nessuno si è sorpreso che la nuova coalizione “Con-Dem” abbia subito annunciato misure di austerità non menzionate prima del voto (1). Il modello è lo stesso adottato in tutto il pianeta.

Tra le maggiori aree industriali, la più colpita finora è la zona euro. La Grecia si trova ad un tempo al centro della miseria ed anche a fare da proscenio alla più ampia manifestazione di resistenza. Il fatto che ampi settori della classe lavoratrice greca abbiano scelto di combattere dovrebbe essere una fonte di ispirazione per tutti i lavoratori in tutto il mondo. I lavoratori greci si rifiutano di capitolare e diventare le vittime sacrificali di un sistema che ha da tempo fatto il suo tempo. Il capitalismo, negli ultimi anni, ha solo mascherato la sua lunga crisi attraverso la speculazione finanziaria.

Ma, come abbiamo dimostrato più volte, anche la speculazione ha i suoi limiti. Eppure, quando le banche sono crollate, non è stato chiesto a loro di pagare il conto. Né è stato chiesto alle società di rating che hanno accreditato le attività fittizie, né alle banche d'investimento come la Goldman Sachs, che con i suoi truffaldini giochetti contabili faceva sembrare solventi attività al tracollo.

L'attuale livello di indebitamento di tutti gli stati capitalisti non è dovuto ai “lavoratori che hanno vissuto nel lusso”, ma al fatto che i singoli stati hanno dovuto salvare le banche e i fondi di investimento. Ora che sono state salvate, queste istituzioni stanno usando il loro potere economico per iniziare di nuovo a speculare sulle valute e sui titoli di stato. Questo ha solo esacerbato l'indebitamento pubblico, che ha portato ad attacchi ancora più draconiani per i lavoratori (2).

In Gran Bretagna, Grecia, Ungheria, Romania, Irlanda, Spagna, Portogallo, Turchia, Italia, Germania, California, in generale negli Stati Uniti e in molti altri paesi... dovunque sono in corso di attuazione piani di austerità.

E anche in Cina e in India i lavoratori stanno dimostrando non solo di averne abbastanza delle condizioni di sfruttamento, ma anche di essere ben consapevoli di appartenere ad una forza lavoro sfruttata a livello internazionale. Presso lo stabilimento Hyundai, nei pressi di Chennai, per esempio, i lavoratori indiani hanno organizzato un presidio e uno sciopero per protestare contro il licenziamento di 67 dei loro compagni. Questa protesta fa seguuito ad altri tre scioperi negli ultimi due anni e arriva sulla scia di uno sciopero nello stabilimento Hyundai di Pechino. In Cina il governo è riuscito a nascondere gran parte della lotta di classe, ma le dimensioni e il numero di scioperi recenti stanno cominciando a essere impossibile da ignorare (3).

Così, per diversi motivi e con diversa intensità, anche in Irlanda i lavoratori provenienti dall'India stanno cominciando a reagire in un modo che non si vedeva da molti anni. Infatti, nonostante il silenzio stampa quasi totale, c'è una crescente ondata di resistenza che si sta sviluppando in ogni continente.

In Grecia ci sono già stati tre scioperi generali quest'anno e difficilmente passa giorno senza che un settore o l'altro della classe operaia entri in sciopero.

I lavoratori greci sono stati seguiti dai lavoratori del settore pubblico in Romania, decine di migliaia dei quali hanno occupato le strade di Bucarest il 19 maggio, per protestare contro i piani di taglio ai salari e alle pensioni.

Il governo ha proposto riduzioni salariali del 25% e tagli alle pensioni del 15%, per ridurre il disavanzo di bilancio del paese. Secondo la BBC, l'economia della Romania è calata più del 7% l'anno scorso, e alla fine ha avuto bisogno di un salvataggio del FMI per soddisfare la sua massa salariale. Nuove misure di austerità del governo sono arrivate dopo fallimento di un'asta di titoli di debito pubblico. Queste misure saranno necessarie per ottenere la rata successiva di 20 miliardi di euro di prestito dal FMI.

I manifestanti sono confluiti da tutta la Romania in quella che è stata descritta come la più grande manifestazione che si sia vista lì dopo la caduta di Ceaucescu nel 1989. Questo non è sorprendente, in quanto un terzo di tutti i posti di lavoro sono nel settore pubblico. Secondo il Wall Street Journal circa 40.000 lavoratori pubblici, insegnanti, medici e pensionati fischiavano e gridavano “Abbasso il governo bugiardo!” e “Avete messo in pegno il nostro futuro”, durante le proteste davanti agli uffici del governo di Bucarest. Le proteste per due ore hanno bloccato il traffico nel centro della città.

... In un esplosione di rabbia, il ministro dell'economia Marcel Hoara è stato fischiato e bersagliato con acqua e pietre dopo aver preso parte ad un dibattito trasmesso in diretta televisiva dal centro della protesta. La polizia lo ha scortato fuori dalla zona.

In Portogallo, il 29 maggio 300 mila manifestanti sono conversi su Lisbona per protestare contro i tagli, sotto lo slogan “Per la crisi, devono pagare quelli che ne sono responsabili”. Si dice che sia stata la più grande dimostrazione del genere dalla caduta della dittatura nel 1974. Il governo sostiene che le sue misure di austerità sono tese a dimezzare il deficit del 9,4% entro il 2011. L'IVA aumenterà dell'1% come l'imposta sui redditi e le pensioni saranno congelate fino al 2012. Ci saranno anche tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, nonché agli stipendi dei politici e degli alti burocrati. Persino le spese militari saranno tagliate del 40% entro il 2013.

In Spagna, il primo ministro Jose Luis Rodriguez Zapatero ha annunciato che Madrid sta preparando un taglio del 5% ai salari dei dipendenti pubblici quest'anno per congelarli poi nel 2011, un taglio alle spese per investimenti e alle pensioni, un taglio di 13.000 posti di lavoro del settore pubblico (con la disoccupazione già il 20%) per soddisfare gli obiettivi di deficit fissati dalla UE. Ai lavoratori del settore pubblico i salari saranno decurtati del 5%. In risposta il 75% dei 2,3 milioni di dipendenti pubblici spagnoli sono scesi in sciopero l'8 giugno e sono previste ulteriori proteste.

La Francia nel 2009 aveva un deficit superiore al 7% del PIL. Nel tentativo di porre un limite al deficit di bilancio, il governo Sarkozy ha congelato tutte le spese, ad eccezione di pensioni e pagamenti di interessi sul debito pubblico, tra il 2011-2013, e intende ridurre i costi operativi dello stato del 10% nello stesso periodo. Nell'ultima settimana di maggio decine di migliaia di lavoratori hanno dimostrato per difendere l'età pensionabile, che il governo vuole innalzare alla fine a 70 anni, e le pensioni, che il governo vuole tagliare.

Per ragioni di spazio non possiamo estendere oltre questa breve indagine. Abbiamo selezionato alcuni di questi paesi dove la resistenza è già in atto, anche se è lungi dall'essere esaustiva; si veda ad esempio la lotta dei lavoratori Tekel in Turchia contro i licenziamenti (4). Per quanto riguarda i tagli, la stessa storia si sta verificando in Islanda, Irlanda, paesi baltici, Italia, Germania, Paesi Bassi e più o meno in qualsiasi altro luogo. Nei programmi ci sono variazioni che riguardano le misure populiste (il taglio degli stipendi dei politici) per cercare di far sembrare che “siamo tutti sulla stessa barca”. In altre parole si sta giocando la carta dell' “interesse nazionale”. Ma i lavoratori non hanno patria; l' “interesse nazionale” è l'interesse dei capitalisti. Alcuni dei tagli, in Gran Bretagna e Italia in particolare, avverrà attraverso il taglio dei servizi delle amministrazioni locali in modo che le proteste saranno più sparse (se non disinnescate!), e quindi più facili da contrastare. Questi attacchi potrebbero essere effettivamente i più dannosi di tutti.

Qual è la rotta giusta, allora? Come abbiamo già osservato, i lavoratori greci non hanno accettato passivamente i tagli, ma ci sono stati alcuni sviluppi di rilievo in queste lotte, sia in Grecia che in alcuni degli altri paesi a cui abbiamo accennato. In tutti i casi le proteste sono state largamente sotto il controllo di alcuni sindacati. In alcuni paesi dove i sindacati sono direttamente legati ai governi “socialisti”, i sindacati hanno agito, apertamente o segretamente, contro le proteste (come ad esempio si è verificato in Grecia, Spagna e Portogallo). Ma ci sono altri sindacati (di solito sotto il controllo locale del Partito comunista) che stanno tentando di controllare le manifestazioni a vantaggio del loro proprio programma, ossia per aumentare il sostegno elettorale del partito politico a cui sono collegati. Questo è pericoloso per lo sviluppo della lotta nel suo complesso. Un ulteriore problema è che, al momento, troppi lavoratori sono stati ingabbiati dietro gli slogan a difesa della “nazione”, e anche in Grecia alcuni dicono che dovrebbero accettare i sacrifici perché hanno beneficiato della corruzione del governo! Questo tipo di coscienza soggettiva è comunque transitoria, e può cambiare man mano che i tagli passano dalla dimensione delle proposte alla realtà.

La resistenza deve quindi ancora essere costruita, ma vi è il pericolo che la lunga campagna guidata verso il pantano dai sindacati esaurirà le energie di alcuni lavoratori prima che altri siano infine pronti a unirsi alla lotta. L'alternarsi di scioperi di 24 ore di una sezione dei lavoratori dopo l'altra non minaccerà il sistema, ma uno sciopero unitario dell'intera forza lavoro (e non limitato a sole 24 ore) potrebbe cambiare tutto. Tale sciopero, tuttavia, non può essere lasciato nelle mani sindacati, ma deve coinvolgere attivamente il grosso della forza lavoro. L'unico modo in cui questo può essere fatto è attraverso le assemblee dei lavoratori o le riunioni di massa, eleggendo comitati di sciopero revocabili il cui compito è quello di diffondere la solidarietà e il coordinamento. Devono andare oltre le manifestazioni corporative e settoriali, tipiche della mentalità sindacale. Questi organismi dei lavoratori non dovrebbero essere limitati ai confini nazionali, ma dovrebbero cercare di realizzare tra loro forme di solidarietà, per collegare tutti i lavoratori che sono sfruttati dal capitalismo globale.

La nostra più grande arma è la nostra forza collettiva, ma deve trovare gli giusti strumenti organizzativi per potersi realizzare.

Questa è la sfida attuale, anche per le organizzazioni politiche rivoluzionarie della classe. Come abbiamo detto chiaramente nei nostri articoli, il primo passo da fare è quello di unirsi e combattere le misure legate alla crisi finanziaria che inghiotte la zona euro; questa non è solo una crisi generata da avidi speculatori, come continuano a sostenere i sindacati e la sinistra capitalista - come Michael Moore (5) - ma del sistema stesso. In definitiva, la resistenza deve andare al di là del confuso “anti-capitalismo”, per porre la questione di una nuova società, e un nuovo modo di produrre, che non sia fondato sullo sfruttamento e sulla miseria.

La sfida per le organizzazioni politiche è oggi quella di partecipare alla lotta non solo contro l'austerità, ma anche contro tutti i falsi programmi di chi crede che i peggiori istinti del capitalismo possano essere addomesticati. Questo significa che nella lotta bisogna cercare la cooperazione, discutendo le differenze reali e quelle presunte, e fare un passo ulteriore verso la costruzione di un partito della classe lavoratrice mondiale, non come partito in attesa di arrivare al governo, ma come uno strumento indispensabile della rivoluzione.

Editoriale di Revolutionary Perspectives 54

(1) “The First Step Forward is to Unite and Fight”, Revolutionary Perspectives 54.

(2) “Financial Crisis Engulfs the Eurozone”, Revolutionary Perspectives 54.

(3) “Chinese Workers Show Their Class”, Revolutionary Perspectives 54.

(4) internationalism.org

(5) “Capitalism: a love story - Review”, Revolutionary Perspectives 54.