Solidarietà agli operai Pansac

Mentre ai piani alti va in scena l’ennesima sfilata leziosa ed illusoria, il proletariato continua a scontare il peso della crisi del capitale.

È di questi giorni la notizia dei problemi per i dipendenti della Pansac, ennesima azienda con forti difficoltà, dislocata fra Veneto, Emilia Romagna e Lombardia. Nonostante un passato turbolento è una bomba arrivata all’improvviso, che ha destato estremo stupore nei lavoratori, incredulità che si è trasformata presto in preoccupazione per il futuro di 850 dipendenti. In data 16 novembre 2011 c’è stata riunione al Ministero dello Sviluppo Economico, che prevedibilmente non ha fatto alcuna luce sulla vicenda, si è solo rimandato il tutto al 29 c.m., fra ipotesi di commissariamento e applicazione delle Legge Marzano o Prodi-bis. Intanto le banche tengono chiusi i rubinetti , nonostante l’azienda, anch’essa in prossima riunione del Cda, ha promesso di far di tutto per allontanare lo spettro della chiusura. I protagonisti, coloro che mandano avanti la baracca, cioè gli operai, al momento non sanno neanche se beneficeranno degli ammortizzatori sociali e addirittura neanche se torneranno presto a produrre per non perdere clienti. Nel frattempo sono impegnati in incontri nei loro comuni di appartenenza e nell’azienda stessa, nella rabbia di un momento che non sfocia solo nella preoccupazione economica in sé, ma anche nella pesantezza del non essere informati, come se fossero l’ultima ruota del carro invece che i diretti interessati.

La Pansac ha un storia comune a quelle di molte altre aziende italiche: cattiva gestione, collegamenti fra le sedi mal curati e sprechi d’ogni genere. Nota all’opinione pubblica per le vicende di Fabrizio Lori (figlio di colui che rilevò per primo l’azienda) che acquistò il Mantova Football Club e vi si dedicò a discapito del patrimonio famigliare, arrivando a sperperare in quella sede e a non pagare gli stipendi per liquidare i calciatori, fra le solite velleità di grandezza. Tra successivi cambi di amministrazione (con il subentro della AlixPartners), crisi, mobilità a stento evitate, “pezze” di salvataggio che si affidavano a terzi, rallentamenti di produzione e soluzioni di sdoppiamento stile Alitalia, tutto caratterizzato dall’assente comunicazione con i lavoratori che si ritrovavano a sapere delle magagne a cose fatte, e via di errori su errori, si è arrivati fino ai giorni nostri. Mettiamoci anche, non ultima, la solita ricetta della differenza di trattamento fra i diversi rami di lavoro nell’azienda, molto utile ai padroni per mettere i proletari gli uni contro gli altri.

Cancelli chiusi e lavoratori nel limbo, senza la benché minima indicazione, se non chiarificatori incontri futuri.

L’appello rimane sempre quello verso l’autorganizzazione, una forte rete di classe, che non si faccia influenzare dagli ultimi eventi parlamentari, pseudo cambiamenti utili solo a tenere saldi i fili a gestione borghese, atti a tenere buono il proletariato. Quello trattato è solo un esempio della crisi del capitale, contro cui compaiono presunti salvatori della situazione, sui quali, vorrebbero loro, riporre l’estrema fiducia delle masse; quest’ultima, invece, deve essere riposta solo sulla forza dell’organizzazione dal basso, iniziando a lottare davvero.

LC