Contro la dittatura padronale, lotta e unità di classe

Volantino per lo sciopero del 9 marzo, indetto dalla FIOM-CGIL

La crisi incattivisce padroni e Stati che escogitano ogni modo possibile per ricavare profitti ai nostri danni: ci impongono chiusure, licenziamenti, ci impongono di lavorare in nero, da precari e con salari ridicoli, ci impongono la condanna del lavoro salariato fino quasi a 70 anni - per chi ci arriva, ovviamente…e tralasciando in quali condizioni - contando ovviamente che una parte di noi morirà prima (risparmio immediato!) ed un altra si “godrà” la pensione solo per i pochi anni concessi dalle aspettative di vita (che ovviamente sono più basse per gli operai). Per “fare cassa” vogliono addirittura ridurre la nostra possibilità di accedere della Cassa Integrazione, istituto che per giunta finanziamo noi stessi con le trattenute sulle nostra buste paga! Più parlano di democrazia, regole e legalità, più mostrano - questo governo, in perfetta continuità col precedente - di obbedire solo alle regole del profitto.

Il “Piano Marchionne” è la dimostrazione di cosa siano la loro democrazia e il loro “interesse del Paese”: la dittatura aperta, spietata del padrone, ridicolmente mascherata da falsissime “consultazioni” organizzate coi sindacati spudoratamente complici. Ma nemmeno la CGIL, ovviamente, si sottrae al richiamo del “Paese”, per esempio firmando il catastrofico accordo - per i lavoratori - del 28 giugno 2011, che, di fatto, accettando la possibilità di derogare ai contratti e persino alle leggi nazionali (la famosa legalità), accoglie ed estende la logica dei Marchionne in ogni posto di lavoro. In questo contesto, l'abolizione dell'articolo 18, ultimo e debole freno allo strapotere padronale, è “solo” la classica ciliegina sulla torta e dimostra, una volta di più, come gli interessi del “Paese” (il capitalismo) e dei lavoratori siano inconciliabili, specialmente durante le epoche di crisi: o loro o noi. E' dunque più che mai illusorio pensare che si possa ottenere un “capitalismo dal volto umano” che rinunci alla precarietà, che aumenti i salari, che migliori le condizioni di lavoro o che metta in campo un piano di investimenti socialmente ed ecologicamente sostenibili. Sono parole prive di senso: l'unica ragione di vita del capitalismo, da difendere a qualunque costo e, in particolare oggi, aumentando lo sfruttamento, l'oppressione, il saccheggio criminale delle risorse umane e ambientali è, appunto, il profitto.

Qui e là, emergono episodi di resistenza all'offensiva padronale&statale in modo generoso, con occupazioni, presidi, cortei ecc.: sappiamo bene però che finché restiamo isolati ognuno nella propria realtà con la propria vertenza, prima o poi verremo schiacciati con la carota o col classico bastone.

Per noi comunisti internazionalisti il primo passo pratico è quello di unificare le lotte e le vertenze sulla base dei bisogni immediati (salario, occupazione ecc.), a partire almeno dal territorio, al fine di mettere sul piatto rapporti di forza con le controparti ben differenti da quelli attuali.

L'esperienza e l'istinto - se non altro - ci suggeriscono che i sindacati sono strumenti inservibili, quando non incompatibili od ostili per questo scopo.

Per opporre il nostro rifiuto collettivo di ulteriori sacrifici riteniamo indispensabili assemblee di lotta - con delegati che rispondano unicamente alla base che li elegge e li revoca quando non ne è soddisfatta - come organo sovrano delle mobilitazioni cui saremo costretti nel prossimo futuro.

Siamo altrettanto consapevoli che le attuali (e giustificate) paura e rassegnazione, che si alimentano a vicenda, costituiscono al momento un gigantesco ostacolo a quanto sopra. Ma siamo anche convinti che possano essere scalfite solo recuperando il nostro senso di antagonismo di classe verso questo sistema ed il bisogno di un alternativa ad esso. Il capitalismo ha bisogno di noi, cioè di merce forza-lavoro da sfruttare… ma noi non abbiamo bisogno del capitalismo! A noi serve una società diversa, che produca per soddisfare i bisogni di vita della maggioranza dell'umanità e non per soddisfare i profitti economici di una sua piccola minoranza. Per arrivare a questo tipo di società (abolizione della gestione privata dei mezzi di produzione, socializzazione di questi, produzione estranea alla logica del profitto e finalizzata al soddisfacimento dei bisogni, nel rispetto dell'ecosistema) non si deve passare attraverso le attuali istituzioni borghesi, ma organismi di potere che la classe proletaria dovrà darsi, saldati a un coerente programma anticapitalistico e alle avanguardie politiche che ne sono portatrici.

Comments

Le assemblee di lotta e delegati eletti dalla base, dovrebbero fare riferimento al partito oppure no?

Saluti

Dipende. Se nell'assemblea di lotta ci sono dei nostri compagni, è possibile, ma non indispensabile. L'importante è che i lavoratori inizino a mobilitarsi in prima persona per difendere i propri interessi dalle continue aggressioni padronali.

Il partito promuove l'autorganizzazione delle lotte e, quando è presente, cerca di spingerle sul terreno del conflitto politico, cioè anti-capitalistico.

Sull'ultimo numero di Prometeo c'è un articolo che tratta proprio queste tematiche.