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Home ›Pensieri sul Movimento 5 Stelle - Seconda parte
Un movimento che “rappresenta” il popolo e la comunità nazionale
E’ chiaro che rifiutandosi di studiare seriamente e criticamente le leggi di movimento del presente modo di produzione e distribuzione dal quale dipendono le condizioni di vita dell’intera umanità; limitandosi a guardare con occhiali dalle lenti deformanti una realtà composta dal manifestarsi di convulsioni spasmodiche dell’attuale sistema economico, col contorno di un costante imbarbarimento sociale, non si può che sprofondare giorno dopo giorno in una palude senza vie d’uscita.
Cresce la potenza della ricchezza, da una parte e saldamente nelle mani di una minoranza, la classe borghese, mentre dall’altra parte e su miliardi di esseri umani, il proletariato, si abbattono miseria e fame; questa la realtà che attorno a noi si espande e si impone come condizione, e legge generale, della diffusione e accumulazione del capitalismo. Il quale esploderebbe ad un certo punto sia in stato di crescita quanto di decrescita, pur se entrambi le fasi sono etichettate come “felici momenti” di questa tormentata civiltà borghese. Così è per quella che sta diventando la piaga principale che tormenta la società, dove si agita e minaccia di travolgere ogni ordine costituito l’armata dei disoccupati, quella che da sempre è stata considerata una riserva di forza-lavoro da sfruttare finché al capitalismo si aprivano possibilità di sviluppo; ora sta crescendo in modo inarrestabile sia in termini assoluti che relativi. Centinaia di milioni di uomini e donne che, non essendo più utili per lo sfruttamento della loro forza-lavoro da parte del capitale in cambio di un misero salario, precipitano in un inferno di miseria e sofferenze, fra cumuli di merci che non possono acquistare per la propria sopravvivenza e per assecondare il “grado di civiltà” imperante, seguendo le leggi del capitale e delle sue fondamentali categorie: profitto, salario, denaro, mercato.
La comunità mediatica
Significativo è il programma offerto dal M5S sul mercato delle “idee” (?) manipolate nella costruzione di una supposta comunità, mediatica, nella quale si raccoglierebbero i militanti del Movimento, e che si consuma fra le quattro mura di casa, ciascuno davanti allo schermo del proprio computer, se lo possiede. Sarebbe questa la vera e moderna, oltre che democratica, agorà (la piazza principale nella Grecia classica); una comunità che la realtà informatica aprirebbe a chiunque entri in rete, su Internet; vi si circola facilmente e vi sarebbe posto per tutti, visto che nel Movimento, a detta di Grillo...
non vi sono idee di destra o di sinistra, ma soltanto buone o cattive idee.
Le quali, se provengono dalla sua testa, si illuminano… di immenso! Non esisterebbe una logica, una ideologia particolare (che esprime gli interessi di una determinata classe, come sosteneva un certo Marx), ma in queste esternazioni on line tra… cittadini, bisogna però accettare canoni “ideologici” stabiliti da un leader unanimemente riconosciuto come tale. E chi non è d’accordo con lui, peste lo colga! Noi, poveretti, ci chiediamo: ma quelle idee personali che confluiscono in rete e dovrebbero andare a formare l’ideologia del movimento (se volete chiamatela, pure progettazione o quant’altro) come si formano? Da dove provengono e come sono plasmate, forse dallo Spirito Santo?
E qui, sempre nei confini della rete, si consuma la famosa partecipazione dei “cittadini”, che si completerà poi nel segreto della cabina elettorale. Ecco finalmente una condizione di eguaglianza “politica”, di comunità… individuale! Sufficiente per fare – come dirà Grillo – “una rivoluzione come quella francese ma senza ghigliottina”… Col trionfo di una libera, fraterna ed egualitaria “convivenza civile”!
Fra le righe del “programma” a 5 stelle
Continuando a leggere il programma di Grillo, sembra assodato che tutti i nostri guai deriverebbero dai privilegi e dalla corruzione della casta dei politici, senza però smascherare i principali detentori del potere e della ricchezza, ovvero altre “caste” parassitarie molto più ricche e potenti le quali nel complesso compongono la classe che gestisce il capitale, onnipotente e incontrastabile dio. E così anche Grillo, sia pure gesticolando e urlando più degli altri, cavalca un ipotetico principio di regolamentazione degli attuali incroci tra banche e aziende, alimentando l’illusoria leggenda (che tutti accomuna) di un capitale finanziario cattivo e di uno industriale buono, nonché quella di una politica “sana” che possa controllare banche e finanza e non viceversa come in realtà avviene ed è caratteristica fondamentale del capitalismo.
“Io sono un monologhista”, ha dichiarato Grillo, adattando al suo vecchio mestiere i propri interventi dai toni sarcastici e dai contenuti più comici che realistici. Ma poiché la pretesa è quella di muoversi in un terreno di alta politica sia economica che sociale, gli esempi che sembrano affascinare Grillo sono poi quelli forniti in parte dalla sinistra latino-americana (Equador, Corea, Bolivia o soggetti come il defunto Chavez). Ed è sempre Grillo a dichiarare in una intervista al Fatto Quotidiano: “Io non sono anticapitalista”. Strappando così anche gli elogi di un Di Pietro e di un Vendola… e ricordandoci ancora che le simpatie teoriche di Grillo vanno al Nobel americano J. Stiglitz e al sociologo tedesco W. Sachs Da certa intellighenzia borghese arrivano poi voci rassicuranti: in fondo Grillo non farebbe altro che applicare una minima dose di socialdemocrazia, quella che storicamente ha fatto da puntello ad un sofferente capitalismo, tentando di rabberciarne le lacerazioni finché ciò era ancora possibile.
E in proposito, affascinati dai recenti risultati elettorali del M5S, non manca chi sarebbe pronto a saltare sul carretto del “vincitore” (se già non lo ha fatto). Una parte dei mass media si sente in fondo rassicurata dal fatto che Grillo sia riuscito (così si sente dire) a catturare, a dare uno “sfogo” tollerabile a quella “rabbia” dei ceti popolari e medi, assegnando alle proteste un senso e una prospettiva quanto meno “etica”. E in quella “rabbia” vi sarebbero anche
forze che altrove stanno (o meglio: starebbero – n.d.r.) esprimendosi in modo autenticamente rivoluzionario, come gli Indignados, Amish, Occupy Wall Street eccetera.
Senza dimenticare il Partito Pirata in voga in alcuni Stati europei… Così qualcuno commenta. E la lista della “personalità” affascinate si allunga: Ernesto Galli della Loggia, Leonardo Del Vecchio (Luxottica), A. Bolla (vicepresidente di Confindustria) F. Moscetti (Amplifon), C. Fumagalli (Confartigianato), S. Marini (presidente Coldiretti). Gran pensatore del Movimento, il professore di filosofia del diritto a Genova, P. Becchi.
E c’è chi si spinge a dire che – nonostante qualche suo eccesso verbale – in fondo proprio lui, Grillo, avrebbe compiuto una cosa veramente rivoluzionaria, facendo diventare il M5S il primo partito della italica democrazia parlamentare; incanalando appunto la protesta dietro le bandiere della mitica “democrazia partecipativa” come ultima spiaggia per produrre “consenso” (magari al 100%) alla governabilità, e alla sopravvivenza, di questa società fondata sulla convivenza tra sfruttatori e sfruttati, secondo regole di onestà e giustizia. Imbrigliando attraverso i video su YouTube chiunque accetti di agitarsi democraticamente, partecipando alla comunità del movimento Web.
Senza bisogno – aggiungono sempre alcuni esponenti della borghese intellighenzia – di lasciare spazio alla circolazione di qualche altra pericolosa “idea” che possa spingersi fino a utopiche “insurrezioni mondiali anticapitaliste”. Ed in fondo, per Grillo ma anche per la “sinistra progressista”, la barca deve poter proseguire nella navigazione e i rematori sputare il necessario sangue richiesto dai sacrifici che per il bene generale del Paese si dovrebbero accollare.
Così, fra gli applausi del “popolo” (dove si trova un proletariato che al momento non sa più da che parte muoversi), si inneggia ad una rivoluzione – termine che oggi va di moda – pacifica, democratica interclassista (senza ghigliottina, vedi sopra) che abbatterebbe il regime delle caste “cacciando i mercanti dal tempio”… affinché questo possa risplendere in tutta la sua integrità! Qualunque “cittadino” per bene non potrebbe in fondo che trovarsi pienamente d’accordo: al riformismo, in salsa radicale questa volta, non esisterebbe alternativa e basterebbe farvi “partecipare” direttamente il popolo, coinvolgendolo in alcune “decisioni”, per completare l'inganno e la mistificazione – basata sulla delega – della falsa democrazia borghese. E ciascuno di questi signori ha portato, e porta, il proprio mattone per la costruzione di quella muraglia entro la quale sono imprigionate teorie e principi del comunismo rivoluzionario.
Questo perché non vi sarebbe – mettetevelo bene in testa, vetero comunisti alla Carlo Marx! – altra prospettiva realizzabile se non quella di
un capitalismo meno ingiusto, imponendo (a furore democratico di popolo – ndr) legalità e diritti uguali per tutti.
Tutt’al più con minime differenzazioni… che comunque, mai e poi mai, sarebbero di classe ma solo prerogativa di qualche casta facilmente eliminabile. Questo il succo dei “monologhi” di Grillo.
Una spruzzata di economia spicciola
Tornando alle questioni economiche e sociali, ciò che fa capolino dal cilindro del prestidigitatore di turno è il
reddito di cittadinanza, la soppressione delle grandi opere inutili (come la Tav), il ritorno dei fondi tagliati a scuola e sanità, l’abolizione della legge Biagi (sperando che il mercato del lavoro riprenda vigore – n.d.r.), la lotta alle speculazioni finanziarie e all’evasione fiscale, la riduzione delle spese militari, dei finanziamenti ai partiti...
Tutto, naturalmente, entro regole e rapporti del modo di produzione e distribuzione capitalistico, eticamente rinnovati.
Si aggiungano a queste “originali” richieste anche “misure immediate per il rilancio della piccola e media impresa sul modello francese” (qual’è?); qualche legge anticorruzione (?), l’abolizione dei contributi pubblici ai partiti e dei finanziamenti diretti e indiretti ai giornali; una bella informatizzazione e una semplificazione dello Stato con l’aggiunta dell’accesso gratuito alla Rete, solo per “cittadini italiani”; infine, si distribuiscano incentivazioni, si introducano misure di risparmio energetico ed energie innovabili: consumo di energia da 6.000 a 2.000 watt pro capite; il consumo di materie prime da 40 a 20 tonnellate all’anno pro capite. E si guardi, per queste ricette di imbellettamento, alla Germania o alla vicina Svizzera…
Quanto al miglior funzionamento del mercato finanziario, da rendere più trasparente, andrebbero introdotte “strutture di reale rappresentanza dei piccoli azionisti nelle società quotate” e un tetto per gli stipendi dei manager (il resto sottobanco…). Grillo lo dice per attirarsi le simpatie dei risparmiatori (povere classi medie!) e punta per questo la luce della sua pila a basso consumo energetico sui mercati finanziari e sul settore bancario, reclamando la introduzione di misure come quelle sopra dette. Presto avremo anche l’azionariato per i salariati! E tutti voteranno in Internet sia i manager che i propri salari (con un divario salariale rapportato 1 a 12). Tutto concordato per il Bene dell’Azienda e del Paese!
Con una spruzzata di “politica economica”, si chiederebbe poi:
[l’abolizione dei] monopoli di fatto, in particolare Telecom Italia, Autostrade, Eni, Enel, Mediaset e Ferrovie dello Stato... [e la messa in opera di] disincentivi a quelle aziende che generano un danno sociale (per esempio distributori di acqua in bottiglia).
Poi si chiede la “statalizzazione della dorsale telefonica” e di seguito tariffe telefoniche e Internet in linea con gli altri paesi europei; quindi incentivi al telelavoro e, ancora una volta, alla copertura dell’intero paese con la banda larga.
Il tutto al seguito di modelli già conosciuti in Europa, come quello della televisione inglese BBC, dei pedaggi urbani a Londra e di certe “azioni” antimonopolistiche inglesi; delle politiche energetiche e della “mobilità sostenibile” in Germania. Lo stesso per un sistema fiscale e una spesa sociale di tipo europeo. Dopo di che si vira di bordo e fa capolino il referendum sull’euro; proposta che, se solo ufficializzata a livello nazionale, provocherebbe in Italia una fuoriuscita di capitali e il fallimento in serie delle banche. A vantaggio, momentaneo, di altri Stati nonché della speculazione finanziaria. Per gli operai, se tutto va bene, un salasso salariale…
Quanto ad uno “smembramento” della Rai sembrano ben interessate sia Mediaset che qualche multinazionale… Sempre, s’intende, inseguendo il sogno di un po’ più di trasparenza dei mercati sia mercantili che finanziari, ricercando competitività e risultati economici positivi, sempre per lo sviluppo del paese. Vento, dunque, alle vele del capitale!
Di seguito qualche altra perla tra le pagine del “programma”, come quella nella pubblica sanità: qui viene proposta l’imposizione di un ticket progressivo e proporzionale al reddito sulle prestazioni non essenziali e la possibilità di destinare l’8 per mille alla ricerca medico-scientifica. E fra un pannicello caldo e l’altro, per l’istruzione si dovrebbe procedere con una
diffusione obbligatoria di internet e la graduale abolizione dei libri di scuola stampati.
Con le lezioni a distanza, via Internet, si risparmieranno soldi pubblici… Ciliegina sulla torta: l’insegnamento obbligatorio dell’inglese fin dall’asilo e l’abolizione del valore legale dei titoli di studio.
Quanto al lavoro, gli unici cenni aspiranti ad un minimo di concretezza sarebbero quelli relativi all’abolizione della legge Biagi e alla introduzione (ma già esiste) dell’indennità di disoccupazione. A parte l’aumentare di quanti non avranno un lavoro salariato conseguentemente agli interventi già segnalati nella pubblica amministrazione. Infine, l’aggiunta di qualche misura spacciata per “politica industriale” (ecco perché tutto va a catafascio: manca una guida agli investimenti, sani e redditivi!) si incentrerebbe sulla constatazione che, non potendosi smembrare certi monopoli, sarà meglio “nazionalizzarli” e, una volta fatto questo, poi occorrerà una precisa coordinazione e centralizzazione. Un piano nazionale di capitalismo statale e privato. Agli operai, fortunatamente ancora occupati, si fa balenare la prospettiva di una settimana di lavoro a 30 ore (subito) e a 20 ore (fra 20 anni). Per avere il medesimo stipendio occorrerà però concentrarsi nella produzione di quella parte del Pil che è utile: si tratterebbe di un terzo di ciò che produciamo, poiché un altro terzo fa solo danni e l’altro serve solo a ripararli… Sono questi i “pensieri” dello scienziato M. Morosini (Politecnico federale di Zurigo/ETH) e collaboratore di Grillo, che così conclude le proposte sopra segnalate:
Del resto la nostra testa è piena di triangoli come ci hanno insegnato i retori, a partire da Cicerone, e alla base della nostra cultura c’è una Trinità.
L’Espresso, 14 marzo 2013
D’altra parte, la logica della conservazione capitalistica esige che il cosiddetto intervento pubblico faccia la sua parte, tanto strategicamente quanto da un punto di vista immediato (che fare con le crisi aziendali se non soccorrere con i “soldi pubblici” i capitali in difficoltà?). Lo Stato incentivi le imprese, magari si faccia una adeguata programmazione nazionale: qualche componente della Confindustria non sarebbe contrario, affinché lo Stato, oltre a socializzare le perdite private (e pubbliche) socializzi anche gli investimenti per consentire adeguati profitti al capitale. L’originalità di tali proposte è sconvolgente. Il M5S potrebbe persino raddoppiare i propri voti elettorali: pensate a quanto migliorerebbe la italica competitività sui mercati internazionali (a danno di altri paesi, per forza di cose, ma questo non dovrebbe interessare la classe operaia internazionale, che non esiste…) con interventi pubblici di qualità; con investimenti in ricerca e sviluppo tecnologico e quindi con sostanziali riduzioni del costo della vivente forza-lavoro. Nonché del numero di proletari spremuti come limoni e finalmente “liberi” di passeggiare per strada con un reddito di cittadinanza di qualche centinaio di euro al mese che gli permetterà di accedere ai super-mercati e di appropriarsi di montagne di merci in offerta a consumatori, sì, ma solvibili…
Non si può “ragionevolmente” pensare (pur sempre mettendosi per un momento dalla parte di “lor signori”) che la riduzione del debito pubblico possa essere conseguita – come si afferma nel programma del M5S – soltanto
con forti interventi sui costi dello Stato con il taglio degli sprechi e con l’introduzione di nuove tecnologie.
Queste ultime, anzi, non soltanto finché vige il sistema capitalistico abbisognano di ingenti investimenti che potranno essere ammortizzati eventualmente in tempi lunghi, ma altresì aumentano il numero dei cosiddetti “esuberi”.
D’altra parte, ora che si raschia il fondo del barile, la spesa pubblica viene considerata dal “popolo” stesso come un inevitabile e costante aumento delle imposte o un accumulo di debiti. La classe borghese soffia sul fuoco perché la pressione fiscale – nel timore che possa maggiormente gravare sui propri “redditi” – venga “alleggerita”. Capro espiatorio, e soluzione a portata di mano, sarebbe un ridimensionamento di Equitalia… Che poi vengano a mancare soldi per puntellare ciò che resta del Welfare, beh, dopo tutto non si può pretendere di avere la moglie ubriaca e la botte piena!
Intanto, il popolo grillino, da buon nazionalista qual è (o dovrebbe essere secondo le direttive del supremo guru) va in brodo di giuggiole alle manifestazioni di “nazionale dignità” che il Presidente Napolitano ha espresso in Germania. E c’è chi si dichiar
orgoglioso di essere italiano in opposizione ad una Europa a trazione tedesca.
(Alla Germania va pur sempre qualche “elogio” per la sua conduzione economica nazionale…). Insomma, siamo fra “cittadini” che si ritengono appartenenti – come dice Grillo – a
un movimento che non ha nulla a che fare con le vecchie ideologie.
Appunto; ed è per questo che si applaude chi, sotto i raggi luminosi delle 5 stelle, ha messo “all’ordine del giorno la legalità, il bene comune e la meritocrazia”. Ecco perché Grillo elogia chi applaudì all’ingresso dei carri armati russi contro i proletari in Ungheria: Napolitano, sei il my president!
Restando nel continente europeo, non si va oltre la richiesta di una struttura federale capace di riequilibrare politica e fiscalità, il controllo decisionale di un Parlamento elettivo capace di convogliare le “istanza democratiche rappresentative”. E ti pareva! Provate a parlate a costoro del programma rivoluzionario del comunismo, e c’è il rischio che vi prendano a pedate. Anche se oggi è diventato di moda “fare la rivoluzione”, ma in abiti civili, responsabili, liberali, federali, eccetera. Insomma si può anche arrivare fino a un “vaffanculo” ma senza perdere di vista il Bene Comune del Paese, ossia della conservazione sociale.
E al fondo del movimento, nel rumoreggiare della folla oceanica che applaude e vota, sia chiara la richiesta del capocomico:
Voglio uno Stato con le palle.
Non è soltanto una richiesta…maschilista; si intona perfettamente con gli interessi generali del Paese, persino con quelli berlusconiani e di altri personaggi in scena. A tutti fa comodo infatti uno Stato forte (s’intende con i deboli!) che protegga i loro interessi e soprattutto conservi il capitalismo e la borghese società quanto più a lungo sia possibile.
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