Considerazioni sui cortei del 18 e 19 ottobre

Un nuovo anno si sta per concludere con l'ennesimo autunno caldo ma che, almeno per il momento, di caldo ha soltanto la tempertura delle giornate romane del 18 e 19 ottobre. Manca infatti all’appello, tranne qualche isolata eccezione, la reazione della classe lavoratrice, che dovrebbe essere la protagonista in un vero autunno di lotta.

La manifestazione legata allo sciopero del 18 ottobre - indetto dai sindacati di base, cui non hanno aderito i sindacati confederali - ha avuto una discreta partecipazione. Al di là della buone intenzione della base e dei partecipanti, bisogna dire che le modalità con le quali lo sciopero è stato indetto e condotto sono tipiche di una sorta di ricorrenza e non espressione di una reale ripresa della lotta di classe, ancora assente. Ogni anno, all’inizio della stagione autunnale, il sindacalismo di base indice infatti una sciopero, con ampio preavviso (almeno tre mesi…), corteo a Roma e poi tutti a casa, a riprendere il lavoro, per chi un lavoro ce l’ha ancora. Manifestazioni, come diremo anche in avanti, utili più alle strutture del sindacalismo radicale, per mostrarsi vive e formalmente combattive, anziché alla ripresa della lotta di classe da parte del proletariato.

Gli obiettivi dello sciopero: lavoro, reddito per tutti, pensione, casa, scuola, salute, beni comuni, diritti, democrazia partecipata per tutti ed “ investimenti pubblici che ci possano far uscire dalla crisi e riportino in paese in condizioni da terzo millennio” (1). Un’ambiziosa lista della spesa - partorita a tavolino dal ceto politico e non legata ad una reale reazione rivendicativa della classe - che in questo momento storico il capitale proprio non può “permettersi”. Soprattutto considerando l'andamento economico globale di questo terzo millennio.

Ciò che però ha di più caratterizzato il corteo è stata l'adesione di molteplici sigle e realtà territoriali, presenti in maniera frammenta e non come espressione di una specifica lotta. D'altra parte per l' USB il problema principale era quello di spendere la mobilitazione per qualificarsi come forza sindacale alternativa alla triplice e su questa falsa riga si sono giocati i contenuti della manifestazione e le prese di posizione del giorno dopo.

Per quanto riguarda invece la più importante, o almeno di maggiore importanza mediatica, giornata del 19 ottobre, va innanzitutto sottolineato il modo ridicolo con il quale i giornalisti hanno trattato l'intera vicenda: dopo aver preparato il grande pubblico allo "spettacolo" di Roma che brucia, hanno in tutti i modi tentato di rimediare alle loro promesse, trasformando pochi momenti di tensione nei pressi della sede di Casa Pound in efferati scontri. Mentre, il lancio di qualche oggetto, durato tra l'altro pochi minuti, contro la polizia schierata davanti al Ministero dell' Economia, veniva dipinto dai media come un episodio di guerra civile.

Invenzioni mediatiche a parte, è stata significativa la presenza dei movimenti di lotta per la casa, composti in gran parte da famiglie di immigrati, i quali da soli costituivano probabilmente oltre un terzo del corteo. Il resto del corteo era composto per un altro terzo da studenti, universitari in particolare, e infine sindacati ed altre sigle, spesso caratterizzati dalla fitta rete di cordoni, volti ad evitare scontri.

A parte le sassaiole davanti al Ministero dell' Economia e a Casa Pound, il corteo è arrivato a Porta Pia senza grandi intoppi. Lo abbiamo detto più volte: noi analizziamo gli scontri di piazza da un punto di vista politico, non ci interessano le condanne in stile moralistico, riteniamo semplicemente che non siano i gesti esemplari, lo scontro con la polizia cercato ad ogni costo, ad innalzare il livello della lotta di classe proletaria, bensì le lotte dei lavoratori, la contrapposizione di questi alla classe padronale, lo sviluppo sul piano politico comunista di avanguardie della classe.

Fluiti nella piazza quasi tutti i manifestanti, si percepiva un po' di insicurezza sul da farsi da parte di molti e mentre ancora si ragionava sul restare o meno, l'improvviso lancio di due bottiglie contro la polizia dissipa ogni dubbio e in pochi minuti la maggior parte della folla si disperde fuori da Porta Pia. Se il corteo del 19 voleva essere il primo momento di riunificazione, almeno negli intendimenti degli organizzatori, dei vari spezzoni di settori in lotta, il genericismo radical riformista della piattaforma e ancora di più la confusione sugli sbocchi pratici hanno fatto sì che la gran parte dei partecipanti lasciasse la piazza in un clima di disorientamento, sostanzialmente rinchiudendo la giornata di mobilitazione nel corteo in quanto tale e, sinceramente, diverso non poteva essere vista l’assenza oggi di una reale risposta di classe.

I pochi rimasti, perlopiù appartenenti a movimenti di lotta per la casa e USB, hanno messo le tende, aspettando l'indomani per poter “parlare” con il governo.

Guardando le interviste si può restare colpiti da un fattore ridondante, ovvero molti intervistati dichiarano di non appartenere a nessuna ideologia politica. E' la moda italiana di questi ultimi anni? Grillo ha forse aperto la stagione delle affascinanti ambiguità politiche, da cui vengono man mano sempre più ammaliati anche i movimenti?

Se in diversi momenti si percepiva l'incertezza dei manifestanti, lo stesso non si può dire, di certo, per le forze dell'ordine. Infatti, pianificando l'andamento generale del corteo hanno lasciato volutamente punti di sfogo come contentino per evitare tafferugli in punti strategici. Nonostante la loro presenza non fosse massicciamente visibile, essendo schierate in piccoli drappelli, nulla era lasciato al caso ed ogni via che appariva libera era invece trincerata, in modo da impedire l'accesso alle vie limitrofe. Il grosso dello schieramento delle forze dell'ordine restava sempre pronto alle spalle del corteo.

Se la giornata di mobilitazione era stata costruita in apparente continuità con le giornate del 14 dicembre 2010 e del 15 ottobre 2011 , quello che emerso nei fatti sul piano dei contenuti è la tendenza generale di molte realtà politiche organizzate a voler rimanere saldate al piano puramente rivendicativo e radical-riformista , quando non impantanate in quello istituzionale. Ciò è dovuto, in parte, all'illusione che si possa ottenere “qualcosa di legittimo”, e che “investimenti intelligenti possano far uscire il Paese da questa crisi”. Per un'altra parte è dovuto alla grande assenza della classe operaia che ha caratterizzato entrambi i cortei, incapace di mostrarsi guida ed esempio per altre lotte, nonché propulsore affinché avvenga una reale unificazione di esse.

L'unica possibilità che abbiamo per non attendere passivamente il grande risveglio degli operai, che potrebbe arrivare a... data da destinarsi, e che in ogni caso non saprebbe scavalcare definitivamente l'orizzonte ideologico borghese, senza un lavoro politico, è la creazione di un'avanguardia che possa essere innanzitutto un punto di riferimento politico, nonché stimolo a tutte le lotte. Perciò, anche alla luce delle enormi contraddizioni che emergono tra il momento storico e la risposta del proletariato, non va lasciato spazio ad ambiguità politiche, alla quale inevitabilmente anche le delusioni portano.

Per quanto ci riguarda, abbiamo partecipato allo sciopero e alle manifestazioni cercando, per quelle che sono le nostre possibilità, di stimolare politicamente le persone con le quali abbiamo avuto modo di interagire, attraverso la nostra stampa e la diffusione di una volantino dal titolo molto eloquente: La necessità di una alternativa.

S

(1) Fonti: sito dei Cobas, parte virgolettata volantino cobas Telecom 18 ottobre.

Mercoledì, October 30, 2013