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Home ›Corrispondenza dai Caraibi
È quasi un mese che siamo arrivati ai Caraibi, ma non è molto tempo che abbiamo cominciato a studiarli o, almeno, a scrutarlo con occhi curiosi e vogliosi di capire. Sarà perche quando si arriva si ha bisogno di un po' di tempo per ambientarsi e per abituare gli occhi al nuovo.
Siamo nelle Piccole Antille, arcipelago che include moltissime isole e diversi stati, alcuni molto ricchi, collocati direttamente sotto le bandiere dell'imperialismo europeo, altri poverissimi, benché indipendenti.
Fino ad ora abbiamo potuto "ammirare" solo alcune di esse, ma in ogni caso possiamo già dire qualcosa su questo mondo, spacciato come un "paradiso" dalle agenzie di viaggio.
Martinica
La Martinica è senz'altro una delle isole ricche dell'arcipelago. Non a caso siamo in un possedimento francese d'oltre mare. Qui il capitale francese promuove attività improntate prevalentemente al turismo, tantissime agenzie di charter francesi promuovono vacanze in barca e catamarano. Essendo un isola molo ricca, è altrettanto cara per tutto, dai biglietti aerei alla cassa del supermercto, e non a caso è frequentata da vacanzieri borghesi, pardon benestanti. Nonostante questo, sono presenti malumori e disagio sociale (vedi le rivolte degli anni passati). Grande è l'uso di sostanze psicotrope (almeno, così ci appare): dalla marijuana al crak (lungi da noi l'intento di mettere sullo stesso piano tali sostanze) passando per l'alcool, assunto in grande quantità. Da quello che abbiamo potuto constatare, molto forte è il nazionalismo; sembra strano, visto che parliamo di un territorio coloniale, ma è cosi. Ovviamente, ciò mette una pesante ipoteca su una possibile presa di coscienza in senso classista.
Saint Lucia
Subito a sud della Martinica troviamo Saint Lucia, ex colonia inglese ora completamente autonoma. Qui rochezza e povertà si fondono in maniera lampante. Da un lato resort di lusso e residenze da sogno per ricchi avventori, dall'altro catapecchie e strade dissestate per i poveri locali. Piuttosto rappresentativo di questa realtà è il luogo del nostro arrivo, Rodney bay, prima baia a nord ovest dell'isola. All'interno della marina (per marina intendiamo un porto privato) ci sono negozi di ogni tipo: dallo ship-chandler (negozio con articoli nautici) al rivenditore Oakley passando per la banca e la pizzeria italiana. Tutto o quasi è pulito ed ordinato, quasi leccato. Ma appena si esce dal porto ci si scontra con una realtà tutt'altro che dorata: strade dissestate, carcasse d'auto ai bordi delle carreggiate, una campagna sfigurata da un uso del cemento scriteriato; e poi ancora case fatiscenti e centri commerciali in mezzo al nulla. La bellezza indubbia di questi paesaggi è rovinata da uno "sviluppo" irrazionale senza capo né coda, sia dal punto di vista urbano che industriale. Il verde domina, la foresta pluviale è ovunque, ma non sembra che la loro cura sia una priorità. Niente di nuovo sotto il cielo capitalista: il bello ai belli, il brutto ai brutti! Lusso e bellezza ai ricchi, povertà e degrado per gli ultimi. Come nel resto dei Caraibi, la cultura rastafariana condiziona gli usi ed i costumi locali: largo è il consumo di ganja e di alcolici vari. L'idea che ci siamo fatti rispetto a ciò, ovvero all'uso massiccio di "fumo" ed alcool, è che oltre ad essere un risultato della cultura rastafariana è anche un veicolo di fuga da un realtà tutt'altro che gradita. Non a caso, dove c'è maggiore povertà, oltre ad essere maggiore il radicamento della religione (chissà perchè?!), è assai maggiore l'uso di sostanze psicoattive. Sappiamo bene noi comunisti il ruolo delle droghe nella gestione della pace sociale.
Saint Vincent
Se Saint Lucia vive in bilico tra lusso e povertà estrema, lo stesso non si può dire di Saint Vincent. A Saint Vincent c'è solo povertà. Qui la gente vive spacciando "erba" o prostituendosi. E' veramente paradigmatico del nostro mondo vedere uno yacht di 50 mt ancorato in una di queste baie: sebbene la distanza fisica tra esso e l'isola non sia più di qualche centinaio di metri, abissale è il divario economico e sociale tra i rispettivi abitanti. Sullo yacht da milioni di euro, borghesi tirati a lucido possono usufruire di comfort inimmaginabili, oltre alle cure di equipaggi numerosissimi, che a volte superano le 30 unità. A terra, invece, si trova gente che, parafrasando Rino Gaetano, non ha nemmeno l'acqua corrente ed è costretta a lavare se stessa ed i propri panni nel fiume. Viste le condizioni generali in cui vengono lasciate le persone e l'ambiente, non è un caso, o cattiva sorte allora, se per una pioggia più violenta del solito franano tonnellate di terra, andando a seppellire interi villaggi e a distruggere quel poco che hanno. Infatti, a Natale qui, come a Saint Lucia, gli abitanti del posto hanno dovuto fronteggiare un'alluvione di portata assai maggiore del solito. Ma non avendo strumenti adeguati né una rete di dispositivi di prevenzione, l'alluvione ha fatto molti danni e mietuto diverse vittime. Ci vorranno anni perché la situazione possa tornare alla normalità. Risulta assurdo che nel 2014 ancora muoia della gente per un po' di pioggia; ma del resto, perché il milionario possa essere tale c'è bisogno del "povero in canna".
Un mondo del genere è tanto bello a livello paesaggistico da risultare un paradiso, sebbene molto lontano dal mito che se ne può avere, mentre dal punto di vista sociale è un vero e proprio inferno: la vita vale assai poco, visto che si può perdere per pochi spicci. Girando il mondo, ci si rende sempre più conto di come esso sia giunto ad un livello di irrazionalità ed antistoricità impressionanti. Più si esce dal "centro" e più ci si accorge dell'insostenibilità di questo modello economico e sociale, da tutti i punti di vista. A noi rivoluzionari, oltre al fatto di rilevarne le contraddizioni, il compito di costruire le basi per un'alternativa all'altezza dei tempi.
In questi luoghi, dove si vedono solo i nefasti effetti di questo barbaro sistema economico sociale, ma ai più (per usare un eufemismo) non riesce di risalire alle sue cause, la contraddizione di classe viene molto offuscata da un'economia quasi primitiva di pura sussistenza e da un antagonismo etnico o razziale che dir si voglia, dove il turista euroasiatico/caucasico fa da contraltare al povero "cittadino" locale. Spesso capita di essere i soli bianchi a camminare per le strade dell'isola. In quei momenti ci si accorge, dagli sguardi dei locali, di essere guardati con invidia da un lato e con un'attenzione piena di interesse dall'altro. Lo scontro è tra il povero locale ed il ricco turista proveniente dalla parte ricca del mondo.
Non si può escludere che anche qui, nella "periferia" del capitale, possa sorgere un'avanguardia rivoluzionaria, benché, come abbiamo visto, le difficoltà siano tante e di vario genere. Là dove la contraddizione principe di questo sistema è evidente, palpabile e diretta, quella tra capitale e lavoro, il processo di emersione e radicamento dell'avanguardia – premessa fondamentale al successo della rivoluzione – è, per così dire, facilitato. Il proletariato può bloccare il meccanismo economico-produttivo, mettere in crisi la fonte da cui si alimenta il sistema del profitto (l'estorsione di plusvalore), rendere dunque concreta l'alternativa al sistema, senza essere condannato a una pura e degradante sopravvivenza o a rivolte disperate.
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