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Home ›Sciopero in stile Germania, non fatevi illusioni...
Lo sciopero del sindacato GDL (Gewerkschaft der deutschen Lockfuehrer – Sindacato dei Ferrovieri tedeschi), con a capo tale Klaus Weselskij, sta facendo grosso scalpore in tutta Europa; in particolare si resta colpiti dalla durata e dalla frequenza con le quali questo sindacato mette in gioco i suoi numeri e la sua forza, ormai da mezzo anno a questa parte.
Vogliamo subito mettere in chiaro che questo articolo punta a spiegare a lettori e lavoratori, in Italia, perché ci sia ben poco da entusiasmarsi per questo sciopero e perché sia necessario entrare nel merito di tale lotta, in modo da chiarirne le contraddizioni e i limiti. Non ci soffermeremo quindi più di tanto sulle rivendicazioni salariali e contrattuali portate dalla Gdl, anche perché esse, a parte la riduzione del monte ore, non rispecchiano e non rivendicano null’altro che un banalissimo adattamento dei salari al costo reale della vita in Germania. Materia classica per qualunque sindacato di qualunque parte del mondo
E’ importante non fermarsi alle prime impressioni, pena farsi prendere da facili entusiasmi. Innanzitutto bisogna sapere di che sindacato stiamo parlando, di chi sia il capo di questo sindacato, di come i lavoratori iscritti si rapportino con esso e quale influenza gli stessi hanno sulle decisioni di tale sigla sindacale.
La Gdl è uno dei due sindacati maggioritari del settore ferroviario, rappresenta innanzitutto i capitreno. La persona a capo di questo sindacato si chiama Klaus Weselskij, come s'è detto, già sindacalista di primo rango della Reichsbahn sotto la ex-Repubblica democratica tedesca, ora membro del Partito cattolico e conservatore di centro-destra a capo del Governo, la CDU, partito che portò al Governo Angela Merkel qualche legislatura fa.
Tutto questo ambaradan di sciopero ebbe inizio quando uscì in Germania una legge che di fatto esclude i sindacati minoritari dalla partecipazione al tavolo delle trattative e alle decisioni che prendono le aziende in CdA (consiglio di amministrazione), parte integrante del piano CDU/CSU/SPD per imporre ai lavoratori e ai sindacati le scelte dei padroni senza la tradizionale consultazione. In queste circostanze i due sindacati maggioritari, la Evm e Gdl, iniziano un conflitto fratricida che raggiunge, con il penultimo sciopero, un’escalation che riserverà agli utenti del servizio ferroviario, ma in particolare ai lavoratori tedeschi del settore, ancora parecchie spiacevoli sorprese... staremo a vedere.
Per non essere esclusa dal tavolo delle trattative, la Gdl, che è numericamente inferiore alla sorella piu’ grande Evm, decide con la scusa del rinnovo del contratto, in ballo da un anno ormai, di portare massicciamente in sciopero i suoi iscritti, tentando in tal modo di assorbire e guadagnare il consenso di altri lavoratori del settore (personale dei vagoni, pulizia, anche della Evm, anch’essa in lotta da un anno per il rinnovo del contratto e diverse condizioni di lavoro), in modo da ingrandire la propria sigla oltre il numero di 17.000 iscritti, potendo così superare nella corsa agli iscritti la Evm. La Evm, dal canto suo, col pieno supporto di governo, media e larga parte degli utenti (ormai stremati e incattiviti dalla duratura mancanza di mezzi di trasporto fondamentali) accusano la Gdl di incostituzionalità e antidemocraticità.
Bisogna sapere che, nonostante la Germania sia economicamente e tecnicamente più avanzata e di conseguenza assorbita prima dell’Italia e di altri paesi all’interno della spirale della crisi, con tutte le conseguenze del caso, che tutto ciò non ha scosso di una virgola le coscienze dei lavoratori tedeschi. Quando la centrale (sindacale) chiama, corrono tutti all’appello, agghindati fino alle mutande con gadget di sigla che il sindacato generosamente offre ai lavoratori, in modo che si possano sentir cullati, rappresentati e protetti da coloro che, in verità, sono i loro aguzzini e becchini al contempo. Il livello di rappresentatività dei lavoratori all’interno dei rispettivi sindacati è molto simile, se non minore, a quello dei lavoratori iscritti ai sindacati confederali in Italia nei tardi anni novanta, della serie, “tanto ci pensa il sindacato”...: numeri e basta, senza alcuna voce in capitolo quando si tratta di prendere decisioni. Perfino alle primarie del PD gli iscritti mostrano più interesse per le „scelte“ da prendere, il che ci indica abbastanza bene perché i governi di mezza Europa, a partire dall’Italia, vogliono con tanto fervore imitare il modello tedesco.
Di fatto, la lotta della Gdl è solo strumentale ai giochi di potere di sigla all’interno della major delle ferrovie tedesche, la DB (Deutsche Bahn). Non vi è nulla di straordinario e nulla di fondamentalmente diverso da quello che qualsiasi sindacato, compresi quelli di base (ad esempio in Italia) farebbe di fronte alle ultime leggi sulla rappresentanza all’interno delle aziende, ma il fatto che la legittimità delle rivendicazioni degli stessi vengano strumentalizzate per i giochi di sigla e di potere dei sindacati, non è in nessun caso da ignorare e riflette largamente le dinamiche sindacali degli ultimi decenni. Questo atteggiamento strutturale dei sindacati [recentemente, anche USB e Cobas hanno sottoscritto la legge della rappresentanza] non fa altro che esporre i lavoratori alla rabbia e all’odio della popolazione, che, dal canto suo, incoraggiata dai media (nel ruolo classico di boia delle lotte) fa passare gli scioperanti come capro espiatorio della frustrazione imperante che vige nel paese. Infatti i lavoratori delle ferrovie, marginalizzati dalla logica di rivendicazione di settore, dall’assenza generale di lotte e solidarietà da parte del mondo del lavoro, nonché dalla loro stessa scarsa o totalmente assente coscienza di classe, sia pure a livello elementare, e della propria forza (potenzialmente immensa all’interno del paese), si trovano inermi davanti agli insulti e agli sputi di una parte della popolazione, che non può che contare, per arrivare a sua volta ai propri posti di lavoro, sulla presenza dei mezzi pubblici e sul loro normale funzionamento. Nonostante a livello cronologico l’ultimo sciopero abbia riscosso più simpatie del precedente (sempre poche), la durata e il costante disagio prodotto hanno ridimensionato nuovamente la simpatia per lo sciopero stesso anche da parte degli elementi e dei cittadini in un primo momento più ben disposti verso i lavoratori.
Non che durante uno sciopero si debba puntare a riscuotere le simpatie dalla società nel suo insieme; uno sciopero (rivendicativo) rimane pur sempre uno sciopero (rivendicativo) e, in quanto tale, esso punta o perlomeno deve puntare ad estorcere ai padroni e relative aziende tutte le richieste poste dai lavoratori, ma ci dobbiamo ricordare e marchiarcelo a fuoco nelle coscienze, che gli scioperi devono e dovranno andare oltre la sfera rivendicativa, quindi puramente economica; solo così diventeranno uno dei necessari cavalli di battaglia coi quali i lavoratori salariati, insieme ai precari, ai disoccupati e ai nullatenenti, attaccheranno gli interessi economici dei padroni, nella prospettiva di abbatterne il potere. Dobbiamo mettere in chiaro quali sono gli strumenti per difendersi dagli attacchi che padroni, banche e governi rivolgono al mondo del lavoro, in modo da impedire domani alla classe dominante di trascinarci all’interno di un conflitto mondiale e una guerra fratricida tra poveri che, con altissime probabilità, potrebbe sfociare in una terza guerra mondiale.
Mentre la borghesia farà di tutto per assicurare il suo potere, quelli che soccomberanno nella sua guerra come carne da macello a costo zero, saremo noi.E’ quindi necessario che i lavoratori salariati e gli sfruttati in generale si organizzino compattamente come classe sociale, dotandosi, nelle lotte economiche, di organismi dirigenti assembleari, creati dal basso, oltre e contro la logica sindacale; allo stesso tempo, che le avanguardie espresse dalle lotte vadano a rafforzare gli strumenti politici dello scontro di classe, vale a dire il partito rivoluzionario: bisogna superare la frontiere artificiale tra rivendicazione economica e rivendicazione politica, quindi sociale. Non possiamo ridurre le battaglie dei lavoratori alla mera rivendicazione economica nella convinzione che il conflitto salariale e la lotta per i diritti dei lavoratori all’interno del sistema del profitto siano a lungo andare la soluzione per sciogliere e capire le contraddizioni del capitalismo. Senza una chiara analisi e un deciso programma anticapitalista, che solo il partito rivoluzionario può portare, anche il sindacato più combattivo [sul piano economico] e le lotte più generose verranno riassorbite e soffocate dalla classe dominante. Con ciò, come Tendenza comunista internazionalista (ICT) vogliamo mettere in guardia le varie compagini di compagni attivi in Italia nelle lotte sindacali, soprattutto quelle di base e chi ruota nella loro sfera di influenza politica, di non farsi prendere da facili entusiasmi. Cosa pensa Battaglia Comunista della logica e della lotta sindacale fine a se stessa, anche se con connotazioni radicali è di dominio pubblico. Il messaggio che dunque, in quanto Gis (Gruppe Internationaler SozialistInnen), mandiamo dalla Germania, in particolare da Berlino, è di non farsi ammaliare di fronte ai grandi scioperi sindacali, che, anche ove ben organizzati scenicamente, nascondono la logica sindacale più marcia e opportunista.
Altrimenti si rischia continuamente di spalancare porte verso il sindacalismo e l’economicismo, nella romantica illusione che un sindacato diverso e di classe possa essere ancora un'alternativa valida alla lotta di classe vera, che decisamente ha ed avrà connotazioni ben diverse.
A.D. Gis/Ict da BerlinoPoiché una compagna ci ha scritto, avanzando alcune osservazioni (in senso costruttivo) all'articolo, paventando il rischio che possa essere frainteso da chi non conosce le nostre posizioni, tanto da cadere nell'equivoco che tratteremmo con sufficienza le lotte sul terreno eoconomico o, addirittura, che desolidarizzeremmo coi lavoratori in sciopero, solo perché diretti dalle centrali sindacali, aggiungiamo uno scritto del nostro compagno Mauro Stefanini, particolarmente "didattico" sul nostro attegiamento.
I sindacati sono inutili alla strategia rivoluzionaria, ma la lotta rivendicativa è l'ossigeno della classe e condizione d'esistenza della strategia
Da sempre sosteniamo che la rivoluzione marcerà sul cadavere dei sindacati e che questi possono tutt'al più' costituire un ambito di intervento (in linea generale, ma oggi manco questo) dei rivoluzionari, come altri, ma mai e poi mai possono costituire uno strumento della strategia rivoluzionaria. Sempre più la quotidiana esperienza dei proletari ci dà ragione. Ma la quotidiana esperienza politica ci dice anche quanto sia facile equivocare quelle posizioni con la apparente semplificazione che noi riterremo inutili le lotte rivendicative.
Per il marxismo, sin dalle sue origini, il movimento rivendicativo dei lavoratori per il miglioramento del salario e delle condizioni di lavoro, scontrandosi direttamente con l'interesse capitalistico alla compressione di entrambi, costituisce la forma elementare, per lo più insopprimibile della lotta di classe. Costituisce dunque la condizione ineludibile di qualunque "trascrescenza politica", ovvero di qualunque sviluppo della lotta di classe sino alla sua espressione più alta, dell'attacco rivoluzionario.
Dire che le lotte rivendicative sono inutili sarebbe come dichiarare inutili a un qualunque evento le condizioni di maturazione dell'evento stesso.
Una classe incapace di azione rivendicativa e di opposizione di lotta alle forme più acute della sua oppressione è una classe incapace (indegna) di rivoluzione, condannata a perpetuare la sua situazione di classe oppressa.
Ma una cosa sono le lotte rivendicative del proletariato, altra cosa sono le organizzazioni che quelle lotte pretendono di condurre (e oggi invece professionalmente boicottano). ...
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