La politica delle matite - Acqua pubblica, NoTriv, NoTav, NoMuos... bastasse dire si o no

Un compagno ci scrive e volentieri pubblichiamo

Dopo il blitz del governo teso ad invalidare i referendum contro le privatizzazioni dell'acqua pubblica, "Traditi 27 milioni di cittadini che votarono il referendum nel 2011" (Il Manifesto, 16 marzo 2016), eccoci di fronte l'ennesima farsa del voto: atteso per il 17 aprile 2016 l'esito referendario sulle perforazioni e lo sfruttamento petrolifero off-shore entro le 12 miglia marine di fronte alle coste di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto. Una proroga alle concessioni che interessa un'area marina complessiva di circa 26.000 Km^^2^^:

Nell’offshore italiano [cioè le piattaforme in mare] al 31 dicembre 2014 erano presenti 724 pozzi attivi dei quali 361 in produzione (305 produttivi a gas e 56 produttivi ad olio), 349 potenzialmente produttivi ma non eroganti e 14 utilizzati per monitoraggio e altri scopi.

iltirreno.gelocal.it

Permessi estesi anche alle attività di ricerca, che evidentemente diverranno di estrazione, "fino all'esaurimento dei giacimenti". Grazie dunque al decreto Sblocca Italia.

L'ulteriore estensione delle "coltivazioni" ha messo giustamente in allarme le popolazioni finite nel mirino delle holding petrolifere interessate allo sfruttamento delle risorse sottostanti i fondali marini: da qui i vari comitati a sostegno del "sì" referendario, che male si sposa con lo slogan "no-triv" del nome, ma questa è solo una delle bassezze cui gli estensori del quesito fanno ricorso. Legati a livello nazionale da comuni intenti riguardo la difesa del territorio e dell'ambiente ad altri movimenti del "no" (TAV e Muos), costituiscono un effettivo intralcio alle politiche borghesi di sfruttamento del territorio. Non si è fatta dunque attendere la rabbiosa reazione del super-attivo Matteo R. nazionale, che, con l'ennesima modifica di leggi, codici e postille, tenta di invalidare e manomettere i quesiti referendari, il che qualifica l'ampiezza e l'importanza assunta da questo movimento rispetto al suo passare in sordina su tv e giornali.

Le piattaforme per la trivellazione sono impianti inquinanti. A fornire le prove di fenomeni di contaminazione diffusa riconducibili all'attività estrattiva di 34 piattaforme offshore operanti nell’Adriatico, è il dossier redatto da Greenpeace – dal nome piuttosto esplicativo – 'Trivelle Fuorilegge'.

In realtà 34 sono le uniche documentazioni relative ad altrettante piattaforme messe a disposizione dal ministero, delle rimanenti non è dato di sapere nulla.

Inoltre, riguardo la ricerca:

Non si esclude che l’enorme pressione delle onde sonore generate possa avere effetti destabilizzanti sul delicato equilibrio marino. Uno studio della stessa D’Orsogna prova la pericolosità delle tecniche air – gun e del fatto che le stesse possano contribuire sia alla perdita dell’orientamento con conseguente spiaggiamento delle balene.

Fonte NoTriv

Quello che preoccupa sono naturalmente le ripercussioni sull'ambiente a seguito delle perforazioni, sia in mare che a terra - le concessioni riguardano entrambe - e una logistica che prevede ampie aree cementificate di stoccaggio e lavorazione i cui residui andrebbero a inquinare falde e terreni agricoli tra i più belli e fertili. Testimoniati da noti e numerosi disastri ambientali gli effetti provocati dai campi di estrazione lungo le aree di attività petrolifere del pianeta: la devastazione nel delta del Niger in primis e le conseguenze del Fraking nei parchi e nei boschi americani; nel 2004, nel golfo del Messico, la piattaforma Deepwater Horizon della BP, in 106 giorni disperde in mare milioni di barili di greggio che inquinano tutt'ora l'area di fronte alle coste di Alabama, Missisipi, Florida e Louisiana; a questo si aggiungono i pericoli derivanti dalle pipe-line e dal trasporto navale. Ricordiamo l'affondamento nel 1991 della petroliera Haven nel golfo di Genova, che provocò la morte di cinque marinai e la collisione tra la Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo, avvenuto il giorno prima, in cui perirono 140 persone.

Secondo Governo e Protezione Civile si tratta di una questione chiusa da tempo, ma per i pescatori liguri e i referenti scientifici il discorso è ben diverso.

La carta referendaria si pone quale alternativa alle tensioni progressivamente accumulatesi su questo fronte e alle pratiche di sfruttamento delle risorse da parte del capitale. Sottoscrivere accordi con la borghesia, anche nel caso di una vittoria del “sì”, è una concessione illusoria in un'ottica più generale di controllo della pace sociale, tale da permettere il maggior sfruttamento possibile della classe operaia. Nel momento in cui, peggiorando la crisi, si esaurissero gli spazi di trattativa, l'accordo diverrebbe repressivo, dispotico, quando non più riconosciuto dalla classe dominante. Questo in parte è già avvenuto, visto il largo impiego della forza ai danni di cittadini aderenti a NoTav e NoMuos.

La democrazia borghese non può interessare la classe operaia, non avendo in sé nulla di progressivo rispetto alla soluzione di tali contraddizioni, ma strumentale all'esercizio di un controllo di massa, che sotto la veste democratica nasconde obiettivi e interessi privati, i quali non coincidono certo con quelli comuni: gli interessi del capitale e dei suoi funzionari borghesi.

Quando in Lucania, venti anni fa, si scoprì il petrolio, tutti i politici locali e nazionali accolsero la novità urlando che la popolazione si sarebbe arricchita e sarebbe piovuto lavoro per tutti. Dopo vent’anni ci troviamo di fronte allo stupro di un territorio ricco di storia e natura, dovendo evidenziare che gli unici ad essersi arricchiti sono stati i petrolieri.

Comitato NoTriv

Si potrebbe anche aggiungere che:

se si considerano solo le risorse certe, cioè quelle per cui si stima una probabilità del 90% che possano essere estratte, la loro “durata” si riduce a pochi mesi sia per il gas che per il petrolio

iltirreno.gelocal.it

... a qualche anno se si considerano anche quelle "probabili" e le "possibili".

L'equa distribuzione della ricchezza è una "favola" alimentata dall'informazione borghese per indurre divisioni tra proletari ed all'interno del movimento a vantaggio delle lobby petrolifere. Solo colpendo il profitto si ha la possibilità di lottare realmente, non disperdendo, tra i ricorsi, in mille rivoli la forza generata dall'unità della classe operaia con accordi regolarmente disattesi. La piccola borghesia legalitaria non ne è all'altezza, essendo priva di remore di fronte ai miseri vantaggi offerti dall'operazione, come gli albergatori della Val di Susa disponibili a scambiare viadotti inutili con ticket restaurant.

E' la mano del padrone che agita il fantoccio politico, il capitale dispone dei governi ma questo non significa che il primato della politica sull'economia costituisca una via di uscita compatibile con il capitale. Il modo per amministrare legalmente lo sfruttamento non esiste, si tratta dell'illusione secondo cui una nuova classe dirigente possa effettivamente mutare la situazione, è l'alternativa ideologica dietro cui far allineare il proletariato e renderlo inoffensivo.

GK
Mercoledì, March 30, 2016