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Home ›Elezioni politiche: nulla di più deprimente in un deserto di idee e prospettive
In un simile panorama di miseria politica e programmatica della stessa borghesia il non votare sarebbe stato un dovere, ma non basta.
La giostra della scheda è finita. Sul piano tecnico poco da dire. Le forze vincitrici sono il Movimento cinque stelle e la Lega di Salvini. Chi ha perso pesantemente è stato il PD di Renzi che è uscito dal confronto elettorale con le ossa rotte. Allo stato attuale delle cose nessuno dei vincitori ha la maggioranza, per cui inizia un secondo giro di fiera sulle possibili alleanze. Entrambi giurano no agli “inciuci”, ma con la coda dell'occhio si guardano in giro. Possibilità di alleanze poche, quindi governo tecnico da dare in mano o a uno dei vincitori, Salvini o Di Maio, o allo stesso Gentiloni con scadenza a sei mesi, con una nuova legge elettorale e poi tutti di nuovo alle urne per un altro giro di giostra.
Hanno vinto i sovranisti, i populisti che hanno giocato il fattore paura e autonomia, mentre il PD è crollato miseramente. I flussi elettorali dicono che i voti in fuga dal partito di Renzi abbiano preso le strade del M5S e della Lega. Tutta qui la ragione della sconfitta della cosiddetta sinistra, o c'è qualche ragione in più?
Il fatto è che sono mutati i tempi, il capitalismo non è più quello di una volta, il proletariato nemmeno e le forze politiche che lo rappresentavano, o che credevano di farlo, si sono adeguate al nuovo stato di cose. Il capitalismo denuncia palesemente grandi difficoltà a proseguire nel suo cammino di valorizzazione. La speculazione, ovvero il tentativo di ottenere dei profitti più remunerativi al di fuori dei meccanismi della produzione, crea bolle su bolle togliendo capitali all'economia reale. La conseguenza è sotto gli occhi di tutti, crisi economiche, crisi finanziarie, guerre, tensioni internazionali, barbarie sui civili, saccheggio dell'ambiente ecc...
Il proletariato, oltre ad essere smembrato in decine di sotto categorie contrattuali, ha perso le sue “cattedrali” produttive. Il decentramento, la delocalizzazione alla ricerca di più bassi salari, hanno prima scomposto “l'unità” proletaria, poi l'hanno impoverita sul terreno ideologico. Al processo di scomposizione della classe si è aggiunta, nel corso degli anni, la caduta dei miti: il crollo dell'URSS, la disillusione della guerra del Vietnam; il mostro cinese che da “secondo faro” del comunismo del mondo si è trasformato nel suo contrario, il paese capitalista più feroce con la propria forza lavoro e con quella dei paesi geograficamente vicini.
In questo scenario, la sempre cosiddetta sinistra si è trovata travolta dagli avvenimenti interni ed internazionali. Sul fronte interno il capitalismo non solo non poteva concedere le briciole dei suoi sempre più scarsi profitti al proletariato, ma si è visto costretto ad attaccare le condizioni di vita e di lavoro di milioni di lavoratori, che “lo sviluppo” del capitalismo ha progressivamente trasformato in lavoratori super sfruttati, in disoccupati e in lavoratori precari. I sindacati tradizionali si sono nascosti dietro le pieghe della compatibilità del sistema, arrivando a cogestire i salari con il fronte padronale. I partiti della sinistra tradizionale, PC in testa, travolti da fenomeni che non erano in grado di capire, tanto meno di gestire, sono rotolati a valle come ciottoli trascinati da una corrente troppo forte per il loro scarso peso. Le presunte avanguardie antagoniste (già il nome la dice lunga sulla loro strategia politica), guardano con nostalgia più al passato, con il quale non hanno mai fatto i conti, che al futuro.
E' da qui che bisogna partire per comprendere il significato dell'ennesima sconfitta di quella compagine che ritiene, non si sa a quale titolo, di appartenere ancora alla sinistra. Il problema non sono Salvini e Di Maio, di cui la borghesia si serve per tenere momentaneamente insieme i cocci del sistema, ma la scomparsa della sinistra e delle sue molli appendici. Di quella sinistra un tempo riformista, di quella che, pur avendo, almeno in parte, le sue radici nella tradizione della rivoluzione d'ottobre, tendeva i suoi rami nel cielo stalinista, riproponendo le solite nazionalizzazioni, statalizzazione delle Banche, senza minimamente toccare il cuore del capitalismo, ovvero il rapporto tra capitale e lavoro.
Questa sinistra è morta perché è stata risucchiata all'interno dei meccanismi economici e politici della borghesia. Il fenomeno non è successo soltanto in Italia ma in mezza Europa e in altri paesi occidentali. . E' morta perché ha abbandonato la strada della rivoluzione e del anticapitalismo sin dagli anni '20 del secolo scorso. E' morta perché ha rinnegato il suo passato, la ragione per le quali era nata, è morta perché non ha saputo reggere nemmeno all'impatto con le crisi del capitalismo, di cui, peraltro, ha mostrato di essere la medicina più efficace, chiamando il proletariato a donare il suo sangue al capitalismo malato nel momento del massimo bisogno. E' morta perché dopo tanti tradimenti il suo elettorato di riferimento, umiliato politicamente, senza un minimo di prospettiva politica di classe, senza alternative al sistema che lo sfrutta, si è orientato là dove la disperazione politica in cui è caduto lo ha indirizzato.
Per i comunisti, per i rivoluzionari che da decenni denunciano questa decadenza del sistema e la necessità del suo superamento, il rifiuto della scheda e della giostra elettorale è una condizione necessaria per prendere le distanze dal sistema, ma non è assolutamente sufficiente. Non è opponendosi nell'urna ai vari Salvini, Di Maio e Renzi che si risolvono i problemi dello sfruttamento e delle guerre ma nemmeno con un astensionismo che sa di rassegnazione e sterile disincanto. Non è con la scheda che si abbatte il capitalismo e le sue barbarie. Non è con una “x” che si strappa il nodo che lega l'infame rapporto tra capitale e forza lavoro. Occorre riprendere l'unità di classe, lavorare politicamente per la ripresa della lotta di classe, per il rafforzamento del suo partito politico, altrimenti altri milioni di schede scivoleranno nelle urne, altri partiti borghesi si alterneranno ai governi tecnici o politici ma sempre sulle spalle di chi questa giostra fa girare: il mondo del lavoro che produce profitti, merci e servizi per lor signori che, quando si trovano in difficoltà, ci chiamano alla “grande consultazione democratica” perché si cambi il nocchiere di bordo, ma rimangano sempre gli stessi gli schiavi rematori.
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