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Home ›Coronavirus - Ma il vero nemico è il capitalismo
Ci siamo imbattuti in altri “pensieri” di un Formenti che si dichiara compiaciuto da quello che ritiene – riferendosi alla Cina e alla “prova epidemica” da essa subita - un “rafforzamento in consenso e compattezza sociale”. Certo, c’è il calo – preoccupante per il “socialismo” targato Pechino - del Pil, ma la Cina, parola di Formenti, sarebbe “un Paese con un sistema produttivo pubblico dove lo Stato controlla Banche e servizi pubblici, e le forze di mercato, ancorché in costante crescita, vengono indirizzate verso obiettivi ispirati agli interessi nazionali e della maggioranza della popolazione”. Lodi, quindi, ad una “economia programmata” come quella cinese, la quale dimostrerebbe la efficienza del… “social-capitalismo”. E dopo “sviolinate” di questo tipo, il nostro si prepara all’acrobatico “salto” per la costruzione di “un programma di transizione verso un nuovo sistema economico, politico e sociale”, reclamando – udite! udite! – nientemeno che la necessità di “far nascere un nuovo soggetto politico”….
Naturalmente, non gli manca compagnia: in questi giorni non mancano altri applausi d alcuni Paesi di quell’Asia che sarebbe - in materia di finanza digitale – “avanti di dodici anni rispetto all’Occidente” e perciò – sempre secondo queste valutazioni – quasi nell’anticamera del socialismo! Si rivaluti, dunque, “il ruolo dell’intervento pubblico nell’economia e nella società”, cosi “puntando al pieno impiego”..., e si guardi – sempre come esempio da seguire – al “mercato cinese, il più redditivo del mondo in molti settori”. E avanti con altri “pensieri” di cosi alto spessore… tralasciando il fatto che – Cina compressa - i livelli di indebitamento sia pubblico sia privato si stiano facendo allarmanti, anche per un FMI il quale avverte che il 40% delle attuali obbligazioni societarie nel mondo non sono “ripagabili a scadenza” (anche in base alla loro “bassa qualità”), neppure se la crisi che si sta allargando fosse “soltanto la metà di quella del 2008”… E questa volta, non siamo noi a dirlo.
Ma torniamo a quel Carluccio Formenti che non cessa di meravigliare. Le sue tesi sono inconsistenti come le "nuvole di drago" cinesi, tanto che non varrebbe la pena di perdere ulteriore tempo con simili personaggi che si fanno abbagliare dallo sviluppo economico in sé e dimenticano una serie di semplici osservazioni, anche senza tirare in ballo la dialettica e il materialismo storico.
Due cose però vanno dette lo stesso:
- Lo straordinario sviluppo delle forze produttive cinesi si è basato su di un altrettanto enorme sviluppo dello sfruttamento della forza lavoro, sia in termini di allungamento della giornata lavorativa (plusvalore assoluto) che di contenimento del lavoro necessario alla riproduzione dei miseri salari (plusvalore relativo). La forza lavoro cinese, nel boom economico che ha portato la Cina ad essere la seconda potenza mondiale (in proiezione la prima potenza mondiale) nella produzione di beni di consumo, ha lavorato mediamente 16 ore al giorno senza tutele sindacali e in condizioni di assoluta precarietà sociale.
(1. bis) Alla base del suo straordinario sviluppo – chiaramente capitalistico - ci sono due condizioni. La prima che abbiamo appena detto, ovvero l'avere a disposizione una massa enorme di proletariato e costi bassissimi. La seconda, che è un corollario della prima, l’aver usufruito di un ingresso enorme di capitali provenienti, grazie al baso costo della forza lavoro, dagli Usa, dall'Europa e persino da Taiwan. - Lo sviluppo economico ha contribuito a creare un progressivo processo di inquinamento che ha rischiato di eliminare, nelle grandi città industriali, milioni di lavoratori avvolti da micidiali nubi tossiche.
- Il conseguente sviluppo finanziario sta generando, come in Occidente, bolle speculative che rischiano di scoppiare con il fragore devastante della crisi americana del 2008.
- Lo sviluppo delle forze produttive sta producendo tutte le contraddittorie componenti della caduta del saggio del profitto (al riguardo ci sono ottimi studi di economisti cinesi) con relative speculazioni finanziarie.
- I vantaggi per la popolazione cinese, a fronte di questo sviluppo, sono stati minimi. I vantaggi economici del capitalismo di Stato cinese sono andati nelle casse dello Stato, prima, e nelle tasche della Nomenklatura statale, poi.
- Il che dimostra che a) siamo in presenza di un regime che si basa sull'iniquo rapporto capitale-forza lavoro; b) che siamo in presenza di tutte le categoria economiche capitalistiche; c) che la posizione di potenza imperialistica che occupa la Cina è il frutto del super sfruttamento del proletariato cinese. E la potenza di Pechino arriva nel sud est asiatico e in Africa sub sahariana. Con il progetto della “via della seta” ha l'ambizione di estendere i bracci del suo imperialismo anche verso l'Europa.
- Cosa di cui non si parla è che nel boom dello sviluppo cinese si sono svuotate le campagne, mettendo in seria difficoltà l'agricoltura, sino al punto che il governo cinese è stato costretto ad importare derrate alimentari dagli Usa. Finito il boom industriale, si è escluso dai meccanismi produttivi un esercito di disoccupati (ex contadini) pari a 400 milioni. Da allora le rivolte in Cina si sono susseguite sino ai giorni nostri, con tanto di pesanti repressioni poliziesche.
- Che il capitalismo sia statale, privato o un'ibrida via di mezzo, ha come principio imprescindibile lo sfruttamento della forza lavoro. Lo stesso sviluppo delle forze produttive ha come conseguenza l'iper-sfruttamento del proletariato e il controllo repressivo della popolazione.
Concludendo, in Cina, come in qualsiasi altro paese capitalista, occorre distruggere il rapporto tra capitale e forza lavoro, perché il suo proletariato possa aspirare a quel comunismo che gli attuali dirigenti di Pechino gli hanno fraudolentemente imposto.
Tutto questo con buona pace per le "nuvole di drago" di Carluccio Formenti.
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