Equilibri economici ed ecologici in crisi

La crisi che negli ultimi anni sta scuotendo il capitalismo e la società borghese, è accompagnata da un’altra crisi, quella ecologica, legata a quella devastante “crescita” considerata l’asse portante del capitalismo. La fragilità dell’equilibrio ecologico si è evidenziata con i mutamenti climatici ai quali ha certamente contribuito l’intensa attività industriale alla caccia di profitti. L’ecosistema del pianeta continua a dare evidenti segnali di insofferenza: i composti di carbonio immessi nell’atmosfera terrestre causano molti effetti negativi non solo agli umani ma anche a fauna e flora. L’ultimo allarme arriva con i banchi di microplastiche diffuse nei mari con conseguenze pericolose per gli abitanti del mondo marino.

L’effetto serra, causato dai gas emessi dalle grandi industrie, sta comportando costi elevati allo stesso sistema. Gli interventi tecnologici, in grado quantomeno di bloccare una “tendenza” così drammatica, non hanno alcun ritorno – sempre in termini di profitto – per il capitale: il suo interesse per un ecosistema che comincia a traballare è quindi del tutto formale.

La concentrazione di biossido di carbonio nell'atmosfera terrestre si fa preoccupante: sono le industrie dello sviluppo capitalistico le principali responsabili di questa vera e propria minaccia, aggravata dalle deforestazioni: in complesso, sono più di 50mila tonnellate al minuto le quantità di biossido di carbonio che vengono immesse nell’atmosfera. La sopportabilità atmosferica è quasi al limite, a causa di una permanenza superiore ad un secolo per le molecole dei composti di carbonio.

Gli innalzamenti in atto delle temperature causeranno un innalzamento del livello dei mari: le previsioni sfiorano il rialzo di 1 metro entro il 2040. Drammatica si annuncia la progressiva scomparsa dei ghiacciai più alti del mondo e lo scioglimento dell’Artico. Nelle nostre Alpi i ghiacciai si stanno ritirando di alcune decine di metri all’anno e il loro spessore si abbassa.

Se le cose continuassero con questa progressione sono previsti effetti disastrosi – provocati dal riscaldamento globale e dai cambiamenti climatici – sull’inquinamento dell’aria e dell’acqua. La stessa sicurezza alimentare è messa in pericolo e quindi diminuiscono le possibilità da parte della Terra di assicurare la nutrizione necessaria alla specie umana. Diventeranno ingestibili gli esodi di massa da zone geografiche diventate incoltivabili, a causa della desertificazione.

Poiché il mondo degli affari e degli… equilibri commerciali non può fermarsi, le emissioni di gas ad effetto serra proseguono, con le attività (profittevoli!) di impianti termoelettrici e industriali nel campo della produzione di energia e della produzione manifatturiera (imprese energetiche, produzione e trasformazione dei metalli, cemento, ceramica e laterizi, vetro, carta) ed operatori aerei. E ancora: produzione di alluminio, calce viva, acido nitrico, idrogeno, carbonato e bicarbonato di sodio; infine impianti per la cattura e lo stoccaggio di CO2. Proseguono le trivellazioni nel mare per estrarre altro petrolio, quanto basta per inquinare e – in caso di incidente nelle estrazioni - distruggere l’intero Mediterraneo. Per non parlare della sempre più difficile ricerca di ambienti dove stoccare il materiale di scarto delle centrali nucleare, molto spesso finisce in discariche abusive vicine ai centri urbani o adiacenti a campi coltivati, assieme ad altri liquami tossici.

Un fatto è certo: il capitalismo – a qualsiasi modello esso si richiami (compreso quello cinese!) – sta distruggendo il pianeta e quindi anche noi tutti, dopo aver imprigionato il “popolo” nel dogma capitalista, che impone una società governata dal profitto a costo di consumare (per lo più sprecandole!) le risorse della Terra, che non potrà rigenerarle – solo alcune - se non fra secoli. Siamo alle conseguenze dei principi del libero scambio e della illusoria prospettiva di un costante incremento delle esportazioni, vedi la deforestazione dell’Amazzonia, per introdurre coltivazioni intensive di soia e allevamento di bovini, due dei principali export brasiliani. Le desertificazioni, le inondazioni e i conseguenti profughi ambientali aumenteranno di anno in anno, mentre si moltiplicano e infittiscono le nubi tempestose della guerra tra popoli e Stati che acuiscono il fenomeno. Ed infatti vengono tagliate molte voci di spesa nei bilanci statali, ma non si toccano quelle destinate agli armamenti. Anzi, continuano ad aumentare. Dato significativo è che l’80% della produzione ed esportazione delle armi, nucleari comprese, è nelle mani dei 5 paesi facenti parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

L’Istituto Internazionale Sipri (Stoccolma) ci informa che nel 2019 le spese militari (ufficiali!) sono aumentate del 3,6% rispetto al 2018, con ben 1.917 mld di dollari, pari a 259 dollari per ogni abitante del pianeta. Al primo posto gli Usa, seguiti da Cina, Russia, Francia Inghilterra, India e Arabia Saudita. A poca distanza segue l’Italia. E così, mentre la classe borghese, che raggruppa solo l’1% della popolazione mondiale, concentra nelle proprie mani tutto ciò che viene valutato come “la ricchezza del mondo”, centinaia e centinaia di milioni di uomini, donne e bambini sono sacrificati sugli altari della “crescita illimitata” del mostro capitale. Un’altra certezza si conferma: la classe privilegiata in questo sistema non rinuncerà mai di sua volontà agli enormi vantaggi di cui gode: la nostra sopravvivenza è in pericolo. Il capitalismo va distrutto, altrimenti saremo distrutti noi, non come classe in particolare, ma come intera specie.

Con le deforestazioni, gli allevamenti intensivi e i mercati alimentari che si vanno ampliando specie nel Sud-Est asiatico; con la costruzione di megalopoli che a loro volta provocano l’inquinamento dell'aria che respiriamo con tonnellate di polveri, gli animali selvatici – spinti dai cambiamenti climatici e dalle deforestazioni – entrano in contatto con le periferie sovraffollate e i virus da loro ospitati si diffondono. Non bruciano solo le foreste dell'Amazzonia, ma si infiammano anche le arterie degli organismi di milioni di uomini e donne di ogni età e si diffondono pandemie acute/infettive, micidiali per organismi debilitati e già facili prede di malattie croniche infiammatorie e tumorali. Nelle metropoli, sia occidentali sia orientali, milioni e milioni di persone sono esposte ad un inquinamento atmosferico che indubbiamente agisce da fattore predisponente ai virus, come il contagioso e virulento Covid. Un virus che sta facendo esplodere una globale crisi biologica e sanitaria, con microrganismi e “nuovi virus” (Ebola, Nipah, Hendra, Marburg, ecc.) pronti a fare il “salto dalla specie serbatoio” nella quale sono ospiti da milioni di anni per invadere gli animali ammassati negli allevamenti intensivi.

Un passaggio che può avvenire anche in alcuni laboratori di ricerca; di certo dagli immensi mercati alimentari molti di questi virus si stanno affacciando nelle sterminate periferie dei centri urbani e infine assaltano l’uomo. Soprattutto là dove si ammassano decine di milioni di esseri umani in condizioni di miseria e promiscuità bestiali. Aggiungete gli evidenti segnali dei cambiamenti climatici in corso e dell’avvio di uno stravolgimento degli ecosistemi (micro)biologici: quindi – di nuovo – le deforestazioni selvagge, l’inquinamento chimico-fisico dell'idrosfera e delle catene alimentari: avrete un quadro della vicina esplosione di fenomeni al limite di una vera e propria tragedia di specie.

Il tempo stringe e il capitale non ritirerà spontaneamente i suoi artigli da questo nostro pianeta! Bisogna tagliarglieli!

DC
Sabato, April 24, 2021