Guerra in Ucraina - La posizione internazionalista

Primo incontro pubblico on-line della CWO, 13 marzo 2022. Questo è stato il primo incontro pubblico della CWO su Zoom e ha avuto un buon seguito, nonostante il fatto che alcuni dei nostri membri erano al lavoro e non hanno potuto partecipare. L'incontro è iniziato con l'introduzione seguente, che è stata volutamente breve per lasciare più tempo possibile per la discussione.

Introduzione della CWO: Una nuova partenza pericolosa

Chiunque pensi che l'invasione dell'Ucraina non sia un nuovo e pericoloso punto di svolta nella storia del mondo, o è stato disattento, o è un illuso.

Una nuova guerra fredda?

Quando l'anno scorso procedeva l'accumulo di truppe russe ai confini dell'Ucraina si facevano molte speculazioni giornalistiche riguardo a “una nuova guerra fredda”. A metà dicembre abbiamo respinto questa analogia storica. Lo abbiamo fatto guardando a come oggi non sono più applicabili le condizioni che hanno evitato il confronto diretto tra le grandi potenze imperialiste in quella che è stata guerra fredda.

Il primo fatto che dobbiamo ricordare è che l'URSS e gli USA sono entrambi uscite dalla seconda guerra mondiale come potenze imperialiste vittoriose. Non erano potenze come la Germania e l'Italia che si sentivano ingannate dall'esito della prima guerra mondiale (la prima a causa di un umiliante trattato di pace, la seconda per la mancanza dei guadagni promessi dai suoi alleati francesi e britannici). Nessuna delle due “superpotenze” era in alcun senso “revanscista”, o, come gli Stati Uniti oggi chiamano la Cina, “revisionista”.

In secondo luogo, la rivalità degli ex alleati era uscita allo scoperto già nel 1947, ma a quel punto il boom economico del dopoguerra cominciava a prendere forma. I tassi di crescita erano ovunque vigorosi, si era entrati nel periodo che i francesi chiamavano “Les trente glorieuses”. Quando il boom termina, all'inizio degli anni '70, le regole erano già state stabilite. La politica statunitense formulata nel 1947 era basata sul “contenimento” del “comunismo” piuttosto che sul suo abbattimento (come l'occidente aveva cercato di fare con la nascente repubblica sovietica nel 1918). Dopo il 1945 l'URSS stalinista si era accontentata della visione teleologica che l'Occidente capitalista sarebbe inevitabilmente imploso e avrebbe quindi adottato quello che si ostinavano a chiamare il “socialismo realizzato” (ma che i marxisti rivoluzionari hanno sempre visto come un modello di Capitalismo di Stato). In realtà l'URSS aveva le sue proprie contraddizioni capitalistiche e si è trovata con molti dei problemi che l'Occidente ha dovuto affrontare dopo il 1973 (incluso un aumento degli scioperi). Dati i tassi di crescita in diminuzione, non poteva più finanziare la sua presenza imperialista all'estero né soddisfare i bisogni della sua popolazione in patria. Le soluzioni di Gorbaciov gli hanno però inimicato la nomenclatura che, cercando di rovesciarlo, ha fatto crollare l'intero castello di carte che era l'Unione Sovietica.

Ma per capire il significato della guerra attuale dobbiamo capire cosa c'è di diverso oggi rispetto alla guerra fredda. In primo luogo il boom del dopoguerra è così lontano che solo quelli di noi di una certa età possono ricordarlo. In secondo luogo, la Russia è una potenza insoddisfatta e sta cercando di riappropriarsi di almeno alcune delle sue vecchie sfere d'influenza.

Prendiamo questi due fattori separatamente.

La lunga fase finale del ciclo di accumulazione

La fine del boom del dopoguerra è stato uno shock per i fan del capitalismo e in effetti pochissimi marxisti hanno riconosciuto che il miracolo economico non era dovuto all'intelligenza del barone Keynes, ma al fatto che la seconda guerra mondiale aveva distrutto così tanto valore, da rendere possibile un nuovo ciclo di accumulazione. Negli anni '70 la festa era finita. La tendenza costante del tasso di profitto a cadere comincia a riaffermarsi e l'abbandono dell'accordo di Bretton Woods del dopoguerra, secondo il quale il dollaro valeva quanto l'oro, apre un nuovo periodo di inflazione e disoccupazione. Fu questa situazione che ha portato molti di noi nel Regno Unito a scoprire le idee della sinistra comunista. Abbiamo visto che la crisi era alle fondamenta del sistema e non si trattava solo di uno “shock petrolifero” come ci raccontavano all'epoca. Prendendo spunto dalla storia, abbiamo immaginato che la crisi avrebbe prodotto in breve tempo non solo attacchi massicci alla classe operaia, con il capitalismo che cercava di strappare più profitti agli sfruttati, ma avrebbe intensificato la spinta imperialista verso una guerra generalizzata. Socialismo o barbarie erano di nuovo all'ordine del giorno. E così è stato, in questo moderno mondo capitalista, in cui gli stati avevano un maggiore controllo sul mercato rispetto all'inizio del XX secolo, abbiamo ormai assistito a tutti gli espedienti a cui i capitalisti potevano ricorrere per mantenere a galla il sistema.

Si è cominciato con l'abbandono in molti stati del controllo dei vertici dell'economia e si è continuato con la deregolamentazione della finanza. Il capitale bancario riacquista nelle potenze capitalistiche tradizionali un'importanza che non aveva avuto sotto il keynesimo. Questi fattori hanno portato a una parziale deindustrializzazione delle vecchie potenze capitaliste e al trasferimento dei loro investimenti verso economie a basso salario. La globalizzazione è stata una cooperazione in gran parte tra l'Occidente (principalmente il capitale finanziario statunitense) e la Cina. È stata una relazione simbiotica che ha portato crescente ricchezza a una nuova classe media cinese mentre merci a basso costo potevano essere inviate agli stati ricchi di capitale per attutire il colpo dei tagli ai salari reali che sono andati avanti dalla fine degli anni '70. Mentre la finanza occidentale si rimpinzava di capitale speculativo, la ricchezza maturata in Cina ha cambiato l'equilibrio dell'economia mondiale. Gli ideologi occidentali avevano pensato che l'adozione dell'economia di mercato avrebbe automaticamente messo fine al dominio del partito comunista cinese. Questo non solo non è successo, ma ha aumentato il potere globale della stessa Cina. Una Cina che è diventata sempre più assertiva ed è ora apertamente chiamata “revisionista” dall'attuale presidente degli Stati Uniti. Biden ha anche annunciato che la Cina non diventerà mai la prima potenza mondiale sotto i suoi occhi. Ora però la politica occidentale, specialmente quella statunitense, sta costringendo la Cina e la Russia in un'alleanza che sta diventando sempre più stretta sia economicamente che militarmente.

Dopo il 1991

Abbiamo già parlato dettagliatamente di questo nel nostro articolo sul sito su Ucraina e Taiwan, ci limiteremo quindi a ricordare ai compagni i due fattori chiave che hanno portato all'attuale aggressione russa. Dopo il crollo dell'URSS, economisti americani come Larry Summers e Jeffery Sachs andavano dicevano ai russi di privatizzare tutto immediatamente. Il risultato fu un disastro economico che sotto Eltsin ha visto l'economia precipitare e ancora peggio l'economia privatizzata cadere nelle mani di coloro che erano riusciti a mettere le mani sul denaro contante (e non sempre legalmente) creando una classe di oligarchi russi che principalmente proveniva dal vecchio apparato. Quando Putin, che si era dimesso dal KGB alla caduta dell'URSS, è salito al potere, ha messo questi oligarchi in ginocchio, incarcerando o costringendo all'estero coloro che non si adeguavano alla linea dello stato. Putin ha anche iniziato a ristabilire il potere sovietico all'interno dei suoi vecchi confini cominciando schiacciando i ribelli ceceni. E' stato poi fortunato che i prezzi del petrolio e del gas sono andati salendo, così che gli è stata attribuito il merito della rinascita economica. Da allora, sfruttando la popolarità iniziale, non ha esitato ad assassinare gli oppositori e a truccare le elezioni. Ha però costantemente inveito contro le promesse non mantenute dell'Occidente sul fatto che la NATO non sarebbe arrivata fino ai confini della Russia. Nel 2005 in un discorso al Cremlino ha detto che il crollo dell'URSS è stato “il più grande disastro geopolitico del nostro tempo”. Non stava lamentando la perdita del sistema stalinista, ma la debolezza dello stato russo conseguente.

L'espansione della NATO è continuata dopo che Putin è stato eletto presidente nel 2000. La crisi attuale ha proprio qui le sue radici. Gli Stati baltici hanno aderito nel 2004 portando la NATO a un paio d'ore di strada dalla città natale di Putin, San Pietroburgo. Nello stesso anno è iniziata la crisi ucraina, la rivoluzione arancione, finanziata e sostenuta da organizzazioni occidentali supportate dall'ambasciata statunitense e da personaggi come John McCain (quello di “Bomb Iran”), ha rovesciato l'elezione fraudolenta di Victor Yanukovich. Un paio di anni dopo Putin ha risposto accusando l'Ucraina di travasare il gas dai gasdotti che attraversano il suo territorio e ha persino tagliato le forniture di gas all'Europa per alcuni giorni per sottolineare il potere della Russia. Anche la rivoluzione arancione, che avrebbe dovuto portare l'Ucraina nelle orbite dell'UE e della NATO ha cominciato a crollare. L'economia dell'Ucraina, come quella russa, è dominata dagli oligarchi. La differenza è che Putin ha i suoi oligarchi sotto controllo. In Ucraina gli oligarchi promuovono alla carica di presidente le loro creature e questo ha portato al crollo spettacolare dell'alleanza di Yushchenko e Timoshenko così che gli oligarchi del Donbass sono riusciti a far tornare Yanukovich come presidente legittimamente eletto. Yanukovich aveva promesso nelle elezioni di tenersi fuori dalla NATO, ma di lavorare per entrare nell'UE. Quando improvvisamente si è ritirato dai colloqui con l'UE nel 2014, le forze filo-occidentali, incoraggiate dall'ambasciata statunitense e finanziate dalle stesse organizzazioni del 2004, sono scese di nuovo in piazza nel cosiddetto Maidan. Fallita la prima ondata di repressione, Yanukovich fugge a Mosca e la guerra civile tra gli ultranazionalisti di entrambe le parti inghiottisce il Donbass. I separatisti filorussi avrebbero probabilmente perso se Putin non avesse inviato rinforzi. In 14.000 sono morti allora e da allora in quello che è stato un conflitto continuo “a bassa intensità” fino all'invasione del 24 febbraio.

Il conflitto attuale

Come abbiamo scritto nell'articolo di Revolutionary Perspective n.19, la crisi si è aperta con la reazione di Putin al riarmo e alla riorganizzazione dell'esercito ucraino con l'aiuto della NATO. La sua soluzione è stata di accumulare truppe sul confine per minacciare l'invasione. Per tutto il 2021 il numero di queste truppe è aumentato e diminuito a seconda della minaccia proveniente dall'Occidente. Quando Biden ha fatto gesti concilianti in estate sono stati ritirati 10.000 soldati, ma quando gli ucraini hanno annientato con successo una batteria di artiglieria separatista russa con un drone fornito dalla Turchia, membro della NATO, altre truppe sono arrivate al confine del Donbas seguite da manovre militari in Bielorussia. I negoziati frenetici non hanno dato a Putin nulla di ciò che voleva – in particolare la neutralità dell'Ucraina. Infatti, dato il sostegno che stava ricevendo dagli Stati Uniti, l'intenzione ucraina di aderire alla NATO si è rafforzata piuttosto che ammorbidita. Intorno alla prima settimana di febbraio Putin è passato dal poker diplomatico alla pianificazione della roulette russa nucleare.

Putin non solo ha invaso l'Ucraina, ma ha anche minacciato una guerra nucleare contro qualsiasi intervento esterno. Già l'8 febbraio Putin avvertiva Macron che “Non abbiamo la stessa potenza della NATO, ma abbiamo le armi nucleari”. Ha proseguito il giorno dell'invasione ringhiando: “Chi cercherà di interferire con noi deve sapere che la risposta della Russia sarà immediata e porterà a conseguenze che non avete mai sperimentato prima”. Secondo Le Figaro, il ministro degli Esteri francese Le Drian replicava: “Vladimir Putin deve anche capire che l'Alleanza Atlantica è un'alleanza nucleare”.

Ciò che rende tali sciabolate ancora più preoccupanti è che sappiamo che entrambe le parti hanno preso in considerazione l'uso delle cosiddette armi nucleari tattiche “sul campo di battaglia”. Tuttavia è improbabile che tutto si fermi qui, soprattutto perché viviamo in un'epoca imperialista, un'epoca di guerra totale dove “il campo di battaglia” è ovunque (come i cittadini di Mariupol sanno fin troppo bene). Sappiamo anche che il National Intelligence Council degli Stati Uniti nel marzo 2021 ha inviato un rapporto a Biden in cui si conclude che l'uso di armi nucleari “è più probabile in questo ambiente geopolitico competitivo”. La progressiva crisi economica globale sta costringendo i vari attori imperialisti a prepararsi sempre di più a una guerra generalizzata. Il comandante uscente delle forze statunitensi del Pacifico, l'ammiraglio Davidson, ha previsto che una tale guerra si verificherà entro i prossimi 6 anni, anche se la vede prima di tutto con la Cina.

E ciò che sta accadendo in questa invasione dell'Ucraina è l'esatto contrario di ciò che entrambe le parti vogliono. Le loro azioni hanno solo consolidato lo schieramento imperialista dei loro nemici. Putin è riuscito a ravvivare l'unità dell'alleanza occidentale più di qualsiasi presidente americano. Nel frattempo l'insistenza dell'Occidente nel portare le forze della NATO fino ai confini della Russia ha costretto la Russia a diventare sempre più dipendente dalla Cina sia in termini di commercio che di cooperazione militare. Più gli Stati Uniti si riferiscono alla Cina come una potenza “revisionista”, più essa si porta all'altezza di questo titolo e la stessa Cina, anche se non così disperata come la Russia, non ha fatto mistero del suo obiettivo di diventare lo stato più potente del mondo entro la metà del secolo. Proprio come la violenza russa sta unendo le potenze della NATO, le sanzioni occidentali stanno avvicinando le due potenze eurasiatiche.

Come abbiamo detto molte volte, il cambiamento climatico non è l'unica minaccia per il nostro futuro e la minaccia di una guerra imperialista generalizzata è ora più vicina che mai dal 1945.

La risposta della classe operaia?

Ciò che rende la situazione ancora più drammatica è che arriva alla fine di un lungo periodo di ritiro della classe come conseguenza della ristrutturazione imposta dalla crisi. Quella crisi non è passata. Il sistema capitalista globale è strapieno di debiti da quando gli stati hanno salvato le banche dopo il 2008. Un decennio di austerità non ha portato alla ripresa e verso la fine del 2019, prima che la pandemia colpisse, le tensioni sociali stavano già crescendo. Da allora la situazione è solo peggiorata. Anche prima di ottenere un certo controllo della pandemia grazie ai vaccini, gli stati si sono ovunque preparati per far pagare ancora una volta alla classe operaia i fallimenti del sistema. La guerra in Ucraina sta esacerbando tutto. I prezzi del carburante stanno aumentando e la perdita del grano ucraino (13% del totale mondiale) verso i mercati del Medio Oriente e del Nord Africa sta già segnalando il rischio di rivolte alimentari come quelle che hanno preceduto la “primavera araba”.

Cosa possono fare i lavoratori e i rivoluzionari? Tutte le situazioni di guerra iniziano con una marea di propaganda e bugie. Il “fortunato Belgio” nel 1914 si rispecchia nell' “eroica Ucraina” nel 2022. Il fervore nazionalista verrà fomentato e qualsiasi settore di lavoratori che si muova anche solo per difendere il proprio livello di vita sarà denunciato come “traditore della nazione”. Anche il vero disastro umanitario che si svolge sugli schermi di fronte a noi sarà usato per sostenere la mobilitazione bellica in Occidente. Viene già citato da alcuni (di solito generali in pensione) come giustificazione per ampliare la guerra.

Dobbiamo prendere spunto dalle azioni dei lavoratori nel passato. Quando Lenin nel 1914 chiamò al “disfattismo rivoluzionario” fu deriso. Ma quello che stava facendo era stabilire una via per il futuro, una guida politica ad una lotta che non era ancora iniziata. Nelle sue opere dei due anni successivi delineò le posizioni classiche del marxismo partendo dalla premessa che ”I lavoratori non hanno patria". Invocava l'opposizione a tutte le forme di militarismo, alle annessioni imperialiste e allo stesso tempo la fraternizzazione tra i lavoratori, compresi quelli in uniforme, e soprattutto la necessità di trasformare la guerra imperialista in una guerra di classe. Allo stesso tempo attaccava coloro che nella Seconda Internazionale avevano abbandonato le posizioni di classe o per il pacifismo o per un vero e proprio appoggio all'uno o all'altro imperialismo.

Allora i rivoluzionari lavoravano sotto un'enorme pressione perché il massacro era già ben avviato. Oggi non siamo ancora nella guerra generalizzata, il che ci dà un po' più di tempo, ma come classe siamo stati in ritirata da quattro decenni. Dobbiamo cominciare a costruire un movimento internazionalista che sia allo stesso tempo contro la guerra e anticapitalista. Per capire cosa bisogna fare abbiamo la base programmatica ereditata dal passato rivoluzionario della classe operaia mondiale. Questo ci permette già di denunciare coloro che rivendicano i titoli di “socialista”, “comunista” e “anarchico”, ma che poi si schierano con uno dei fronti imperialisti visto come il “male minore”. Dobbiamo anche rifiutare il pacifismo. Il nostro slogan non è solo “No alla guerra” come alcuni coraggiosi in Russia usavano dopo la guerra. “No alla guerra” significa solo smettere di combattere e tornare dove eravamo (questa era la posizione di Kautsky nel 1914). A noi non piaceva dove eravamo prima, dobbiamo far vedere alla classe operaia il legame tra la guerra e il sistema capitalista in crisi. L'unica soluzione alle guerre è liberarsi del capitalismo che le genera.

Non dobbiamo scoraggiarci dall'iniziale mancanza di risposte. Una immediata e ampia risposta di classe è improbabile. Dobbiamo ricordare che sebbene sia stata la rivoluzione della classe operaia a porre fine al primo massacro imperialista mondiale, quel processo è iniziato solo dopo tre anni di crescente miseria, massacri e sofferenze. Stiamo ancora attendendo la rinascita della lotta di classe e questa deve affrontare molti ostacoli. A parte l'eredità di decenni di ritiro, che non è un fattore da poco, per i lavoratori di tutto il mondo c'è una montagna di propaganda da superare.

Ci sono comunque alcuni segnali positivi. Anche prima che scoppiasse questo conflitto c'erano gruppi di lavoratori in sciopero che cercavano nuovi modi per organizzare la resistenza allo sfruttamento. Negli USA, in Spagna e in Turchia abbiamo avuto un numero crescente di scioperi causati dai prezzi salgono e dai salari fermi. In Iran i lavoratori del petrolio hanno escogitato modi ingegnosi per tener viva la lotta. E gli operai iraniani di Haft Tappeh, che l'anno scorso hanno invocato nuovi soviet, hanno rilasciato diverse dichiarazioni contro la guerra che collegano al sistema:

I capitalisti e i governi capitalisti usano le loro politiche per il profitto e gli investimenti in vari modi.
Repressione, arresti e imprigionamenti, torture e esecuzioni, disoccupazione e mancanza di case, e a volte la guerra e l'uccisione di persone innocenti che non hanno alcun ruolo o non ottengono alcun beneficio dalla guerra, tranne la morte e il fatto di trasformarsi in profughi.
Questa guerra non è la nostra guerra!
La nostra guerra è la guerra della classe operaia contro la classe capitalista, contro l'oppressione, lo sfruttamento e la discriminazione.
Smantelliamo i governi capitalisti in tutte le parti del mondo per liberarci della guerra, dell'insicurezza, della povertà, ecc.
Viva la solidarietà internazionale della classe operaia! (Presa di posizione della Haft Tappeh Workers)

Abbiamo persino letto di scioperi spontanei in Russia contro il crollo del rublo a causa della guerra. (che hanno portato lavoratori migranti turchi a Kazan a ottenere un grande aumento). Sarebbe ancora più incoraggiante se la classe operaia russa in generale seguisse il loro esempio. Dato il crollo del rublo questo sembra già possibile. Non ci devono essere più sacrifici per il capitalismo né in guerra né in pace.

La classe operaia rivoluzionaria ha solo due armi: la sua coscienza e le sue organizzazioni. L'una è legata all'altra. Quanto più gli operai sono coscienti del funzionamento del sistema, tanto più vedranno la necessità di organizzarsi. Questa organizzazione prenderà forme diverse ma, da un lato, si dovrà cercare di unire il grosso delle forze in assemblee, comitati di sciopero e consigli, mentre dall'altro sarà necessaria una bussola politica. Questa sarà sempre una minoranza e non si formerà per caso, ma grazie agli sforzi coscienti dei lavoratori rivoluzionari che collegano la lotta quotidiana e la lotta contro la guerra imperialista a un futuro diverso e migliore. Nel corso degli anni abbiamo visto troppi esempi in cui la mancanza di un'organizzazione politica della classe ha portato movimenti promettenti a decadere accodandosi a programmi democraticistici o piccolo-borghesi. Dobbiamo fare politica e avere un'organizzazione internazionale guidata da un programma che la grande massa della classe possa sottoscrivere – un programma che bandisca lo sfruttamento capitalista e i suoi stati. Nessuno può far finta che questo sia facile, ma abbiamo una nuova generazione di giovani lavoratori che si avvicina alla sinistra comunista internazionalista, una generazione più istruita e meno integrata nel sistema. È a loro che dobbiamo guardare per costruire la nuova internazionale. Questa crisi bellica evidenzia che dobbiamo uscire e portare questo messaggio agli strati più ampi della classe operaia mondiale. Solo questo può salvare l'umanità dagli orrori che il capitalismo ci impone, presenti e futuri.

La discussione

Il punto fondamentale dell'introduzione, ovvero che stiamo vivendo un punto di svolta fondamentale nella storia dell'imperialismo, è stato accettato dalla maggior parte dei partecipanti. Tuttavia, alcuni hanno sostenuto che la situazione non è poi così grave, perché le alleanze necessarie per un conflitto più generalizzato non sono ancora in atto. La classe operaia europea, sostenevano, non può ancora essere mobilitata per la guerra e il consolidamento dei blocchi è ancora frammentario (indicando il fatto che NordStream 2 è sospeso non eliminato e che la Turchia è ambigua nelle sue relazioni con entrambe le parti). Altri sembravano accettare che l'invasione dell'Ucraina sia un passo serio verso una guerra generalizzata, ma non ne traevano la conclusione che ciò su cui ci si deve concentrare è come i rivoluzionari debbano rispondere. La situazione, ha sostenuto un partecipante, è più cupa di come l'abbiamo dipinta. Non sarebbe analoga né al 1914 né al 1939 e non esistono né la visione generale di un'alternativa alla società capitalista né il programma comunista per realizzare una nuova società.

Alcuni compagni hanno tentato di affrontare la situazione attuale, i più precisi provenivano dalla CCI e dall'AWW. Il primo ha sostenuto che la sinistra comunista dovrebbe produrre una dichiarazione comune contro la guerra, sostenendo che avrebbe un peso maggiore in quanto dichiarazione proveniente dalla sinistra comunista nel suo complesso. L'esponente dell'ICC sembrava dare per scontato che noi avessimo già respinto la proposta, ma il presidente della riunione ha sottolineato che non solo abbiamo accettato la proposta della CCI di due settimane prima, ma abbiamo risposto entro 2 giorni. Abbiamo chiesto alla CCI di chiarire la sua posizione sulla guerra in corso e a chi riteneva dovesse essere inviato l'appello che non aveva ancora redatto, ma due settimane dopo non abbiamo ancora ricevuto alcuna risposta.

Il compagno dell'AWW si è concentrato sul fatto che i lavoratori di Merseyside si sono rifiutati di scaricare le navi russe come indicazione di un possibile inizio di resistenza di classe. Ha poi informato la riunione che l'AWW aveva firmato il Transnational Social Strike document, anche se “un po' pacifista”, come un modo per ottenere una più ampia cooperazione nella lotta contro la guerra e che oltre 100 organizzazioni in tutto il mondo lo avevano firmato.

I compagni del CWO hanno risposto che sfortunatamente il boicottaggio delle merci russe a Merseyside, come altri nel Regno Unito e in tutta Europa, erano in realtà guidati dai sindacati, che come sempre si identificando con il capitale nazionale facendo il lavoro per conto dei padroni. Non erano azioni di classe indipendenti contro entrambe le parti in questa guerra. Siamo stati anche molto critici nei confronti dei firmatari del documento Transnational Social Strike che include non solo socialdemocratici riformisti, ma vari sostenitori delle liberazioni nazionali (imperialisti mentecatti che possono identificarsi con l'Ucraina in questa guerra contro un attaccante più potente).

Il contributo più significativo è venuto da un compagno che si è unito alla riunione dalla Russia. Ha raccontato che prima dell'attacco ogni TV russa diceva che le voci di un'invasione erano “isteria occidentale” e così via. Persino il ministero degli esteri sembrava non avere idea che fosse in arrivo un'invasione e sembrava stupito quando è successo. Ha aggiunto che le sanzioni occidentali stavano solo consolidando la presa del regime di Putin sulla popolazione russa che si è bevuta le bugie del regime sulle “operazioni militari speciali”. I preparativi per un conflitto più ampio da entrambe le parti stanno aumentando.

Un compagno del CWO ha riportato la discussione alla questione più ampia, ponendo la questione su come si pone la Cina in relazione a questa guerra. Questo ci ha permesso di sviluppare il punto principale che il mondo si sta chiaramente dividendo in due campi sia militarmente che economicamente. Dietro l'Ucraina ci sono gli Stati Uniti e dietro la Russia la Cina. Questi sono i veri antagonisti e già la Cina sta cautamente aiutando la Russia sia economicamente che militarmente.

Abbiamo concluso l'incontro ringraziando i compagni per la partecipazione – è stato davvero un segno che hanno riconosciuto la grave situazione in cui il mondo sta precipitando. Da parte nostra pensiamo che i comunisti di oggi siano preparati programmaticamente ad affrontare la crisi riconoscendo che questa è l'ultima, inevitabile tappa della crisi decennale del capitalismo e che stanno imparando dall'esperienza della classe operaia del passato. Sappiamo che l'invasione dell'Ucraina è solo un episodio di una situazione sempre più pericolosa che minaccia di diventare più generalizzata se non ora, certamente più tardi. Anche il governo britannico nel marzo 2021 ha tranquillamente invertito quattro decenni di riduzioni delle armi nucleari e si è impegnato ad aumentare le sue scorte nucleari del 40%. Il problema rimane che non abbiamo ancora una resistenza di classe di massa agli attacchi del capitale, e non l'abbiamo avuta per molto tempo. Si può avere tutta la preparazione teorica che si vuole, ma i rivoluzionari al di fuori di un vero movimento di classe sono impotenti. C'è bisogno di una nuova internazionale operaia rivoluzionaria per contribuire alla creazione di un tale movimento, e per agire come guardia contro la penetrazione di idee anti-classe operaia nella lotta. Abbiamo visto come i precedenti movimenti promettenti non hanno dato vita a nessuna formazione politica e senza di essa la conseguenza è sempre quella di finire o nella sconfitta e nella dispersione o, peggio, nella morsa di un nuovo movimento interno all'ordine capitalista. Il documento dello Sciopero Sociale Transnazionale ci sembra che vada in quest'ultima direzione. Ovviamente c'è un grande salto da dove siamo ora a una vera internazionale, quindi la nostra proposta è lo sviluppo del movimento No War But Class War che è iniziato originariamente nel Regno Unito nel 2002-3 contro l'avventura imperialista in Iraq. Questo va oltre i confini limitati della “sinistra comunista” per abbracciare individui e organizzazioni che capiscono cosa significa il disfattismo rivoluzionario. Significa andare oltre l'attuale slogan di “no alla guerra” per “abbasso la guerra”, e il sistema capitalista che produce la guerra imperialista. Ora dobbiamo sviluppare questo su scala internazionale. E non ci si può accontentarsi di dichiarazioni cartacee, per quanto siano essenziali – il nostro obiettivo deve essere quello di organizzare e portare questo alla classe operaia mondiale, perché solo gli sfruttati possono mettere fine ai continui massacri che il capitalismo continua a produrre.

Mercoledì, June 1, 2022

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.