Stellantis: 4704 esuberi a Melfi

Ad onor del vero e per la precisione, il titolo del “il manifesto” (3 Luglio 2022), si concludeva con “avanza lo spettro del disimpegno”, e per noi comunisti, quando si parla di spettri, la mente non può che andare a quello che si aggirava in Europa nel 1848: il comunismo. Capiamo che per un giornale che si definisce “comunista” e che usurpa impunemente perfino il nome: Il manifesto (del partito comunista), dev’essere dura digerire “lo spettro del disimpegno”…capitalista, perché è di questo che si tratta. Mon dieu, ti prego, dammi il mio padrone. Questo è il sermone quotidiano che ci ripetono da decenni questi servi padronali che, in buona compagnia, si spacciano per difensori e paladini della bistrattata classe operaia. L’anelito di speranza che ancora mantiene viva la loro fiamma di una società più giusta è tutta riposta nella ricerca di buoni, capaci e onesti padroni.

Certo è anche comprensibile il loro atteggiamento di fronte ai rivolgimenti economico sociali oramai all’ordine del giorno. La fottuta paura, lo spettro appunto, di non poter più garantire il posto di lavoro a “buon prezzo”. Adesso scopriamo che i civil signori, con triplo salto mortale, i licenziamenti li chiamano “disimpegno”! Un secolo fa i proto-barbari della classe operaia avevano il cattivo gusto di chiamarli proprio così: licenziamenti. Questi maiali di Orwelliana memoria, succhiatori del sangue dei proletari, che si rotolano nel loro lussuoso porcile tengono sempre l’occhio puntato verso “la Franza e la Spagna purchè se magna”. Punto. Poi si capisce ci sono anche i cortigiani. nel variegato mondo della sinistra radicale e del sindacalismo di base, che, gira e rigira, pur nella “doverosa” critica del cattivone e malvagio capitalismo, lasciano sempre intendere che in fondo in fondo una raddrizzata a questo imbelle mondo la si può sempre dare. Non disdegnando di buttare l’occhio, di tanto in tanto, verso la Spagna.

Ma veniamo a Stellantis. Breve premessa. La società (quarto gruppo automobilistico al mondo), nasce dalla fusione tra FCA e PSA. La scelta del nome deve aver riunito in conclave i migliori cervelli del gruppo che, dopo aver sudato le proverbiali sette camicie, sono usciti con la grande trovata: Stellantis! Neanche Einstein. Infatti il nome deriva dal verbo latino “stello” e significa, pensate un po', “essere illuminato di stelle”, dal che se ne deduce che i lavoratori del gruppo sono sotto la protezione di Zeus e di Astreo, titano delle stelle, ma anche dio delle profezie, molto utile nel caso specifico. Se i dipendenti di Stellantis vogliono sapere il loro futuro, possono rivolgersi direttamente a lui anziché al Ceo del gruppo, il portoghese Carlos Tavares.

Quest’anno il gruppo, a gennaio, ha spento la sua prima candelina. Tavares invece fin dalla nascita di Stellantis, in onore di Astreo, ma soprattutto del dio profitto, il dio di tutti gli dei, ha acceso i fuochi artificiali che ancora non accennano a spegnersi, contro la classe operaia: “in Italia costi di produzione troppo alti” (Il sole 24 ore 19/01/2022). E giù botte da orbi. Riorganizzazione e ristrutturazione, puntano a incrementare vieppiù i ritmi di lavoro. La competitività innanzitutto. Sempre nella stessa intervista: “i costi di produzione negli impianti del nostro paese sono significativamente più alti per unità assemblata, a volte il doppio, (sic! balla sesquipedale) rispetto alle fabbriche di altri paesi europei”. Come il suo misero stipendio più del doppio rispetto al suo omologo della Volkswagen, (19 milioni di euro contro gli 8), e soltanto 758 volte il salario medio di un operaio Stellantis. Più che un portoghese sembra un napoletano “chiagni e fotti”.

Intanto ne sanno qualcosa i lavoratori del gruppo. A fine maggio vi è stato uno sciopero a Mirafiori carrozzeria che ha “bloccato”, si fa per dire, la produzione della 500Bev (Veicolo elettrico a batteria), pensate un po', per un’ora, 60 sporchi minuti! Per chi sa cosa significhi una linea di montaggio, vuol dire semplicemente fare il solletico, vuol dire far perdere un’ora di salario agli operai e danneggiare quasi zero l’azienda. Ma alcuni, Fiom e Inchiesta Operaia, ci hanno visto addirittura il primo passo verso la società dell’avvenire. Sentite lo sbrodolamento: “I lavoratori e le lavoratrici delle Carrozzerie Mirafiori, si riappropriano della loro condizione.” (Qualunque cosa voglia dire). La conclusione è da premio Oscar: “Le nostre vite valgono più dei vostri profitti.” Oh parbleu! Chi l’avrebbe mai detto. Peccato solo che le strade dei vostri baciamano ai padroni, sono lastricate di accordi dove il profitto è l’unico re a cui vi siete sempre inchinati con grande devozione.

Ma questo è il ruolo del sindacato in qualunque veste e colore esso si presenti, dal bianco al rosso più splendente: mediatore della vendita della forza-lavoro. Al “rialzo” nei momenti di sviluppo delle forze produttive, ma sempre dentro le compatibilità del capitale, al ribasso (senza virgolette) quando la crisi economica morde come ora e la caduta tendenziale del saggio di profitto non consente nemmeno una pagnotta in più nelle buste paga. Pertanto anche quegli scioperetti del cazzo vengono proclamati cercando di disturbare il manovratore il meno possibile.

La stessa notizia degli esuberi di Melfi sembra quasi un segreto di Stato. Silenzio assoluto dei media e della carta stampata, lo stesso Manifesto, dopo aver dato la notizia, ha chiuso la “bocca”. Solo il sito di “basilicata24.it” ne parla regolarmente, e le ragioni sono ovvie. E qui non si tratta neanche della pagnotta in più, ma di quella in meno. Sentiremo esplodere in un canto celestiale il Nostro banchiere di dio che esclamerà giulivo, nel ricordo di principesse e granduchesse, “se non hanno pane che mangino brioches”. Accusano Tavares , pensate un po’, di fare il padrone. Hanno la memoria corta. Evidentemente non si ricordano di Gianni Agnelli, di Cesare Romiti, dei 20 mila licenziamenti del 1980. Il portoghese in confronto è ancora un dilettante.

Ma pur nel suo “diletettantismo”, ha imparato presto. Quando si tratta di far quadrare i loro conti, sono insuperabili. Lo stillicidio di posti di lavoro continua inesorabile e riguarda quasi tutti gli stabilimenti italiani del gruppo. È solo del 7 luglio un altro accordo per “uscite volontarie” (la fantasia linguistica al servizio dei briganti). L'intesa siglata dai sindacati (sulla quale non entriamo nel merito tecnico-normativo se non per dire che si tratta di un altro taglieggiamento delle buste paga), prevede la riduzione del 3,7% (1.820 uscite “spintanee” che sommate a quelle del 2021 vanno ben oltre i 4.000 lavoratori) dell'occupazione complessiva in Italia, 49 mila dipendenti. Per comprendere meglio la dimensione di quanto stà accadendo, e di ciò che è successo nel settore automobilistico, ricordiamo che il solo stabilimento di Mirafiori nel momento del suo maggior “splendore”, contava 60 mila dipendenti. Al solito la verginella smarrita, la Fiom, non firma. Dopo aver firmato le più colossali cacate mondiali, fanno gli schizzinosi. Perché, come dice Simone Marinelli della Fiom-Cgil: “Non si può continuare a navigare a vista senza avere prospettive a medio, lungo termine...” Ah, quindi sti coglioni di Stellantis brancolano nel buio. Ma per favore!

Il futuro dell’auto è elettrico (esamineremo in un prossimo articolo la questione), e quindi lo stabilimento di Melfi dovrà riconvertirsi. Gli attuali 7 mila dipendenti si dimezzeranno, in quanto si passerà dalla produzione di veicoli a combustione a quelli elettrici. Vogliamo sottolineare, di sfuggita, che la produzione di veicoli elettrici prevedono molta più automazione e tecnologia in quanto hanno il 40% in meno dei componenti. Inoltre, la nuova organizzazione del lavoro manda in soffitta il just in time, che prevedeva la massima razionalizzazione dei magazzini, con il cosiddetto WCM (World Class Manufacturing) L’azienda cioè produce con la logica pull (cioè tirare), ovvero produrre a seguito dell’ordine del cliente. Quindi niente più scorte, niente più scarti ecc. Tutto ciò comporterà ulteriori tagli occupazionali, ovviamente sempre a vantaggio del capitale. La produzione attuale quindi (per ritornare a Melfi) lascerà il posto, si dice, a una Peugeot elettrica. L’incertezza per l’occupazione intanto regna sovrana.

Sono anni che la Fiat prima, FCA dopo e ora Stellantis fanno un uso della Cig a piene mani, inserendola a pieno titolo nella stessa organizzazione del lavoro, continuando la mangiatoia di soldi pubblici. La proprietà privata dei profitti, la proprietà pubblica dei debiti. L’ingegno borghese al servizio della propria panza. Il giugno scorso gli operai di Melfi hanno lavorato 7 giorni, e anche a luglio l’andazzo non è diverso. La colpa, si dice, pare sia dovuta alla mancanza di semiconduttori (microchip). Colpa o non colpa, per chi deve far quadrare i conti a fine mese è sempre più dura con un inflazione ufficiale a oltre il 7%, con una riduzione forzata delle buste paga, con mono reddito, figli e moglie a carico. Operai disperati che si dicono persino disposti a “pagare più tasse quando ci riprenderemo” e “Chiediamo aiuto a stato e azienda” (basilicata24.it , 11 luglio 2022). Quando si arriva a chiedere aiuto al proprio boia già pronto a mozzarti la testa, vuol solo dire che il lavoro della borghesia e di tutti i suoi lacchè, a partire dai sindacati e per finire con tutte le sedicenti organizzazioni radicali della cosiddetta sinistra, ha dato i suoi frutti, facendo terra bruciata della più elementare appartenenza di classe. La conferma ulteriore dell’insegnamento marxista che

La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale.

Il proletariato deve rimettere la schiena dritta e riappropriarsi della sua forza di classe rivoluzionaria, non deve invocare aiuto al suo boia e deve trasformare le sue lacrime in altrettante armi contro i parassiti della classe borghese.

TL
Lunedì, July 18, 2022