Finlandia e Svezia nella Nato

Spesso le dinamiche belliche conducono a risultati diametralmente opposti rispetto agli obiettivi perseguiti dai contendenti; il conflitto in Ucraina, intrapreso dalla Federazione Russa principalmente per ostacolare l’espansione della NATO nell’Europa dell’est, nei fatti ha accelerato l’allargamento dell’Alleanza Atlantica in una regione estremamente importante dal punto di vista geopolitico, il nord Europa (d’altro canto la guerra di “logoramento” in atto, grazie al fondamentale sostegno Occidentale – in primis statunitense - all’Ucraina, rischia di “consegnare” una Russia estremamente indebolita nelle mani della Cina).

Ovviamente non è tanto il pericolo immanente di un’invasione che ha spinto Svezia e Finlandia a chiedere l’ammissione alla NATO (le difficoltà incontrate in Ucraina non consentono certamente l’apertura, da parte dell’esercito russo, di un nuovo fronte), quanto la valutazione che Mosca voglia aprire una nuova fase politica, volta a ricostruire una propria sfera di influenza e riaffermare un proprio ruolo di primaria importanza nello scacchiere internazionale (ruolo in gran parte perso con il dissolvimento dell’Unione Sovietica).

Sia la Svezia che la Finlandia, per quanto formalmente “neutrali”, hanno collaborato militarmente con la NATO già dalla prima metà degli anni 90; hanno partecipato, per esempio, alle missioni di “peace keeping” nei Balcani ed in Afghanistan e hanno preso parte al “Planning and Review Process” (un programma che la NATO rivolge ai paesi non membri, ma in rapporti di collaborazione, al fine di condividere lo sviluppo di strutture militari simili).

Il rapporto di collaborazione, nell’attuale scenario geopolitico, non è tuttavia più percepito come una garanzia sufficiente di sicurezza militare; le priorità degli Stati Uniti si stanno modificando (sono sempre più impegnati nella regione dell’Indo-Pacifico, nel tentativo di contenere il “gigante cinese”) e l’Europa sta perdendo la centralità strategica che ha vissuto durante la guerra fredda.

In questo senso l’Ucraina, sebbene recentemente passata sotto l’orbita occidentale, non ha ricevuto nessun supporto militare diretto da parte degli Stati Uniti, che hanno preferito combattere questa guerra per procura (“fino all’ultimo ucraino”, qualcuno ha affermato con macabra ironia).

L’adesione alla NATO, con l’articolo 5 che impegna tutti membri a intervenire in caso di aggressione ad un paese dell’Alleanza, è stata pertanto considerata l’opzione più adeguata per consentire la copertura militare nell’attuale contesto geopolitico.

L’ingresso a pieno titolo della Svezia e della Finlandia sposta ovviamente ad est il fronte settentrionale di contenimento che la NATO esercita nei confronti della Russia; viene nei fatti a vanificarsi uno dei principali obiettivi che Mosca si proponeva all’inizio del conflitto, ossia la creazione di una zona “neutrale” che allontanasse dalle “porte di casa” l’Alleanza Atlantica (anche ammettendo che la Russia consegua una vittoria schiacciante in Ucraina – risultato tutt’altro che scontato -, riducendo quindi la pressione NATO sul fronte sud-orientale, questa verrebbe compensata del fronte nord-orientale).

Inoltre, con l’allargamento dell’Alleanza, il mare Baltico cade quasi totalmente sotto il controllo della NATO, con Kaliningrad accerchiata per terra e per mare.

Il rafforzamento a nord della NATO potrebbe inoltre modificare gli equilibri geopolitici nella regione artica; la presenza di giacimenti di idrocarburi e minerali sta infatti accrescendo l’interesse della maggiori potenze economiche per la gestione e lo sfruttamento delle risorse della regione (il progressivo scioglimento dei ghiacci, dovuto ai cambiamenti climatici, sta inoltre facilitando l’apertura delle rotte marittime). Una Scandinavia ormai unita sotto l’ombrello difensivo della NATO potrebbe determinare un’ulteriore accelerazione al processo di militarizzazione già in atto nell’area (la Russia, in questo senso, ha espresso “preoccupazione” per le recenti esercitazioni militari, svoltesi a marzo di quest’anno nel nord della Norvegia, delle forze NATO, con la partecipazione di truppe svedesi e finlandesi).

È quindi molto probabile che l’allargamento dell’Alleanza Atlantica possa comportare, nel medio periodo, un’accentuazione degli attriti e delle tensioni fra i contrapposti fronti imperialisti.

Indubbiamente le guerre, per procura o meno, la ricomposizione dei fronti militari, la corsa agli armamenti, sono fenomeni che da sempre caratterizzano, a fasi alterne, la vita del capitalismo; l’intensità e l’estensione del manifestarsi di questi fenomeni non è tuttavia arbitraria, ma correlata alla fase di accumulazione del capitale.

Chi da tempo segue la nostra stampa conosce quella che a nostro avviso, in base all’analisi marxista, costituisce la fondamentale ed ineliminabile contraddizione del modo di produzione capitalistico, ossia la caduta tendenziale del saggio del profitto (ovvero il rapporto decrescente fra plusvalore prodotto e il capitale complessivo anticipato); l’esprimersi di questa contraddizione, oltre ad avere ricadute dirette nel mondo economico (si pensi alla tumultuosa crescita della speculazione finanziaria –ossia la spasmodica ricerca di remunerazione di capitali che non trovano sufficienti occasioni di valorizzazione nella sfera produttiva -), inevitabilmente condiziona le politiche interne (ridimensionamento dello “stato sociale”, attacco al mondo del lavoro..) ed i rapporti internazionali (1).

Lo scontro inter-imperialistico in atto non è quindi un fenomeno contingente, accidentale (frutto magari della folle scelta di un autocrate), ma è figlio dell’attuale situazione di crisi che il capitalismo sta vivendo da decenni a livello internazionale; l’aggressività delle diverse potenze (per il controllo delle materie prime, delle risorse energetiche, dei mercati ecc.) è quindi destinata ad accrescersi con l’approfondirsi della crisi stessa.

Lo schierarsi dalla parte di uno dei due contendenti (in nome del “diritto all’indipendenza dei popoli”, della difesa dei “sacri confini”, ecc.) mistifica la natura stessa del conflitto, non mettendo assolutamente in discussione il contesto economico e sociale che costituisce il fondamento stesso del potere politico e delle sue espressioni. Pretendere che nel capitalismo (in particolare nella fase imperialista che stiamo vivendo) le relazioni internazionali non siano basate su una logica di potenza e che questa logica non sia correlata alle esigenze di valorizzazione del capitale, significa ignorare le basi concrete del problema; per contrapporsi alla guerra è in primo luogo necessario contrapporsi al capitalismo, alle sue politiche di egemonia o di presunta difesa, al suo stato, alle sue istituzioni (“il nemico è in casa nostra”), non astrattamente rifiutare ogni forma di violenza.

La guerra in Russia sta accelerando sia la ricomposizione dei fronti imperialisti che le dinamiche della crisi economica; focolai di lotta di classe potrebbero presto ripresentarsi nello scenario internazionale, ma sarebbero presto destinati a trasformarsi in sterili rivolte in assenza di un partito comunista che sappia incanalarle nel percorso rivoluzionario. La ricostruzione di un’avanguardia politica del proletariato internazionale rappresenta pertanto una priorità per tutti quelli che si contrappongono alla carneficina imperialista, per l’edificazione un nuovo ordine senza sfruttamento, confini e guerre, un mondo comunista.

GS

(1) Per approfondire il tema della caduta del saggio di profitto si consiglia “Il capitalismo è crisi. Considerazione e verifiche sulla caduta del saggio medio di profitto”. Fabio Damen. Edizioni Prometeo.


Letture consigliate:

  • “Il Baltico torna strategico.” Milos J Corse. Limes –rivista italiana di geopolitica- n. 5/2022.
  • “La Svezia nella NATO cambia l’equazione Baltica”. Magnus Christiansson. Limes. n. 5/2022.
  • “La NATO non userà la Finlandia per minacciare la Russia” Intervista di Erkki Kuniova. Limes n. 5/2022.
  • “La profezia di Koivisto: così la Finlandia abbandonerà la neutralità”. Luigi G. De Anna e Nicola Guerra. Limes n. 5/2022.
  • “Il rafforzamento della Nato nel grande nord.” Francesco Marino 19 maggio 2022. Treccani.it
  • “Finlandia e Svezia infrangono l’ideale nordico”. Heikki Patomaki. Le Monde diplomatique. Giugno 2022.
  • “Svezia e Finlandia nella Nato: scacco sul Baltico, ma non è tutto oro quello che luccica.” Karolina Muti. 01/06/2022. Ispionline.it
  • “L’allargamento della Nato: prospettive dell’ingresso di Svezia e Finlandia.” Andrea Carati. 27 giugno 2022. Ispionline.it
Venerdì, September 2, 2022