Brasile: la “plebe” bolsonarista all'assalto dei palazzi istituzionali. Qualche considerazione.

L'assalto da parte della marmaglia bolsonarista ai palazzi delle massime istituzioni brasiliane, l'8 gennaio, dalle evidenti analogie con l'invasione e la devastazione del Congresso due anni fa a Washington, merita un commento, benché, in termini di valutazione politica, ci sia poco e niente da aggiungere rispetto a quello che scrivemmo in occasione della “invasione barbarica” architettata da Trump, allora presidente uscente. Le analogie, appunto, sono molte: sia Trump che Bolsonaro si sono rifiutati di riconoscere la vittoria dello sfidante, era stata orchestrata una battente campagna mediatica volta a delegittimare a priori la probabile vittoria dell'avversario, (poi avvenuta, anche se meno netta del previsto), aumentando la potenza di fuoco delle fake news, ossia di balle stratosferiche, alle quali solo una massa fanatizzata, imbevuta di superstizione, odio, paura, impastata di irrazionalismo può credere. Questo tambureggiamento crescente aveva lo scopo di eccitare e attivizzare la feccia sociale che costituisce la base militante, diciamo così, del trumpismo/bolsonarismo, per portarla a fare quello che ha fatto.

Altro aspetto che i due assalti hanno in comune è l'ovvia connivenza di una parte delle forze dell'ordine (polizia, esercito, servizi di intelligence), perché non è pensabile che mobilitazioni di quel genere(1) sfuggano allo sguardo occhiuto dei “servizi” e ancor meno che orde di quella razza riescano ad entrare nei templi della democrazia borghese mettendoli a soqquadro: una specie di “bivacco dei manipoli” di mussoliniana memoria(2), in stile XXI secolo.

Continuando con la fiera delle ovvietà, chiunque, “a sinistra”, abbia partecipato a una manifestazione, un picchetto o a un più “modesto” presidio sa che le forze dell'ordine borghese sono sempre pronte a intervenire - a volte con un dispiegamento tale di mezzi e agenti da rendere la situazione quasi grottesca - e, soprattutto, a manganellare, a reprimere quelle lotte – in primo luogo della classe lavoratrice – che sono ritenute perturbatrici della pace sociale. Superfluo indicare, a titolo di esempio, gli operai della logistica, che hanno collezionato botte, denunce e condanne a volontà, o i giovani attivisti contro il drammatico cambiamento climatico, colpiti da provvedimenti sproporzionati alla luce del banale buon senso; si sa però che il senso che conta, in questa società, è quello imposto dal dominio di classe della borghesia. Ma l'elemento più significativo che accomuna Washington e Brasilia è che non si è trattato di un tentativo di golpe, benché le personalità deliranti di Trump e Bolsonaro abbiano forse creduto di potere scalzare i nuovi presidenti ricorrendo alle corna da sciamano e ai cartelli inneggianti al loro dio branditi dai propri sostenitori. Sono mancati – e finora sembra che continuino a mancare – alcuni ingredienti indispensabili in un colpo di stato, in primo luogo l'appoggio della grande borghesia, o almeno della parte maggioritaria di essa(3), quindi, a seguire, degli strumenti con cui questa classe esercita il potere, cioè gli organi repressivi dello Stato, nonostante le simpatie fascistoidi più o meno diffuse in quegli apparati. Inoltre, per quanto riguarda il Brasile, non c'è stato l'appoggio degli USA come nei golpe latinoamericani degli anni '70 del secolo scorso, effettuati con il sostegno, se non la regia, della CIA. Anzi, Biden – così come la UE – ha condannato la Capitol Hill in salsa brasiliana, a dimostrazione che la “svolta autoritaria” è considerata dalla borghesia sì una possibilità, ma, almeno per il momento, inopportuna. Questo non significa che settori del grande capitale (per tacere della famelica piccola borghesia) non preferirebbe una politica più aggressiva, autoritaria appunto, che elimini ogni ostacolo – per quanto limitato – al “business”, ottenendo in tal modo la possibilità di spianare l'Amazzonia per trasformarla in un'immensa coltivazione di piante commerciali o in un pascolo sconfinato, allo stesso modo in cui Trump aveva abolito molti vincoli ambientali (finora poco o niente ristabiliti da Biden) alle prospezioni di nuovi giacimenti di idrocarburi e all'attività economica in genere, cioè al profitto. Le “gazzarre” trumpiane-bolsonariste si possono così leggere come un momento dello scontro di due visioni tattiche diverse dentro la borghesia, dove lo scatenamento dei “manipoli” esercita il ruolo di strumento di pressione sull'ala “democratica” e “civile”. Le masse “plebee” - strati di piccola borghesia declassata o in via di declassamento /proletarizzazione, ma anche di proletariato - sono usate, come sempre, da massa d'urto, “carne da macello” nello scontro interborghese, ma non hanno, ovviamente, nessun ruolo politico indipendente da giocare, se non quello di semplici pedine di questo o quel settore borghese. E sono tanto più funzionali allo scopo, quanto più vengono rese cieche e fanatiche dai cascami più reazionari dell'ideologia borghese, non certo da ultimo la religione in chiave fondamentalista; cascami reazionari rifiutati da larghi settori della borghesia stessa, ma che, all'occasione, possono tornare utili. L'antisemitismo, è stata una gigantesca fake news del nazismo, ha però dato una grossa mano a quest'ultimo nella salita al potere, così come oggi la plebaglia suddetta si alimenta e viene alimentata con l'odio irrazionale contro i “diritti” della donna, degli omosessuali, dei “neri”, dei migranti, dei “senza dio”, nonché – non poteva mancare in questo catalogo delle schifezze – contro chi attenterebbe alla grandezza della patria. Il nazionalismo “antidemocratico” e la religione, che negli anni del boom del dopoguerra sembravano sbiadire irreversibilmente, sono tornati ad essere quelle droghe potenti che sono sempre state, e a essere somministrate in dosi massicce(4) a settori della popolazione spaventata, frustrata, arrabbiata per il progressivo peggioramento delle proprie condizioni di esistenza (o per la paura di subirlo). Allucinata da quelle “sostanze”, la “plebe” è incapace di individuare il proprio vero nemico di classe, la borghesia, e anzi diventa strumento delle sue frange più aggressive, perché attratte dalla prospettiva di profitti favolosi (per es., lo spianamento dell'Amazzonia) o con meno margini di manovra nella gestione di una crisi che non è dovuta, nel nostro caso, alla pandemia né alla guerra in Ucraina, ma che è alla base di questi drammatici eventi e che affonda le proprie radici nella prima metà degli anni settanta del Novecento, quando si esaurì il ciclo di accumulazione capitalista post-bellico. E' questa crisi storica, determinata da saggi di profitto calanti, che fa da sfondo ai sommovimenti degli ultimi decenni e all'accelerazione dei processi drammatici che caratterizzano la nostra epoca. I populismi/sovranismi di stampo fascistoide sono solamente un'altra espressione dell'acuirsi delle difficoltà di gestione, da parte borghese, di una crisi che non accenna a passare, al di là degli alti e bassi, e che spinge settori crescenti del capitale a guardare con interesse alle “ipotesi autoritarie” come modo per eliminare in un colpo solo i cosiddetti lacci e laccioli che ostacolano un'estorsione ancora più radicale del plusvalore, cioè uno sfruttamento senza freni della classe lavoratrice. Non per niente, oggi, un terzo della manifattura mondiale è collocata nei paesi definiti autoritari dalle anime belle della democrazia borghese, dove non è ammesso neanche il sindacalismo concertativo, dove la dittatura padronale in fabbrica si presenta nuda e cruda.

D'altra parte, anche nei paesi di più o meno vecchia democrazia borghese, quelli che il riformismo chiama i “diritti” dei lavoratori - ossia quelle forme di “mitigazione” dello sfruttamento, frutto di una fase storica precedente – vengono via via ristretti (o si tenta di restringerli) per dare al capitale la possibilità di estorcere quanto più plusvalore possibile, senza intaccare le forme della democrazia borghese o le prerogative sindacali. Anzi, spesso (per non dire altro), le cosiddette riforme contro il mondo del lavoro salariato/dipendente vengono fatte con l'appoggio (o la blanda opposizione) delle forze sindacali e della sinistra parlamentare (o centro-sinistra che dir si voglia), lasciando nello sconcerto, nella delusione e nella rabbia impotente aree sempre più larghe di “classe operaia”, che, in parte, per reazione irrazionale a un tradimento e a un abbandono, passano le linee e si schierano con l'ala più reazionaria della borghesia. Questo è uno dei segreti di Pulcinella che stanno dietro la conquista di strati popolari da parte delle ideologie più oscurantiste della borghesia, non da ultimo, come si diceva, i fondamentalismi religiosi.

Ora, Lula ha promesso di mettere mano alle “riforme” del mercato del lavoro varate dalla destra nel 2017, dopo il golpe parlamentare contro la Roussef, riforme che sono un concentrato di quelle fatte in Italia negli ultimi trent'anni, non ultime, naturalmente, quelle licenziate dall'attuale governo di destra(5). Anche ammettendo che sia animato da intenzioni riformatrici, è molto improbabile che il neopresidente brasiliano smantelli la legislazione antioperaia voluta da tutta la borghesia, quella “per bene” e quella bolsonarista, perché risponde alle esigenze di maggiore estorsione di plusvalore che sono proprie della borghesia di ogni paese, al di là della collocazione politica, perché la crisi è una e tormenta il capitale in ogni angolo della Terra. Certo, qualche osso dovrà buttarlo al proprio elettorato: forse la distruzione dell'Amazzonia rallenterà, le privatizzazioni subiranno un freno, gli aspetti più duri della legge sul mercato del lavoro e la povertà verranno attenuati (sempre forse), ma la condizione del proletariato, nella sostanza, non cambierà di molto, perché i margini di un vero riformismo di sinistra sono stati ampiamente erosi dal cronicizzarsi della crisi del capitale. E allora è probabile che l'incertezza politica nel mondo borghese permanga e si rafforzi, fomentando gli scontri tra bande borghesi rivali. Almeno fino a quando il proletariato, “stanco” di essere bastonato, mandato a morire per guerre non sue, usato come massa di manovra dai propri nemici di classe per decidere chi tra loro dovrà spremerlo, non ritroverà la propria voce, la voce delle proprie lotte contro nemici dichiarati e falsi amici, non darà gambe e fiato al proprio strumento politico, indispensabile per mandare gli uni e gli altri nella discarica della storia: il partito rivoluzionario.

Allora, la borghesia si compatterà per schiacciare la nostra classe, ma sciamani cornuti e cristiani rinati saranno solo fiancheggiatori, rincalzi folcloristici e sanguinari degli apparati dello Stato, i “manipoli” decisivi della classe dominante.

cb

Note:

(1) Ricordiamo, per esempio, che i bolsonaristi erano accampati da diversi giorni proprio davanti al comando delle forze armate.

(2) Il riferimento è al “discorso del bivacco”, cioè il discorso, tenuto il 16 novembre 1922, alla Camera dei deputati da Mussolini nella sua prima uscita ufficiale da capo del governo. Ricordiamo che nel nuovo governo solo alcuni ministri erano fascisti, oltre al “Duce”, gli altri appartenevano ai liberali, ai cattolici del partito popolare, ai nazionalisti, in quanto sostenitori dell'esecutivo, segno inequivocabile della compattezza della borghesia nello scegliere il fascismo come “salvatore della patria”. Il discorso cominciava così: «Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli...». Il punto è che, al di là di quella tipica fanfaronata mussoliniana, il “Duce” non ebbe alcun bisogno di irrompere nel Parlamento, perché, è notorio, ricevette l'incarico di formare il governo dal re e ottenne una larghissima maggioranza. Le forme della democrazia borghese vennero rispettate.

(3) Sia chiaro, non c'è nessun determinismo meccanicista in questa valutazione, perché da Luigi Bonaparte (Napoleone III) in poi, la democrazia borghese ha dovuto fare i conti anche con gli “imprevisti” nella gestione del potere politico, soprattutto nei periodi di instabilità: per questo aspetto vedi gli scritti magistrali di Marx Le lotte di classe in Francia e Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte.

(4) Siano esse il fondamentalismo islamista, cristiano, ebraico, hindu ecc.

(5) Un governo che parla attraverso un diario da adolescente, a ulteriore dimostrazione di come nella gestione sempre più difficoltosa della crisi, la borghesia sia costretta a raschiare il fondo (?) del barile, tirando su un personale politico estremamente scadente, addirittura imbarazzante, direbbero i cultori del bon ton.

Martedì, January 17, 2023