L’Iran più che mai nel mirino dell’imperialismo USA

A latere, ma non troppo, della barbarie della guerra di Ucraina, guerra tra Russia e Nato-Stati Uniti combattuta sulla pelle degli ucraini, le “attenzioni” degli Usa si sono riproposte nei confronti del malconcio imperialismo degli Ayatollah. La causa ufficiale, perlomeno quella addotta dal Pentagono di punire l’Iran, sarebbe relativa alla reiterata volontà del governo di Raisi di proseguire nella ricerca nucleare finalizzata a dotare Teheran della bomba atomica.

Certamente una simile prospettiva turba le notti del governo americano, ma non è l’unico pensiero, c'è anche altro. Gli obiettivi da perseguire sono molteplici: In primo luogo c'è la necessità di colpire, indebolire l’Iran quale antico nemico degli Usa a partire dalla “rivoluzione” degli Ayatollah che, spodestando la monarchia dello Shah Mohammad Reza Pahlavi, ha dato agli Usa una sonora e umiliante sconfitta e, soprattutto, ha cancellato sino ad oggi, il primo fornitore di petrolio, fondamentale per le sue esigenze energetiche che, in una fase cruciale della guerra fredda, ha arrecato non pochi danni di immagine ed economiche al primo imperialismo dell’occidente, nonché la perdita del principale alleato dell’area orientale. Ferita che ancora adesso brucia.

Veniamo, adesso, a tempi recentissimi, dove agli scenari della guerra “fredda” si sono sostituiti quelli di una guerra “calda”, non più e non solo combattuta per procura ma anche in prima persona, vedi lo scontro Russia-Ucraina. È così che dal Pentagono sono partite le direttive affinché il solito alleato Israele, in cambio di una copertura politica ai suoi insediamenti in Cisgiordania, barattando l’occupazione di Gerusalemme est e cancellando la prospettiva di due “popoli e due Stati”, si muovesse contro il comune nemico Iran. Detto fatto, un piccolo stormo di droni ha colpito le strutture militari presenti in territorio iraniano. Non è la prima volta, ma in questo caso è molto più grave, in quanto minacciando il regime degli ayatollah si intendeva avvertire anche l’imperialismo russo e, in seconda battuta, il loro alleato cinese. Così facendo, il sempre primo ministro Netanyahu si è confermato fedele interprete del “patto di Abramo”, utile alleato degli Usa e intestatario di una immunità internazionale per i suoi raid in territori palestinesi, non ultimo quello di martedì notte 2 febbraio. Il tutto all’interno di uno scenario di guerra in Europa e di una crisi economico finanziaria che, al di là delle statistiche temporaneamente “positive o meno gravi del previsto”, continua a produrre povertà, guerre e morte, con il rischio di aggravarne drammaticamente tutti gli effetti.

L'attacco dei droni israeliani, secondo il quotidiano Wsj, è rappresentativo di quanto Israele, sotto il nuovo governo di coalizione di estrema destra guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu, faccia parte di questo schema imperialistico a fianco degli Usa. Coalizione che ha immediatamente dato il via a una serie di operazioni militari in territorio iraniano, continuando una recente “tradizione” di interventi già effettuati tra il 2009 al 202,1 sempre sotto il governo di Netanyahu.

Questo attacco di Israele si produce dopo che agenti dei Servizi segreti israeliani e americani hanno discusso su quali misure prendere per neutralizzare le propensioni nucleari dell'Iran e, non da ultimo, su come interferire nella sua collaborazione militare e strategica con la Russia.

Non a caso, l'attuale direttore della Cia William Burns ha organizzato un tempestivo viaggio in Israele la settimana prima dell’attacco, per discutere con Netanyahu di come colpire l'Iran, di come affrontare tutte le questioni regionali e di come preparare i tempi e i modi del blitz. Poco tempo dopo è arrivato in Israele il Segretario di Stato Antony Blinken (31 gennaio) per congratularsi dell'operazione con i droni e per continuare i rapporti Usa-Israele in funzione anti Iran, per parlare della invasione dell’Ucraina da parte dell’imperialismo russo e, in prospettiva, di come affrontare il loro temibile avversario, la Cina.

Prima della visita di Antony Blinken e dopo quella di William Burns, gli Stati Uniti e Israele hanno inscenato una grande esercitazione militare, mettendo in campo più di 7.500 uomini dei rispettivi eserciti e personale militar-logistico. Operazione che potrebbe preludere ad un più incisivo attacco militare contro l'Iran. Lo Stato maggiore dell’esercito israeliano ha ufficialmente dichiarato, in una informativa al Wall Street Journal (secondo una nota dell’Ansa), che Israele e gli Stati Uniti prevedono un inasprimento della situazione non escludendo opzioni militari “se necessario”.

Notizie terrificanti. Il rischio è che i fronti di guerra si dilatino, che le gradi centrali imperialistiche, Usa, Cina e Russia, con i rispettivi alleati, possano dare vita ad un conflitto più generalizzato. In questo caso saremmo in presenza dell’ennesima barbarie dell’imperialismo, di una devastazione inarrestabile, accompagnate dall’approfondimento delle crisi economiche di un capitalismo globale che, per sopravvivere, è costretto ad inscenare l’apocalisse.

Ai rivoluzionari il compito di trasformare la barbarie della guerra in rivoluzione sociale per un mondo senza classi, senza sfruttamento e senza guerre.

No alla guerra! Sì alla ripresa della lotta di classe!

FD
Giovedì, February 2, 2023