Il socialismo con caratteristiche cinesi ovvero “Il marxismo del XXI° secolo”

Ogni qualvolta ci capita – nostro malgrado e solo per un cosiddetto “dovere di ufficio” - di scartabellare fra «visioni e pensieri originali e strategici» (1) di Xi Jinping, restiamo a dir poco sconcertati per quel che ci capita di leggere. Soprattutto dopo che questo fenomeno ideologico che sarebbe il «xiginpingsmo», ha dichiarato finita l’epoca in cui si ripetevano ad oltranza vecchie formule stereotipate... Il “nuovo marxismo” – così come dichiarato apertamente nel 2020 dallo stesso Xi, è ora «la colonna portante per la crescita della nazione». Lapalissiano che chi non lo accetta e lo condivide, altro non è che un pericoloso nemico della nazione e come tale sarà trattato. Più che mai oggi, quando si sarebbe realizzato quel “socialismo” previsto da Mao Zedong durante la sua lunga “marcia”: le classi sociali invece di essere eliminate si sono moltiplicate (sono le famose “quattro classi”: operai, contadini, piccola borghesia, borghesia nazionale) e addirittura contribuiscono in egual misura alla “edificazione” di una nuova società sempre più simile a quella borghese.

E così, finalmente e grazie al PCc, la Cina ha «costruito un moderno Paese socialista», il quale può competere sul mercato mondiale per la esportazione di merci e di capitali rigorosamente “socialisti” e manifestando una politica anch’essa “socialista” nella contesa imperialista_._

Fra gli obiettivi (questi logicamente non dichiarati!) vi è quello di assicurarsi altre quote di plusvalore che lo sfruttamento presente in ciascun paese (capital-socialista compreso) strappa alla classe operaia, dopo aver – in casa propria – finalmente concretizzato i desideri che una componente delle “quattro classi” (di cui sopra, e cioè la borghesia nazionale) covava in seno. Con l’obiettivo - ed ora sarà proprio Jinping a realizzarlo - di sviluppare una competizione sul mercato mondiale per una egemonia… imperialista. Al momento si tratta di merci per un consumo… pacifico; in seguito – e già si è incominciato – si passerà a quelle belliche.

Quando poi leggiamo che al PCC andrebbe il merito di aver saputo «mixare i principi marxisti con elementi della tradizione culturale cinese», siamo quasi presi da un senso di smarrimento. Poi lo sdegno prende il sopravvento, con una dose di rabbia causata dagli effetti (augurandoci che si verifichino per breve tempo) della diffusione di “culture” come quella confuciana e taoista miscelate con il marxismo. Se ne vanta invece Xi e il PCC, elogiando la «diffusione planetaria» di una tale miscellanea…

Fra il belante gregge che accompagna Xi nelle sue elucubrazioni – a volte persino banali nella loro dabbenaggine -, primeggiano le… pecore della «prestigiosa Scuola del Partito cinese» in adorazione del “pensiero di Xi Jinping” sul socialismo con caratteristiche cinesi: sarebbe questo - per la nuova era e secondo una… esatta «definizione scientifica»(sic!) - il marxismo del XXI secolo!

Il pensiero di Xi Jinping - Forte della “ricchezza spirituale lasciataci da Marx”, Xi Jinping presenta all’umanità intera lo sviluppo dal “marxismo del XIX° secolo” (quello di Marx ed Engels) al “marxismo del XX° secolo” (con Lenin, Stalin, Mao Zedong e Deng Xiaoping). Sarà poi il pensiero di Xi Jinping, col socialismo dalle caratteristiche cinesi, ad offrirci il “marxismo del XXI° secolo”.

Studiando i precedenti “modelli di socialismo mondiale” – rispettivamente la Russia di Stalin e la Cina di Mao… - si sarebbero ottenuti risultati teorico-pratici clamorosi, tra cui la «costruzione del primo stato socialista al mondo»: la nazione cinese! Giù il cappello, dunque, davanti a simili eventi teorico-pratici: avrebbero aperto una “nuova era”!

Ed ora una grande «potenza mondiale» si erge davanti a noi, nel XXI°secolo: ecco la Cina che guidata dal PCC innova il marxismo, lo “cinesizza”, e rinvigorisce la fiacca economia mondiale… Il coro è unanime e solenne: «Il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era, è ormai la forma principale di marxismo del XXI° secolo».

Dal pensiero di Xi Jinping, che è diventato «patrimonio collettivo del partito comunista cinese», abbiamo appreso (novembre del 2015 ) che «_il compagno Mao Zedong ha studiato ‘_Il Capitale’ per ben quattro volte» e che Deng Xiaoping avrebbe scritto una innovativa bozza di economia politica, sempre con “caratteristiche cinesi”. Grazie a ciò, eccoci alla scoperta del socialismo attraverso lo sviluppo di un’economia di mercato la quale – contrariamente a quanto riteneva l’analisi critica svolta da Marx – avrebbe un ruolo decisivo nella distribuzione delle risorse sotto la guida del Governo e dello Stato che “dirigono” il popolo nella costruzione delle basi del comunismo. Entrambi poi regolerebbero le proprietà, i diritti di appalto e di gestione della terra agricola e curerebbero il “buon uso” del mercato sia nazionale sia internazionale. Insomma, una “economia marxista” che farebbe sussultare Marx nella tomba!

La diplomazia cinese avrebbe assunto proprie e inedite caratteristiche, quelle di una «grande nazione» che deve «arricchire e spingere avanti le teorie marxiste sulle relazioni internazionali». Il protagonismo diplomatico cinese cerca quindi spazi nelle istituzioni internazionali di ogni genere, col risultato che lo yuan (renminbi) è entrato a far parte del paniere delle divise che compongono il sistema dei diritti speciali di prelievo (DSP) del Fondo monetario internazionale. Pechino manovra la Banca asiatica di investimenti nelle infrastrutture (Asian Infrastructure Investment Bank, o AIIB) con l’adesione di Francia, Gran Bretagna, Russia, Brasile, Danimarca…).

Ed attraverso le vie della seta (una verso l’Asia centrale, una verso l’Africa) non si trasportano solo merci ma si fanno circolare investimenti di capitale, tecnologie avanzate e presidi militari.

Cultura ed economia, entrambe mercificate - Oltre ad «incarnare la migliore cultura ed etica cinese di questa epoca», il PCc vanta il «maggior prodotto interno lordo mondiale a parità di potere d’acquisto»,

Si esalta «l’egemonia del capitale fittizio (derivati, futures, opzioni, ecc.)» e l’inizio di «una gigantesca rivoluzione _tecno scientifica_ - intelligenza artificiale, fusione nucleare e computer quantistici, vetture elettriche e nanotecnologie, biologia sintetica e ingegneria genetica, tecnologie del 5G e del 6G» ecc. Ma soprattutto ecco la «moneta digitale di stato, lo e-yuan».

Ciononostante (ma anzi, proprio per questo!), l’accumulazione di capitale – sia pur nella particolare versione cinese - è in difficoltà e rompe quegli equilibri imperialistici che si vorrebbero costruire nella caotica globalità capitalistica, mascherando questa con la bandiera rossa di un futuro ”socialismo del XXI° secolo”. Mettendo in pratica i pensieri di Xi, Pechino cerca un ulteriore sviluppo della proprie industrie e della sua economia interna, e concentra l’attenzione verso i paesi emergenti dell'area asiatica e africana, incamminandosi sulla Vie della Seta.

Al “xiginpingsmo” fa gola - logicamente… - la nuova centralità dell’Asia, in cui risiede “l’arco” principale delle risorse mondiali di idrocarburi, il quale parte dalla zona meridionale della penisola arabica per risalire all’Iran/Iraq e al Mar Caspio, attraversando l’Asia centrale e arrivando ad oriente della Siberia.

Pechino afferma di interessarsi soltanto ad una cooperazione win-win, esclusivamente economica, senza ricadute politiche. Ma tra una visione e l’altra che il pensiero di Xi Jinping ci comunica, si evidenzia a chiare lettere l’intrecciarsi di interessi economici e finanziari, con la Cina che punta a sostituirsi agli Usa nell’esercitare una egemonia economica e politica da grande potenza. In ballo ci sono poi terre rare e magneti necessari per costruire auto elettriche e turbine eoliche. Per il «partito a pianificazione secolare» indicato da Xi, si tratta di materiale indispensabile, senza trascurare – ed ecco l’imperialismo che avanza - un’altra esigenza: «accelerare la realizzazione della Difesa nazionale e modernizzazione militare, con forze armate di livello mondiale». Attenzione alle dichiarate finalità: «una politica militare di difesa, con l’esercito cinese che è una forza per salvaguardare la pace mondiale». Sarebbe questo il «triangolo splendente», cioè l’unione tra pace e cooperazione win-win (vantaggio reciproco…), con il più potente e forte che blandisce il più debole, mostrando un’accumulazione imponente di missili intercontinentali, compresi i formidabili vettori ipersonici. Il tutto sotto l'egida della ferrea legge del massimo profitto, possibile conseguenza di uno sfruttamento bestiale della forza lavoro.

Avanti, perciò, con la costituzione progressiva di «infrastrutture finanziarie indipendenti per servire le operazioni commerciali»; banche d’investimento per il Sud del pianeta (l’AIIB, ecc.) in una concorrenza oggettiva e… benefica con il Fondo Mondiale Internazionale.

La globalizzazione è un processo che la Cina ritiene inarrestabile per non invalidare la vera sua necessità di una totale mobilitazione contro i pericoli – fatali per il capitale – di un isolamento che non solo metterebbe in pericolo la sua “sicurezza nazionale”, ma paralizzerebbe quella progettualità strategica che si fonda sullo sviluppo costante di una egemonia internazionale che possa permettere a Pechino di mantenere e ancor più allungare le sue mani su quote di plusvalore.

Nel caso, probabile, che l’operazione incontrasse difficoltà (inevitabili), è aperto l’arruolamento nelle armate che ciascun imperialismo – da Pechino così come da Washington e da Mosca – sta allestendo e armando da tempo. Per scopi “democratici”, s’intende…

DC

Note:

(1) Tutti i termini e le frasi tra virgolette doppie («») sono tratte da discorsi, appelli e relazioni ufficiali cinesi.

Giovedì, February 16, 2023