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Col fallimento della Silicon Valley Bank *(si sarebbero “bloccati”* miliardi di dollari appartenenti a imprese e investitori) si diffonde l’incubo di un dissesto bancario generale, che ci riporterebbe al crollo della Lehman Brothers nel 2008. Se non peggio…
Quella stessa regione denominata Silicon Valley che fino a poco tempo fa si presentava come un angolo di Paradiso Terrestre per il capitale, ora si teme possa diventare un Inferno. La Fed si è affrettata (con il Bank Term Funding Program *-Nuova linea di credito-) a lanciare ciambelle di salvataggio (liquidità alle banche) nel caso le “difficoltà” aumentassero. Potranno* uella utilizzare i propri titoli come garanzia per riassorbire le perdite, ma il risultato non cambia e i danni si conterrano alla fine, fra le macerie del labirinto di prestiti e depositi in contanti che le Banche hanno fino ad oggi costruito, guardandosi bene dal mettere sul tavolo minime coperture di garanzia per i depositi raccolti. D’altronde impossibili.
Oggi la “clientela” non può che agitarsi, affacciandosi alle “finestre” che gli verrebbero aperte … con la precisazione del Tesoro americano: “non vi sarà alcun salvataggio”… Dunque, finestre di liquidità che alle tempeste che si annunciano altro non faranno che aprire una corrente d’aria che le spingerà in avanti sui traballanti mercati finanziari. Quelli azionari accentuano le vendite, in un circolo vizioso che coinvolge titoli di Stato e le banche che li detengono e che cominciano a star più che scomode sulle onde di perdite in aumento. In particolare se hanno – come quelle della Silicon Valley – raccolto depositi a breve termine per investirli in asset a lungo termine (si tratterebbe di ben 200 miliardi di dollari!) con clienti di aziende tecnologiche. E dopo gli aumenti dei tassi di interesse messo in atto dalla Fed, la situazione è precipitata.
Dunque, panico diffuso tra i banchieri e gli imprenditori di Wall Street, già alle prese con cicli produttivi non del tutto soddisfacenti per il capitale investito, vale a dire saggi di profitto troppo bassi: la radice della finanziarizzazione spinta dell'economia. E ovunque cresce la fame di liquidità mentre comincia a diffondersi l’allarme nell’establishment finanziario e istituzionale che guarda tremando il sopraggiunto crollo di altre banche, come quelli successivi di Silvergate e di Signature Bank. E vanno pure segnalati i “tonfi” in corso di First Republic Bank, Western Alliance, Charles Schwab e altri istituti, sia americani che europei. Compresa, buon ultima, Credit Suisse.
Apriamo una breve parentesi sulla solidità finanziaria di Credit Suisse, che ha visto le proprie azioni perdere fino al 31 per cento del loro valore, tanto da dover chiedere un prestito alla banca centrale svizzera per ripristinare la sua liquidità. Caso isolato? Un preoccupante contagio con quanto accaduto in America, che ha accresciuto le tensioni finanziarie? Ma è la stessa banca svizzera ad ammettere di avere “concrete debolezze di bilancio”. Senza parlare di altri momenti di crisi e scandali che nel passato hanno interessato la banca.
Si parla allora di una mala gestione con perdite enormi e quindi della necessità di eliminare la sua scarsa redditività: per recuperarla c’è già un piano di riduzione del numero dei dipendenti, per il consueto contenimento dei costi e un aumento dei profitti.
Si rivedranno le attività di gestione dei patrimoni, di investment banking (cioè di servizi finanziari per aziende che vogliono quotarsi in borsa, o cercano investitori finanziari per fusioni e acquisizioni).
Poi vi sarebbero stati alcuni investimenti sbagliati, con fallimenti di fondi internazionali a forte speculazione. Risultato: perdite per circa 7,4 miliardi di euro l’anno scorso…
Torniamo alla Silicon Valley Bank che aveva investito in titoli di stato Usa: dopo il rialzo dei tassi stabilito dalla Fed, hanno cominciato a perdere valore.
Non mancano le rassicurazioni riguardanti la migliore “solidità” del sistema bancario odierno, nonostante l’enorme massa di capitale speculativo che si aggira da ogni parte, pronto a divorare derivati e criptovalute, generando voragini di debiti. Con le Banche che – dopo il danaro a tasso zero – ora si trovano sommerse da montagne di titoli di Stato in loro possesso. Prima erano pezzi di carta che le Banche accettavano al valore facciale, oggi rischiano di prender fuoco e incendiare le già esistenti cataste di debiti che accompagnano l’agonia del capitale e scavano il baratro in cui la rivoluzione comunista affosserà il suo cadavere.
Quando la banca californiana ha visto crollare i prezzi delle sue azioni, i contanti depositati non si son potuti più ritirare e il patrimonio di 200 miliardi di dollari si è volatizzato. Gli sportelli della banca sono stati precipitosamente chiusi. E si tratta di una delle prime 20 banche commerciali americane, che vantava investimenti non di poco conto. Ma sono arrivate presto le perdite e col valore dei titoli di Stato in diminuzione, i bilanci sono andati in rosso: colpa – ci si lamenta – dei tassi di interesse del denaro in forte ribasso, per cui quello che era stato un acquisto più che conveniente – sempre nelle prospettive disegnate dai pensieri degli “esperti”, s’intende – e consistente in pacchi di Bot Usa, è diventato infruttuoso. Ed ora, col capovolgimento della “tattica monetaria” adottata dalla Fed, molti (Banche in prima fila), hanno cominciato a sudar freddo.
Anche le perdite di valore dei titoli tecnologici hanno reso difficile la raccolta di fondi e le aziende high tech hanno ritirato i loro depositi in contanti in banche come la SVB per far fronte ai loro debiti.
Aggiungiamo la devastazione che nel settore finanziario stanno portando le criptovalute; pure loro contribuiscono ad alimentare l’incendio, sempre più ampio e diffuso, che sta avanzando nel sistema. Le già deboli attività “improduttive” non possono più figurare un rendimento che non può realmente esistere e che ora le sta travolgendo. Il capitale del settore bancario – lo stimano gli “esperti” – ha già perso circa il 30% del totale. “Polvere sei e in polvere ritornerai”…. Abbiamo letto – fonte di lor signori – che le banche Usa hanno a tutt’oggi davanti a sé l’incubo di ben 620 miliardi di dollari persi nei loro portafogli di titoli.
E poiché il denaro è la misura di ogni valore borghese - compresi libertà, eguaglianza e fraternità di cui fa sfoggio il potere – una certezza l’abbiamo: se ne vedranno delle belle! Purtroppo anche tragiche per coloro che già soffrono quello che è il presente “stato di cose”, fino a quando la classe operaia non rialzerà la testa e col suo partito rivoluzionario metterà fine al mondo perverso del capitale.
dc
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