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Home ›Piove, e i governi sono più ladri che mai: di vite e di futuro.
I periodi di piogge torrenziali ininterrotte, che all'improvviso prendono il posto dei lunghi periodi di siccità, sono una conseguenza del capitalismo nella sua fase attuale. Nei prossimi anni, in barba ai buoni propositi di contenimento della temperatura media al di sotto del pericoloso innalzamento di 1.5 gradi, è previsto invece proprio questo stesso innalzamento con tutti i rischi che esso comporta. La massa di vapore provocata dal riscaldamento dovuto alle emissioni nell'atmosfera di quantità enormi di CO2, risale infatti dalla superficie terrestre all'atmosfera stessa, ricadendo verso la superficie terrestre e verso mari, oceani, fiumi, torrenti e laghi sotto forma di pioggia. L'innalzamento del livello delle acque assumerà nelle previsioni degli esperti dimensioni catastrofiche. Di conseguenza, si può tranquillamente affermare che il capitalismo, generando le cause all'origine dei cambiamenti climatici attuali, non è altrettanto preparato in fase di prevenzione e contenimento dell'impatto che questi possono causare, né lo vuole, perché i capitali necessari per prevenire gli eventi estremi - ormai la regola, non l'eccezione - e curare l'ecosistema sarebbero enormi, con scarsi ritorni economici (profitti). Inoltre, una vera riorganizzazione “verde” dell'economia, intaccherebbe interessi non meno giganteschi che, va da sé, non sono per niente disposti a essere intaccati.
L'esempio ce lo abbiamo anche in casa nostra, stavolta in Romagna: 14 vittime (finora), 42 comuni allagati, 250 strade chiuse, caos e disagi ferroviari, 18.000 persone senza elettricità, intere colture devastate come kiwi, uva, pere e mele, animali affogati e forti danni anche all'allevamento. A livello economico, in agricoltura, le perdite quantificate vanno dai 300 milioni di Coldiretti al miliardo e mezzo di Confagricoltura: il tutto a causa dell'esondazione del Savio, del Montone, del Lamone e di altri corsi d'acqua tra Cesena, Forlì e Faenza. I danni, nel complesso, sono sull'ordine dei miliardi.
Ogni compagine elettorale si ammanta da lungo tempo di più presunte che vere velleità ambientaliste, per darsi una verniciatina di verde, ma poi a conti fatti tutte le politiche economiche di centrodestra e di centrosinistra sono sempre andate più nel senso della cementificazione e dell'industrialismo sfrenati che della salvaguardia dell'ambiente. Il recente episodio di Casamicciola a Ischia, è uno dei tanti a dimostrazione del fatto che il profitto, legato a un sistema fatto di condoni concessi ad cazzum con annesso abusivismo incontrollato, sia la causa per cui si arriva a costruire abitazioni a pelo d'acqua, a ridosso di coste e corsi d'acqua con le drammatiche conseguenze che abbiamo visto.
Ma se torniamo al più recente esempio romagnolo, c'è dell'altro. Il fatto che la regione Emilia Romagna sia ai primi posti come consumo di suolo, anche se questo è alluvionabile, e il fatto che più subisce l'impatto del cemento e più il suolo si impermeabilizza non trattenendo più l'acqua, dovrebbe fare capire molte cose. Inoltre, il risparmio sulla manutenzione e sulla pulizia dei letti dei fiumi è un'altra delle cause delle sciagure come questa. Ma evidentemente se c'è questo consumo di suolo da parte di chi costruisce è perché ci sono delle leggi che lo permettono, a tutto vantaggio del potere del palazzinaro che tanto, anche se la legge non glielo permettesse, la bustarella per fare chiudere un'occhio al politico di turno o per intascarsi un appalto ce l'ha sempre pronta in tasca, figuriamoci la pacchia quando anche la legge è dalla sua. Bustarelle e mazzette a parte, in questi decenni i comuni hanno concesso permessi di costruire a valanga, anche e non da ultimo per tamponare, grazie agli oneri di urbanizzazione, i tagli massicci che i governi, di ogni schieramento, hanno inferto agli enti locali. Così, sono sorti quartieri là dove c'era campagna, cemento e asfalto hanno coperto i suoli, impermeabilizzandoli, mentre nei centri urbani la speculazione legata alla rendita, la “turistificazione” spinta hanno lasciato una grande quantità di abitazioni vuote o con affitti astronomici.
Pecunia non olet, e in questo scompare ogni contrapposizione ideologica ormai solo di facciata. La politica che dopo i disastri che avrebbe potuto evitare piange lacrime di coccodrillo, è rappresentata dai twit di Salvini, dove nello stesso messaggio si accenna all'emergenza in Romagna e dopo il punto e a capo si commenta la prestazione deludente del Milan in Champions League. A prescindere dal colore politico dei coccodrilli di Palazzo Chigi però, disastri così possono essere "agevolati" sia nell'Emilia Romagna del PD di Bonaccini, sia in feudi storicamente di destra perché la regola è dappertutto la salvaguardia degli interessi borghesi. Il tutto imbellettato dalla parola sviluppo come specchietto per le allodole, che si può adattare benissimo a ogni progetto speculativo di opere inutili che gravano sui conti pubblici e quindi sulle tasche del proletariato, dalla TAV al futuro ponte di Messina. Tra queste opere inutili, sempre tornando in Emilia Romagna c'è l'allargamento a 18 corsie del tratto autostradale attorno a Bologna, che tra l'altro, anziché smaltire il traffico, lo farà aumentare e insieme a lui l'inquinamento.
Ora, si può continuare a credere che la via di uscita sia ancora nel seno di questa società, ma anche ai più miopi dovrebbe essere invece chiaro che le cose stanno andando nella direzione opposta e anche la delusione (scontata) che ha accompagnato le aspettative disattese degli ultimi vertici sul clima lo dimostra. Finché il profitto sarà il motore di ogni cosa, la borghesia pur di massimizzarlo non si farà scrupoli a mettere a repentaglio la sopravvivenza del pianeta. La devastazione ambientale, acceleratasi in questi decenni, e parallela - cioè prodotta - alle difficoltà del processo di accumulazione, è un altro fattore che ha permesso la “stabilizzazione” del mondo borghese, nonché l'anestetizzazione del proletariato. Infatti, la predazione/distruzione dell'ambiente è una delle componenti fondamentali della produzione di merci a basso costo, accessibili a vasti strati proletari e che per questo “facilitano” l'attacco padronale al salario: in termini marxiani, la riduzione del valore della forza lavoro. Per dirne una, il consumo elevatissimo di carne (contemporaneamente alla fame di milioni e milioni di persone...), ha come presupposto lo spianamento delle foreste (per esempio, l'Amazzonia), ma vale per tante altre merci, alimentari e no, per gli abiti ecc. Le materie prime a basso costo, cioè lo stupro continuato dell'ambiente (e di chi ci vive, va da sé), e l'inasprimento dello sfruttamento della forza lavoro, sia dei paesi “emergenti” che dei paesi di vecchia industrializzazione, sono i fattori principali che hanno permesso, finora, al capitalismo di trascinare la propria crisi da mezzo secolo in qua. Il “dumping ambientale”, cioè la possibilità di inquinare senza alcun freno, è stato ed è uno dei presupposti fondamentali delle delocalizzazioni, in primis verso la Cina, principale inquinatore del mondo, assieme agli USA, e primo emettitore di gas climalteranti. Ma il Pianeta, come stiamo vedendo, sta pagando queste vere e proprie controtendenze della crisi e della lotta di classe a un prezzo carissimo e che forse sarà ancora più alto, perché siamo vicinissimi al punto di non ritorno, alla catastrofe.
Il riformismo, ovvero il tentativo di aggiustare le cose tramite correttivi che provino almeno ad addomesticare la ferocia di questo sistema, si sta miseramente incagliando sugli scogli della guerra e del disastro ambientale. Se veramente si vuole salvare il salvabile di questo nostro pianeta, e impegnarsi di conseguenza, bisogna liberarsi dai falsi miti e dalle menzogne che appesantiscono chi, soggettivamente, si vuole impegnare davvero. Per questo, non bisogna avere paura di dire che al di là del fatto che il sistema dominante per 70 anni ad Est fosse stato chiamato comunismo, questo col comunismo non c'entrava un fico secco e che anche le peggiori negazioni o distorsioni come lo stalinismo non sono riuscite a metterne in discussione la validità - anzi, la confermano!- come programma storico per l'emancipazione degli sfruttati di tutti i paesi e per la tutela del pianeta e del suo ecosistema, compatibilmente col rispetto della dignità umana. Un'umanità che da dato astratto potrà diventare concreto solo quando cesserà di essere attraversata dalla divisione tra sfruttati e sfruttatori.
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