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Home ›Occidentale od Orientale, l’imperialismo è sempre il medesimo
Le ultime vicende belliche in Ucraina, con i terrificanti lanci di missili e droni su obiettivi civili oltre che militari, sono esaltati da una certa “sinistra” come fossero «scelte coraggiose» volte a respingere le operazioni NATO aventi per scopo la trasformazione dell'Ucraina in un avamposto atlantico. Più o meno apertamente, la verità è che gli uni e gli altri non sono da meno nel condurre azioni a dir poco criminali e bestiali. Nel contempo, Mosca sta mettendo sul tavolo la carta di una “battaglia del grano” che sarebbe disposta ora a contenere in cambio di rapporti di cooperazione economica e commerciale da stabilirsi tra i Paesi africani interessati e il capitale e le merci russe.
Lasciamo allora il quadrante europeo e passiamo in Africa, dove si accentrano interessi, sia economici (molte le materie prime) sia geopolitici, più che attraenti e con le borghesie africane desiderose di una partecipazione ad affari per altro non sempre “puliti”.
Il capitale internazionale sta evidentemente spingendo ad uno sviluppo industriale dell’Africa con un diretto impiego delle risorse locali ed espandendo una economia di mercato che dia massime possibilità di creazione e circolazione del valore di scambio. Ecco allora farsi avanti chi ritiene questo indirizzo perfettamente in linea con uno sviluppo, tanto desiderato, del modo di produzione capitalistico con tutte le sue appendici finanziarie, mistificato come l’inizio di «una vera rivoluzione mondiale anticoloniale e multipolare». Una delle principali caratteristiche sarebbe quella di popolazioni ansiose di rapporti di cooperazione economica e commerciale con la Russia e la Cina. Non solo, anche nelle piazze di alcuni Paesi africani si comincia ad inneggiare alla Russia di Putin…
Eccoci dunque davanti – come ci capita di leggere - ad una svolta storica che segnerebbe il collegamento di una lotta anticapitalistica ad una anticoloniale, contro i Governi filo americani (sarebbero i soli a praticare l’imperialismo…), e con l’obiettivo di dar vita ad un ordine multipolare, trainato da Russia e Cina. Una epocale fase che noi – quattro gatti di vetero e malinconici marxisti senza capo né coda (così dicono di noi) – non saremmo in grado di vedere e comprendere. Troppo indifferenti ai «desideri di popoli, paesi e regioni che aspirano alla propria sovranità e autodeterminazione»…
Queste sono le cantilene che accompagnano le narrazioni che vengono divulgate da schiere di scribacchini circondanti i carri (armati) dei presunti liberatori, questa volta provenienti da Oriente. Applausi al nuovo asse russo-cinese che minaccerebbe l’establishment occidentale. Uno scenario – qua e là grondante sangue – che viene presentato e spacciato come quello che vedrebbe da una parte popoli (ovvero le locali borghesie) desiderosi di «democrazia e liberi mercati», e dall’altra parte le «pretese unipolari e imperialiste» unicamente avanzate dal “blocco occidentale” comandato dagli Usa.
Stiamo leggendo e citando frasi da articoli che il sito “Sinistra in rete” va raccogliendo mentre esibisce le enfatiche esaltazioni di «vittorie strategiche» che il “pacifico” esercito russo va ottenendo in Ucraina, seminando distruzioni e morte (e in questo, sia sempre ben chiaro, alla pari coi patriottici colleghi ucraini).
Il recente colpo di Stato in Niger (ricco di uranio), da parte di una giunta militare, avrebbe un certo sostegno popolare guardando alla Russia con una simpatia che preoccupa non poco gli Usa e le loro importanti basi militari in quelle zone. Ma in questo caso Mosca si trova in difficoltà, preoccupata soprattutto di non creare incontrollabili disturbi allo svolgimento dei propri affari, rispettando la normalità e l’ordine costituito da un legittimo Stato di diritto che controlli (costituzionalmente) il pubblico interesse garantendo pur sempre quello privato.
C’è chi, figurando a… “sinistra”, prospetta persino l’avvio di un processo rivoluzionario che (ad opera delle spinte cinesi e russe) aprirebbe una fase di «destabilizzazione del modo di produzione a egemonia occidentale»….
Gli interessi sia economici (molte le materie prime fra cui metalli rari, uranio, petrolio), sia geopolitici, che si stanno accentrando in quel continente, sono più che allettanti. Enormi sono le risorse minerarie dei Paesi africani, alle quali specialmente la Russia guarda con occhi lucidi… e con essa la Cina che prepara in Africa le infrastrutture indispensabili (strade, ferrovie, porti), per una espansione dei suoi commerci. In preparazione anche di sviluppi violenti e sanguinosi, come sempre.
Dietro ostentate dichiarazioni di stretta cooperazione tra Mosca e Pechino, i rispettivi interessi non sono però del tutto identici, soprattutto là dove la Cina dispone di molto più capitale e merci da “offrire” ai paesi africani: sarebbero pari a 3,4 mld di dollari gli investimenti cinesi nel 2022 e 1,38 mld di dollari quelli già effettuati nei primi 4 mesi del 2023.
E’ evidente il rapporto squilibrato a favore della Cina, la cui penetrazione finanziaria e mercantile è difficile da contrastare; Mosca, ancora inferiore come potenza capitalista, è presente principalmente nei Paesi della fascia sub sahariana e nel Sud del continente. Lì si trova la maggior parte del famigerato Gruppo Wagner di mercenari, e la Russia mostra in prevalenza attenzioni di tipo militare. Da rilevare l’esercitazione navale svoltasi a febbraio tra forze militari del Sudafrica, la marina russa e quella cinese: una conferma della marcia di "conquista" del continente africano. Nei primi 4 mesi del 2023 la Cina ha esportato verso i paesi africani merci per 58,9 miliardi di dollari, quasi il 30% in più del medesimo periodo dell'anno precedente. Quasi tutte uasi Quasi tuttematerie prime (petrolio, rame, cobalto e minerale di ferro), indispensabili per la tecnologia bellica. E negli ultimi anni, la Cina sta realizzando accordi bilaterali con vari paesi Africani per importare mano d’opera a basso costo; servirà per la grande manifattura Cinese ed anche per ridurre il valore del salario medio generale. Ed ora vengono avanti piani per uno sfruttamento della manodopera africana direttamente sul posto; l’immigrazione cinese in Africa consiste invece di imprenditori, commercianti e tecnici specializzati in progetti infrastrutturali con lo scopo dichiarato di delocalizzare parte delle lavorazioni cinesi proprio nell’Est Africa.
Tornando a quella… “sinistra” di cui sopra, l’annunciato avvio di un processo rivoluzionario si concretizzerebbe con quello che (ad opera delle spinte cinesi e russe) ci viene presentata come l’avvio di una fase di «destabilizzazione del modo di produzione a egemonia occidentale»…. Cambierebbero i “saccheggiatori”, ma non il modo di produzione né i rapporti sociali, per altro dominanti in tutto il mondo. La differenza consisterebbe nei guanti gialli indossati dai nuovi imperialisti…
Nel frattempo, in Africa continua a crescere il livello demografico [Secondo l'ultima revisione (2017) del World Population Prospects dell'Onu, il continente africano, che contava 1,2 miliardi di abitanti nel 2017, passerà a 1,7 nel 2030, a 2,5 nel 2050 e, guardando ancora più avanti, a 4,4 miliardi nel 2100]. Si accelerano i devastanti processi di urbanizzazione, diventando presto una bomba esplosiva per il capitale e le sue necessarie e controproducenti crescite di produttività [può sembrare un paradosso, ma...] che la valorizzazione del capitale insegue disperatamente.
E così, dopo che i mercati degli altri continenti sono ormai sommersi da merci invendute, si guarda a quelli africani sperando di trovarvi un possibile sbocco alla vendita di quanto la crescente produttività va proponendo, al fine di realizzare quella valorizzazione sempre più in crisi a seguito dell’inarrestabile calo del saggio di profitto (campa cavallo...).
Vi sono a questo punto anche i problemi della concorrenza e per questo si ammette la necessità di una «presenza militare» (sicuramente devastante e sanguinosa…), per ostacolare l’invasione delle multinazionali, quelle americane ma non solo, poiché tutti sono attirati da ciò che si spera possa essere un lauto banchetto. Sono sedute, nelle prime file, non solo la Cina e la Russia, ma pure gli Emirati Arabi, i Sauditi e gli Indiani, e tutti gareggiano per cercare di sostituire il capitale d’Occidente nella caccia a ricchi bottini sia di pace ma anche eventualmente di guerra. Insomma, le bande affaristiche (e inevitabilmente criminose), sono identiche sia ad Occidente sia ad Oriente. Il capitale sta spingendo tutto e tutti ad uno sviluppo industriale dell’Africa con un diretto impiego delle sue risorse per sviluppare la propria economia di mercato, dando massime possibilità di creazione e circolazione del denaro e delle merci. E sarà (e già è) soprattutto con le più recenti tecnologie, puntando in particolare sullo sviluppo delle reti mobili, di internet e delle infrastrutture digitali. Notevoli vantaggi ne avrebbe – sperano - la circolazione del valore e lo sviluppo dei business a cui tutti – ancora una volta sia ad Occidente sia ad Oriente – puntano. Già, progetti, sogni, speranze - alimentate dal sudore, dal sangue, dalle lacrime proletari e dalla devastazione ambientale... ammesso e non concesso che resti tesa la già traballante e arrugginita catena mondiale della produzione del valore e della accumulazione, entrambe in declino.
E alle masse si continua a raccontare la favola “democratica” degli scambi equi tra Paesi Africani e potenze imperialiste, anche se mascherate da un multipolarismo di stampo capitalistico che si accentra nei poli imperialistici di Mosca e Pechino, in competizione con quello Usa.
La cacciata di quest’ultimo dall’Africa viene spacciata per un momento dello svolgersi della Rivoluzione. Certo, si ammette un po’ di confusione, di caos, ma i “briganti ex colonialisti” saranno scacciati dal Burkina Faso, dal Mali e dal Niger per far posto ai nuovi. Un “processo rivoluzionario” (e dalli!), che segnerebbe il risveglio della ribellione del continente africano all’ordine diseguale del capitalismo per imporne uno più consono agli interessi di altri centri (oltre Washington) come quelli di Mosca e Pechino. E il saccheggio continua.
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