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Home ›Niger: l’imperialismo, d’Oriente e d’Occidente, è sempre lo stesso (ripresa)
Il recente golpe ad opera di un gruppo di ufficiali appartenenti al “Consiglio Nazionale di Salvaguardia della Patria”, ha acceso l’attenzione mondiale sul Niger. Il presidente Mohamed Bazoum, fino a ieri sostenuto dalla Francia e a sua volta un dichiarato filo-statunitense, è stato arrestato.
Il Niger è un paese dell'Africa Occidentale, che non solo occupa una posizione geografica importante per i traffici commerciali ma nasconde nel sottosuolo materie preziose per il capitalismo e la sua società (uranio, petrolio, gas naturale, oro, diamanti e terre rare).
Il colpo di Stato fa seguito a quelli avutisi in Guinea, Mali e Burkina Faso. Nei due ultimi paesi del Sahel (1), il rovesciamento del governo ha visto gli uomini del famigerato gruppo Wagner occupare posti di prima fila. Tutti questi Paesi si trovano oggi in un preoccupante stato di confusione dopo essere stati teatro degli affari, più che malavitosi, delle proprie borghesie in combutta con l’imperialismo d’Occidente. Borghesie che si sono appoggiate alle operazioni di un controllo prevalentemente militare che ha visto impegnatissima la Francia nella zona del Sahel e delle ex colonie dell'Africa occidentale.
Il Niger, settimo produttore mondiale di uranio, fa inevitabilmente gola anche alla Russia che vorrebbe sostituire la società statale francese Orano, la quale - nel gestire la produzione di uranio – fu anche sospettata di aver inquinato le falde acquifere nigerine…
Va sottolineato che l’uranio nigerino serve alle 18 centrali nucleari francesi (56 reattori) ed è importante per l'industria marittima e degli armamenti. Anche la UE importa il 24% di uranio dal Niger (secondo fornitore ufficiale) il quale possiede una riserva di 311.110 tonnellate (World Nuclear Association - WNA).
E’ notevole poi l’importanza che ha il Niger riguardo al gas per l’Europa: un maxi piano prevede un gasdotto trans-sahariano il quale, partendo dalla Nigeria, passerebbe per il Niger fino ad arrivare in Algeria e da lì confluire nel gasdotto trans-mediterraneo che attraversa la Tunisia. Alla costruzione partecipa l’Eni, ma la situazione attuale sospende tutto. Tanto più che l’Ecowas, l’organizzazione economica che raggruppa i Paesi dell’Africa occidentale, ha deciso congelamenti e sospensioni riguardanti beni, transazioni economiche e commerciali, con chiusura dei confini terrestri e aerei. Pure Berlino avrebbe bloccato aiuti finanziari oltre ad ogni tipo di cooperazione per uno sviluppo del Niger.
La Russia sta dunque cercando di aumentare la propria presenza e influenza in Africa, sia nel settore economico-finanziario sia in quello militare. Da tempo la diplomazia russa è in piena attività nello scacchiere africano; il crollo dell’impero che si definiva “sovietico” ha fatto diminuire una penetrazione in Africa, che era sfociata nella creazione di alcuni regimi addirittura definiti “marxisti” (Congo, Mali, Angola, Etiopia, Dahomey-Benin). Alcuni di questi si trasformeranno poi (mancando da Mosca un consistente aiuto economico-finanziario) in vere e proprie dittature, con le stesse compagnie petrolifere occidentali che cavalcano manifestazioni di “socialismo africano”, cioè nazionalismo, panafricanismo e poteri forti (leggi, frange borghesi). L’influenza russa si è poi ridotta a seguito dei fallimenti economici registrati dalle nazionalizzazioni, mentre le potenze occidentali si facevano avanti. Con ogni mezzo.
Una successiva ripresa di relazioni economiche e politiche coi Paesi africani, portò la Russia ad un forte aumento dell’interscambio commerciale: più 470% tra il 2005 e il 2018, arrivando a quasi 20 mld di dollari. Col gruppo BRICS (Brasile-Russia-India-Cina-Sudafrica) cominciarono le “invasioni” russe nel settore minerario e metallurgico africano e le vendite di armi e cereali. Gli imprenditori russi erano attirati dal manganese, diamanti, oro e petrolio africano, e Mosca si interessò anche alla costruzione e al potenziamento di ferrovie (Algeria e Libia) mentre all’Egitto furono venduti quattro reattori nucleari e firmati accordi di cooperazione nucleare con una ventina di Stati africani, tra i quali Nigeria, Sudan, Etiopia e Rwanda. In forte aumento pure gli accordi di cooperazione militare con Niger, RCA, Tanzania, Zambia, Madagascar, Botswana, Burundi, Guinea-Bissau, Sierra Leone, Eswatin[ex Swaziland]. Molte le forniture di equipaggiamento bellico, scambio di intelligence e consiglieri militari con milizie private. Tutto in cambio di concessioni per gli interessi russi, con Mosca che si offriva per un potenziamento della difesa di Stati africani esibendo il suo passato senza le macchie delle oppressioni coloniali di cui abbonda l’Occidente.
In particolare, Mosca figurava come liberatrice del Sahel dalle ruberie francesi, con prospettive per essa allettanti. Quanto alla compagnia “privata” russa Wagner, molto chiaro era il suo interesse per i giacimenti d’oro e diamanti che si trovano in Africa. L’invasione dell’Ucraina ha poi influito negativamente sulla edulcorata immagine di una Russia amica fraterna dei popoli africani, e già in qualche difficoltà per le scarse potenzialità economico-finanziarie di cui dispone.
E gli eventi non sono tali da assicurare un equilibrio stabile, bensì un sempre più grave disordine mondiale che comincia, seppure lentamente, a scuotere lo stesso assoggettamento in cui versa il proletariato verso una economia e una finanza che hanno nella sopravvivenza del capitale internazionale il loro fondamentale sostegno.
Al punto che la Russia è costretta all’uso di due scarpe per un solo piede, come nel caso degli accadimenti nigerini, alternando dichiarazioni favorevoli ad un ripristino dell’ordine costituzionale e democratico in Niger.
Sembrerebbe in parte d’accordo – pur sempre ambiguamente - con l’Occidente, mostrandosi al popolo per un “alleato costruttivo” disposto ad un restauro dello stato di diritto, con inviti “alla moderazione” ed anche – specie dopo gli ultimi accadimenti in Ucraina-cercando di distinguersi dal totale appoggio ai golpisti, apertamente dato dalla Wagner.
Nel Niger, da un anno si è formata la coalizione, M62, di una ventina di associazioni, comitati popolari e sindacali, contro la presenza straniera, in particolare francese. Ne risentiva – afferma M62 - la “dignità nazionale” ed ora si ritornerebbe a servire gli interessi popolari, come farebbero il Mali e il Burkina Faso_,_ “operando con la Russia”, che tutti indicano ora come il partner migliore.
Un avvicinamento evidente verso la Russia, dunque, la quale fa di tutto (specie in veste di fraterno “partner”) per cercare di consolidare la sua presenza in Africa, dove per molti sarebbe ben vista una “nuova partnership strategica” in sostituzione di quella Occidentale. Per meritarsi questo trattamento di favore, Putin gioca la carta dei rifornimenti di grano a buon mercato solo per i Paesi africani amici e così guadagnare a suo favore la momentanea fiducia dei popoli africani. I quali hanno avuto modo di sperimentare quante ingiustizie e saccheggi criminosi hanno accompagnato per secoli l’oppressione delle potenze economiche occidentali e della loro civiltà (cioè le borghesie). Non sanno però cosa li attende da Oriente, dove Mosca è pronta a fornire “equipaggiamenti militari” per finalità… multipolari. Nel Mali le forniture comprendono già “aerei da ricognizione, veri e propri elicotteri da combattimento, armi di ultima generazione e molti altri mezzi”. Queste operazioni rappresenterebbero un reciproco vantaggio sia per gli uni sia per gli altri; si basano sulla considerazione che la Russia di Putin possa essere un partner migliore, più “serio e affidabile”, tanto da “poterlo sostituire ai presenti sfruttatori: e con i russi si potranno attuare progetti congiunti reciprocamente vantaggiosi e sviluppare i depositi di uranio e petrolio nel Paese… e condividerli, con scambi che saranno fruttuosi con la Russia, perché la Russia è seria e ci aiuterà a condividere tutto ciò che facciamo insieme e porterà molte aziende nel mio Paese, e questo rafforzerà la loro presenza reciprocamente vantaggiosa in Africa… una volta riconquistata _la nostra sovranità…"_.
Così il leader panafricanista nigerino Oumarou ha arringato le masse nelle piazze del Mali, presentando la ribellione del “popolo” al colonialismo francese_, ”arrogante quanto decrepito_” al pari del ”colonialismo occidentale in genere”, offrendo la concessione di fette di mercato alla Russia e alla Cina piuttosto che agli Occidentali. Il fine della classe borghese dei paesi africani è quello di fingere una ricerca di basi paritarie e di utilità reciproca dei commerci in atto: così la prospettiva della rivoluzione comunista non potrà che indebolirsi anziché rafforzarsi, col rischio di indirizzare quello che è il soggetto stesso della rivoluzione (la classe operaia col suo partito) su devianti posizioni politiche di opportunismo e di imbelle riformismo conservatore, rincorrendo fantasiosi sviluppi “democratici e progressisti”…
A questo punto è per noi chiaro che fino a quando le avanguardie proletarie (o che si pretendono tali) non si libereranno dalle loro più o meno velate simpatie per simili prospettive strategiche, la rivoluzione comunista non farà che allontanarsi nel tempo e nello spazio. E Mosca continuerà ad esportare (prima in graduatoria) armi in Africa, specie in Algeria ed Egitto, ed i mercenari della Wagner si distingueranno nell’offrirsi in aiuto (a pagamento…) delle borghesie africane. Tutti pronti a garantire buoni affari al capitale qualunque sia la mano che lo stringe sul… proprio cuore; con armi sempre pronte poiché la violenza non guasta mai, a meno che a praticarla sia il proletariato! – e garantendo alla “Patria” quelle che sono le sue “dinamiche di sviluppo”, cioè una costante valorizzazione e accumulazione del capitale.
Tassativo è il rispetto del modo di produzione dominante e dei relativi rapporti sociali che ci si guarda bene – fra i gruppi della sinistra cosiddetta antagonista – di mettere quanto meno in discussione. Importante sarà per noi approfondire la necessaria presenza di una soggettività in grado di approfittare delle tante contraddizioni del presente “stato di cose”. Fino a realizzare la necessaria aggregazione e unità di classe senza le quali, organizzate come partito e ampliate a livello internazionale, non si rende possibile e fattibile una trasformazione rivoluzionaria della società e dei rapporti di produzione che la definiscono, e la condannano, storicamente.
Note:
Il Sahel è una zona tra il deserto del Sahara, la savana sudanese, l'oceano Atlantico e il Mar Rosso. Vi si trovano gli Stati di Gambia e Senegal, e parte di Mauritania, Mali, Burkina Faso, Algeria e Niger, Nigeria e Camerun, Ciad, Sudan, Sudan del Sud ed Eritrea.
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