Una espansione sempre più in riduzione

Gli economisti ufficiali definiscono come “moderata” una crescita dell’economia che per il capitalismo equivale ad una terrificante prospettiva: siamo poco sopra l’1% (Fmi prevede per il 2023 in Europa un debole + 0,7%). L’economia capitalistica non riesce più ad uscire da una stagnazione con conseguenze direttamente negative sui profitti, sempre in “contrazione”, e che fa tremare strutturalmente il capitale del mondo intero. La domanda di merci è stagnante, in tutti settori, soprattutto quelli che si sperava diventassero i più dinamici, come il tecnologico dove la redditività è in calo. Una situazione incandescente, con *l’*instabilità finanziaria che cresce mentre l'aumento del costo del denaro non fa che contribuire al calo degli investimenti, con i fallimenti aziendali a un + 9%.

Il ciclo del credito facile che avrebbe dovuto stimolare l’economia, sperando in una crescita basata sul debito e sulla leva finanziaria, si sta concludendo col rialzo dei tassi e la crisi del sistema bancario. Dopo un periodo di basse insolvenze, grazie agli interventi straordinari, ora si apre uno scenario con morosità in aumento e il perdurare – ormai cronico – di una stagnazione economica che procura una impennata di default. Anche la Cina del “capital-socialismo dai caratteri cinesi” si muove in una situazione – soprattutto nel settore immobiliare (circa il 30% del Pil) – piuttosto preoccupante: si hanno notizie che danno in difficoltà Zhongrong International Trust con i suoi prodotti finanziari ma anche i colossi immobiliari Country Garden ed Evergrande (con 500 miliardi di dollari aggregati di debito). Lo yuan perde nei confronti del dollaro; in diminuzione l’export, la domanda interna e gli investimenti esteri diretti.

Torniamo alle visioni degli… esperti che nelle loro proiezioni macroeconomiche prevedono una lunga fase di stagnazione, con una politica monetaria restrittiva nel tentativo di riparare gli eccessi di debito accumulati in 14 anni di quantitative easing (QE) ovvero di aiuti di stato (che sono stati da alcuni calcolati come profitti) per stimolare i consumi. La recente impennata dell’inflazione ha poi agevolato la tenuta temporanea dei profitti grazie all’aumento dei prezzi. Anche se momentaneamente e in apparenza positivi, questi profitti si sono subito ridimensionati, anche in seguito ai consumi stagnanti.

La crescita del debito mondiale ad ogni ciclo (che dovrebbe essere “espansivo”) continua a peggiorare. Ormai soltanto grandi monopoli come Amazon, Apple, Samsung, Huawei, Google, Facebook, Microsoft, Booking, godono una posizioni che dovrebbe essere dominante nei mercati ma che comincia anche per loro a mostrare zone d’ombra. Gli stessi crediti non sono più remunerativi; sono insostenibili e rendono ancor più oscuri gli scenari che circondano la società borghese e fanno precaria la sua sostenibilità. E qua e là si manipolano e bruciano miliardi di dollari in investimenti finanziari che i mercati internazionali polverizzano dalla sera alla mattina, mentre i campi di guerra si vanno allargando.

Nonostante gli interventi statali di soccorso, i tanto necessari equilibri sociali sono vicini a scosse profonde e insanabili, mentre va ogni giorno allargandosi la piaga purulenta che ha invaso il corpo del capitale. Si tratta del numero – tendenzialmente in diminuzione - degli operai impiegati nei settori manifatturieri cioè produttivi di merci che contengono plusvalore. In confronto si è registrato un aumento degli operai del terziario, dove poi si sono poi succedute molte “riduzioni” di personale.

A parte le cifre irrisorie dei salari distribuiti, si tratta di una massa di… “beneficiari” che non raggiunge la metà della popolazione attuale sulla Terra. Ma considerando i soli lavoratori “produttivi” (e sono loro che dovrebbero mantenere tutti gli altri, fornendo plusvalore in abbondanza al capitale improduttivo!) appare evidente che non più di circa due miliardi di uomini e donne (e bambini sfruttati dal capitale in lavori a volte bestiali) che dovrebbero sostenere altri 2 miliardi di esseri umani che la borghesia deve tenere impiegati per mantenere in efficienza il suo… disordine economico e finanziario, amministrativo e militare, nel mondo. Ed a metà secolo si annuncia una popolazione terrestre di una decina di miliardi di individui!

In questa situazione sono in crescita gli interventi statali di soccorso, ma invano si cerca un equilibrio sociale che stabilisca ordine e tranquillità.

L’incubo dei debiti pubblici si aggrava col salire dei costi di un loro rifinanziamento: si accorcia la coperta per le promesse di politiche fiscali più… equilibrate. Dunque, debiti insostenibili che rendono ancor più oscuri gli scenari attorno alla societa borghese e rendono precaria la sua sostenibilità. In definitiva, si manipolano e bruciano miliardi di dollari in investimenti finanziari che i mercati internazionali polverizzano dalla sera alla mattina, mentre i campi di guerra, che si vanno allargando, fanno la loro tragica parte.

Si cerca di mascherare la crisi che rode il capitale figurando contabilità che fingono di ignorare ufficialmente molti costi (ammortamenti, interessi passivi, costi ritenuti transitori, ecc.) e che a tutti gli effetti sono perdite operative.

Il settore finanziario – che la borghesia ha cercato di far diventare una industria – si sorregge con investimenti passivi, trascinando dietro di sé società che potrebbero fallire da un giorno all’altro. Se non si fanno utili e le perdite si accumulano, l’ombra del collasso scende sul sistema. Cominciano i tentativi di incentivare quelli che altro non sono che rischi tali da aggravare crisi che rischiano di essere più che devastanti. Gli interventi delle Banche Centrali sono diventati a loro volta altamente pericolosi, finendo col fare da incentivo ai rischi stessi. In conclusione, non solo la finanza non sostiene l’economia, ma non fa che allungare le mani sul plusvalore che ancora forniscono i settori produttivi di merci.

La crisi in cui versa il capitalismo è gravissima: l’intero sistema si sta (anche se lentamente) avvicinando ad una possibile sua disintegrazione che farebbe precipitate tutta la specie umana in un profondo baratro. Anche se – ripetiamo – i tempi non sono brevi, trattandosi di un processo non completamente lineare. Anche se la valorizzazione e accumulazione del capitale è indubbiamente vicina al tramonto storico. Sempre più difficile si sta facendo quella che per il capitale è la sua fondamentale esigenza di vita o morte: la trasformazione del vivente lavoro in “creatore” di valore, con lo sfruttamento della forza-lavoro.

La cosiddetta “autonomizzazione dei processi produttivi” (che ha invaso anche i settori delle Banche, amministrazioni pubbliche e servizi sociali) sta mettendo sempre più in forse quel feticismo della merce che purtroppo ancora imprigiona gli uomini nel regno dell’astrazione impedendo loro una reale presa di coscienza del concreto che li circonda. Si sta approfondendo un dinamica storica che annuncia il possibile superamento del “presente stato di cose”: la sostituzione di buona parte del lavoro vivo con tecnologie sempre più avanzate grazie anche a scoperte scientifiche fino a ieri considerate fantascienza. Questo sviluppo delle forze produttive mette però in crisi la “produzione” di valore, di plusvalore e di profitto, facendo vacillare la “società della merce” ed oggi incidendo su quei mercati finanziari dove il capitale fittizio sembrava farla da dominatore incontrastato. In grado di sostituirsi al vivo lavoro nella “creazione” del valore. Ed è a questo punto che – anche se il periodo temporale non potrebbe affatto essere breve – la critica rivoluzionaria delle “logiche” capitaliste si impone con ancora più forza ed investe un modo di produzione che ha esaurito quelle iniziali potenzialità che lo avevano storicamente affermato. Lo stesso coinvolgimento fin qui subito dalla classe oppressa e sfruttata – il proletariato – sta vacillando e potrebbe finire la sua “paralisi” in una lotta di classe che lo ha visto farsi persino funzionale alla propria integrazione nel sistema della produzione capitalista. Oggi più che mai può riproporsi a tutti gli effetti come il vero “soggetto rivoluzionario” in grado di guidare l’umanità alla propria liberazione ed evitare il pericolo di una barbarie che potrebbe avanzare tra le rovine del capitalismo e della società borghese, totalmente condizionata alla sfera del valore. Ed è proprio questa società – la società della merce – che per sopravvivere deve incrementare la produttività e la vendita di quanto produce. Ma il mercato – fattosi globale – sta esaurendo l’assorbimento (cioè l’acquisto!) di merci, via via che aumenta la massa (ormai a centinaia di milioni nel mondo) dei disoccupati senza salario (nonché la riduzione del salario di chi rimane), e quindi ogni incremento di produttività (che nel medesimo tempo - con l’introduzione di macchine e tecnologie automatizzate – porta a riduzioni di personale) finisce col diminuire il potere d’acquisto di molti proletari. Incrementare la produttività è un imperativo per il capitale che cerca invano di contrastare quella caduta del saggio medio di profitto che lo tormenta.

Anche le illusioni dello Stato sociale svaniscono in un dilagante aumento di miseria e privazioni per molti proletari. La borghesia non può che difendere un disordine sociale avanzante, difendendo quel capitalismo oltre il quale per essa non esiste alcun futuro. Il contrario di quel che sarà per il proletariato, e poi per l’umanità intera, quando la rivoluzione comunista si realizzerà, grazie anche – e non da ultimo - alla guida delle avanguardie della classe operaia e del suo partito. Avanti – dunque – per l’abolizione del denaro, del lavoro salariato, della merce, del valore. L’abolizione di ogni rapporto sociale capitalista sarà fondamentale e non potrà essere sostituita in alcun modo da una proprietà statale dei mezzi di produzione o da forme di autogestione dell’alienazione capitalista.

Giovedì, August 24, 2023