Polvere e fuffa: la tassa sugli extraprofitti bancari

Tra i molti effetti, non collaterali, che la crisi del ciclo di accumulazione (1) sta producendo, c'è anche quello dello scadimento del personale politico a cui la borghesia affida o è costretta ad affidare la gestione della propria macchina statale. Questo scadimento è il riflesso del progressivo restringersi degli spazi di manovra nell'amministrazione della crisi stessa, di cui la Brexit in Gran Bretagna e lo sviluppo del cosiddetto sovranismo fascistizzante sono alcuni degli esempi più vistosi. I margini per riforme di stampo socialdemocratico, cioè di un alleggerimento del giogo capitalista sulla classe operaia (intesa in senso lato), ammesso che esistano ancora, sono sempre più ridotti, perché il problema di fondo del capitale (dei suoi gestori) è quello di alzare il saggio di plusvalore – ossia lo sfruttamento della forza lavoro – in maniera tale da rianimare un saggio di profitto in affanno e far ripartire un nuovo ciclo di accumulazione a scala mondiale.

Tutto questo ha come “imperativo categorico” quello di attaccare a fondo le condizioni di lavoro – e quindi di esistenza – del proletariato, a cominciare dal salario; infatti, da qualche decennio è stato ridotto sia in termini assoluti che relativi, e non solo in Italia. Tutti i governi si sono dati e si danno da fare in tal senso, non certo da ultimi quelli “di sinistra”, che hanno colpito e colpiscono la classe lavoratrice tanto quanto quelli di destra; ma così facendo, hanno creato sconforto, delusione e disorientamento in settori proletari che credevano sinceramente che la “sinistra” fosse diversa e migliore della destra. La passività e il senso del “non c'è niente da fare” che ne sono conseguiti, hanno contribuito a spalancare le porte agli eredi del fascismo storico nelle “nuove” versioni dette populiste-sovraniste. Queste correnti, fingendo di raccogliere le bandiere della giustizia sociale che la “sinistra” ha buttato nel fango (vero, ma da moltissimo tempo...), pescano anche voti proletari e, nella disillusione passiva, quindi sterile, del grosso del proletariato, capita che vadano al governo. A scanso di equivoci, lo ripetiamo, i governi di centro-sinistra hanno accumulato notevoli benemerenze presso la borghesia (una per tutte, il Jobs-act), ma anche per la lunga collaborazione con i cosiddetti poteri forti, di solito evitano di scadere nella demagogia più sguaiata e di scivolare – non sempre – nella cialtroneria più becera. Insomma, perseguono gli stessi risultati, ma con “stili” diversi.

Non sempre, però, la destra riesce a padroneggiare la propria demagogia, rischiando di fare figure di m… agli occhi di quei poteri forti per i quali deve governare. È il caso della tassa sugli extraprofitti bancari annunciata dal governo ai primi di agosto.

Com'è noto, il 7 agosto, il consiglio dei ministri annuncia che, a causa dell'aumento dei tassi di interesse attuato dalla BCE, da cui è conseguito un boom dei profitti bancari, questi “extra” saranno tassati per il 40% se il ricavo dovuto al margine di interesse è superiore al 3% nel 2022 e al 6% nel 2023 rispetto al 2021. Il margine di interesse è la differenza tra gli interessi che le banche pagano ai clienti per i loro depositi e quelli che fanno pagare a chi prende in prestito il denaro. “L'uscita” del governo, che nessuno si aspettava – anche perché il ministro dell'economia l'aveva esclusa qualche settimana prima – ha gettato nel panico le banche, che hanno, sì, spanne di pelo sullo stomaco, ma i nervi molto fragili. L'8 agosto, alla Borsa di Milano c'è stato un crollo dei titoli bancari. Il che ha obbligato il governo a una rettifica immediata, alzando la base imponibile al 5 e al 10% e specificando che il prelievo fiscale non sarebbe andato oltre lo 0,1% dell'attivo. Così, i proventi di questa tassa una tantum, che sarebbero dovuti essere di tre miliardi, sono calati grosso modo a meno di due. Con questi aggiustamenti, lo spavento è passato e i titoli hanno ampiamente recuperato. Le successive rassicurazioni di Tajani, secondo il quale il provvedimento sarà “migliorato” nell'iter parlamentare, fino a prospettarne la trasformazione in credito d'imposta a favore delle banche (!), ha gettato altra acqua sul fuoco (2).

Vedremo come andrà a finire, ma di sicuro il sistema bancario sarà ben poco intaccato dall'eventuale tassazione, come ha sottolineato, tra i tanti, anche G. Tria, ex collega di Salvini nel “Conte 1”. Così infatti si esprime:

... non sarà questa tassa, mal congegnata e tecnicamente concepita […] a mettere in crisi il sistema bancario italiano […]. Al contempo, fa sorridere che con questa tassa qualcuno pensi di aver sfidato a singolar tenzone la finanza internazionale in difesa dell'economia reale (3).

Può far sorridere, ma l'alta borghesia, che tollera fino a un certo punto le sguaiate manovre elettoralesche del variopinto personale politico, è molto irritata, tanto è vero che la BCE si è sentita in dovere di spedire una lettera al governo, con la quale lamenta di non essere stata informata preventivamente (come vogliono le regole europee) e precisa che l'eventuale introito dell'extraprofitto dovrà essere destinato a rinforzare il sistema bancario in caso di possibili difficoltà. Proprio per affrontare i momenti difficili, gli extraprofitti non devono essere toccati, se mai incrementati. Un'immaginaria gara tra facce di bronzo vedrebbe un testa a testa tra chi difende l'intangibilità dei profitti bancari-finanziari, in nome della tenuta del sistema e, quindi, in ultima analisi, dell'equità sociale (vedi la lettera della BCE), e chi, come i fascistoidi al governo, sempre in nome di quell'equità, fa un po' di “casino” nel salotto buono della borghesia, col solo risultato di rompere qualche cristalleria. Il danno è stato, e sarà, di poco conto (ammesso che di danno effettivo si possa parlare), ma in ogni caso lo pagherà la classe lavoratrice, quella per cui, a chiacchiere, la banda meloniana ha alzato il polverone d'agosto. Infatti il governo – a cominciare da Salvini, che per cialtroneria e cattiveria antiproletaria non è secondo a nessuno – giustifica la finta crociata contro le banche con la necessità di dare una mano a chi è in difficoltà col pagamento del mutuo della casa, alle aziende indebitate con le banche e impossibilitate ad accendere nuovi prestiti, a causa dell'aumento dei tassi messo in atto dalla BCE, o di finanziare il taglio del cuneo fiscale e garantire l'aumento di salari e stipendi. Ora, con poco meno di due miliardi – ribadiamo, una tantum – i proletari che hanno visto la rata mensile del mutuo crescere anche del 40 e passa per cento, concretamente, quanto potranno mai ricevere? E' molto probabile, due spiccioli una tantum. Sempre ammesso che a loro vada la quota maggiore del gettito straordinario e non sia destinata invece, altrettanto probabilmente, alle imprese (in particolare piccole?) indebitate con le banche, se è vero che

Stando ai documenti di Bankitalia e ABI, nell'ultimo anno i maggiori gruppi bancari italiani hanno registrato aumenti delle entrate da interessi netti per circa 13 miliardi, di cui oltre 11 a carico delle imprese debitrici (4).

Se il governo vuole davvero scremare i superprofitti bancari, perché non pensa di tassare le commissioni – cosa di cui il provvedimento strombazzato il 7 agosto non parla – gabella particolarmente arrogante? Non bisogna essere dei maghi della finanza per ipotizzare che gli istituti di credito potrebbero recuperare la tassa straordinaria aumentando le spese bancarie a carico dei clienti. Lasciamo stare la faccenda del cuneo fiscale, che è solo un modo di sgravare i padroni dall'aumento dei salari a spese dei contribuenti – cioè, ancora una volta, di salari e pensioni – e quindi della qualità dei servizi sociali, in primo luogo della sanità (5).

Lasciamo stare (si fa per dire), ma se proprio il governo vuole mettere un po' di soldi reali nelle tasche proletarie, perché non taglia le accise sui carburanti, il cui prezzo – con le ricadute su tutte le merci – sta salassando i redditi operai, cioè del lavoro salariato? Non sarebbe una misura comunista, visto che l'aveva già attuata il banchiere Draghi. Perché la coperta è molto corta – finanziare tutto quel che si dice di voler finanziare con due miliardi scarsi è un'impresa titanica... - e se qualcuno deve dormire con le gambe scoperte non può essere certo la borghesia, a cui, invece, vengono abbassate le imposte da decenni (6), anche quella, simbolicamente rivelatrice, del superbollo sulle auto di lusso, mentre si macella il Reddito di Cittadinanza.

Si “attacca” l'extraprofitto delle banche, ma si fanno generosissimi sconti al cosiddetto payback, cioè a quanto le case farmaceutiche devono allo stato, se le spese per farmaci e dispositivi medici superano un determinato livello: al momento, qualche miliardo. Niente male per chi ha ampiamente lisciato il pelo al torbido mondo no-vax col suo complottismo anti Big-Pharma (che non c'entra nulla con la doverosa critica all'uso capitalistico della scienza), ottenendone un ampio consenso elettorale. L'una tantum sugli extraprofitti non ha niente di sociale, se si intende con questo ciò che va a vantaggio della classe lavoratrice, del proletariato: è solo un espediente elettoralesco, l'ennesima occasione per distrarre e prendere all'amo un possibile elettorato proletario (e piccolo borghese), deviandone una volta di più il malessere sociale verso un organismo specifico della borghesia (UE-BCE), non contro il sistema borghese nel suo insieme. Nello stesso tempo, si dà una lucidatina all'antieuropeismo ruspante di quando i “fratelli” d'Italia erano all'opposizione, notevolmente appannato col cambiamento di postazione, perché quando si tratta di servire i cosiddetti poteri forti, “basta cazzate!”. Lo sa bene anche il caudillo leghista, per quanto pubblicamente finga di non saperlo e – a parole, solo a parole – spara ad alzo zero contro la UE, incarnazione aggiornata al XXI secolo del complotto demo-pluto-giudaico (7). Nei fatti, invece, si mette in riga come gli altri e, se mai, per darsi credibilità di “duro”, azzanna con particolare accanimento la classe lavoratrice, soprattutto i suoi settori più oppressi e i diseredati scampati all'annegamento in mare, nonostante le leggi da lui fortemente volute.

Può stupire che gente del genere, che ha Topolino come riferimento teorico (per altro citato in modo sbagliato: povero Topolino!), che dice – senza vergogna – che i poveri mangiano meglio dei ricchi o che gli omosessuali (maschi e femmine) sono degli anormali, possa governare un Paese detto avanzato.

Torniamo allora al discorso iniziale. Finché la classe lavoratrice rimane oggetto del capitale e delle sue bande politiche, becere o “rispettabili”, queste possono fare e disfare come vogliono. Possono sputazzarle in faccia mentre la bastonano, possono scatenare guerre, devastare il Pianeta con la protervia e l'arroganza degli impuniti.

Ma non sarà così per sempre e noi comunisti lavoriamo per accelerare il risveglio proletario, per preparare gli strumenti politici con cui chiudere finalmente i conti con un sistema sociale in cui impoverimento, degrado e violenza trasudano da ogni poro.

cb

Note:

(1) Ricordiamo: emersa all'inizio degli anni 1970.

(2) In pratica, diventerebbe una specie di prestito: La tassa sugli extraprofitti diventa un prestito. Tajani: "Credito di imposta pari al versamento". I titoli delle banche corrono - Il Fatto Quotidiano e Tassa sugli extraprofitti diventa prestito. Le banche corrono in borsa (quifinanza.it) Tassa sugli extraprofitti diventa prestito. Le banche corrono in borsa (quifinanza.it)

(3) Giovanni Tria, Tassa sulle banche, le parole sbagliate che minano la credibilità del sistema Italia, in IL Sole 24 ore+, 12 agosto 2023. Secondo Tria, dunque, la misura è, nel complesso, ridicola, ma pregiudica la reputazione - usa proprio questa parola – agli occhi della finanza internazionale e della BCE, nel momento in cui si stanno per negoziare nuove regole del Patto di Stabilità, a cui l'Italia è particolarmente interessata, per i suoi conti economici ampiamente fuori dai famigerati parametri del vecchio Patto.

(4) Emiliano Brancaccio, I due padroni del governo e l'opposizione, il manifesto, 11 agosto 2023.

(5) Tra le possibili destinazioni della tassa sugli extraprofitti prospettate da alcuni esponenti del governo, c'è anche quella di finanziare la defiscalizzazione degli straordinari e dei premi di produttività: un modo per cercare di far crescere la produttività, intensificando lo sforzo lavorativo o, detto in altro modo, lo sfruttamento.

(6) Sono tentativi, alla distanza poco più che palliativi, per compensare la caduta del saggio di profitto e saziare il famelico appetito di ampi settori di piccola borghesia, principale bacino elettorale della destra, che senza “l'aiutino” dell'evasione fiscale (incentivata, più che tollerata) e dell'abbassamento delle imposte, farebbe fatica a esibire un certo tenore di vita o, anche, a galleggiare.

(7) Il riferimento non è solo una battuta, viste le riproposizioni pubbliche dei più triti, e ovviamente idioti, luoghi comuni dell'antisemitismo storico da parte di esponenti dei partiti di governo. Che poi la ducessa e compagnia cantante ostentino amicizia profonda col governo di Israele non stupisce affatto: tra fascistoidi ci si intende.

Venerdì, September 1, 2023