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Home ›Asfissiati: altri 5 morti sul lavoro
Ormai è una sequenza senza fine: i morti sul lavoro hanno una cadenza e un rintocco a intervalli regolari. Rintocchi di campane assordanti che annunciano nuovi morti. Ma non è ancora finita la loro eco, che già ricominciano a suonare il loro lugubre e freddo messaggio di morte; morte? Assassinio! Questi sono assassinii e i mandanti hanno un nome e cognome: lo stato padrone! Il capitalismo, per far felice la borghesia.
Altri cinque morti sul solito altare del profitto. È accaduto a Casteldaccia, in Sicilia, in provincia di Palermo.
Cinque operai sono morti intossicati da idrogeno solforato, il sesto è in coma in prognosi riservata. Gli operai (erano in sette) erano impegnati in lavori di manutenzione in un impianto di sollevamento delle acque fognarie per conto dell'Amap. Tutta la nostra solidarietà di classe e il nostro dolore vanno alle famiglie di proletari come noi, che tutti i giorni rischiano la vita per un tozzo di pane, per riempire le pance dei maiali borghesi (con scuse sinceri ai maiali per l'accostamento), che ricominciano il solito odioso tran-tran delle false lacrime, delle false parole e delle false condoglianze: crepassero coi loro panciotti e i loro frac.
E intanto già si leva una selva di venditori di polpette avvelenate. Una macabra, infida e subdola gara dei pennivendoli e leccapiedi borghesi che, con l'aria di chi dice ma non dice, ma intanto butta la pietra: “erano senza la maschera”; “non avevano le protezioni”. Al confronto la “selva oscura” di Dante, sembra la pianura padana. La soluzione di questo vomito di fogna? Giusto per restare in argomento: è colpa loro! Il comandante provinciale dei vigili del fuoco spiega la dinamica dell'incidente: “«A uccidere le vittime sono state esalazioni di idrogeno solforato», (che provoca irritazione alle vie respiratorie e morte per soffocamento). «Se fossero state prese tutte le precauzioni del caso tutto questo non sarebbe successo».
Ecco! Quindi? È colpa loro, sono stati degli incoscienti; questo non si dice ma si fa capire. Qui il gioco è più sottile, mica come le dichiarazioni (fuori onda, perciò, convinto che non senta nessuno), di Alberto Franchi l'amministratore delegato di Franchi Umberto Marmi SpA: “I cavatori si fanno male perché sono deficienti. Gli incidenti che ci sono stati negli ultimi dieci anni, mi spiace dirlo, ma purtroppo sono colpa dell’operaio". (Report, Rai3) Oh, viva la sincerità! Un'eccezione? No questa è la regola. Andatevi a leggere le cronache su quest'ultimo incidente, parlano di tutto, sono cronache strappa-lacrime: “La figlia di una delle vittime, quando supera il nastro di protezione, sistemato dai carabinieri per isolare la zona della strage di Casteldaccia, si blocca. Guarda alla sua destra. Parcheggiata, radente al marciapiede, c'è un auto: è un Alfa Romeo Stelvio. «E' l'auto di papà, è la sua... E' l'auto di papà». “Piange, si dispera”. Naturalmente non manca la descrizione dell'auto, ci manca solo il graffio sul paraurti, che ovviamente non aveva, perché il suo papà andava a lavorare col tank perché andare al lavoro, è come andare in guerra: “papà hai dimenticato il mitra!”, urla la bambina mentre il suo babbo va al lavoro.
E come non ricordare un altro campione del pensiero dominante, sovranista e popolare, tal Sandro Iacometti giornalista di Libero (ovviamente un ossimoro), a Tagadà subito dopo l'incidente nel cantiere dell'Esselunga, in riferimento ai migranti morti: “Se fossero stati espulsi o se non fossero stati fatti sbarcare, adesso sarebbero salvi e vivi". E ancora: “Beh, non dovevano stare in Italia. Se sono lavoratori clandestini che vengono fatti lavorare, la colpa è di chi li ha fatti lavorare, di chi li ha fatti entrare e di chi non li ha espulsi – aggiunge – Non è che possiamo essere contenti perché ci sono gli immigrati clandestini che vanno in giro per i cantieri, perché quello è un ulteriore problema da risolvere. *Non sono risorse preziose, sono risorse che non dovrebbero stare in Italia".
Hai ragione. Minchia quanto hai ragione. Anche tu, per esempio, non sei né una risorsa né prezioso. E, metaforicamente, non dovresti stare in nessuna parte del mondo, e invece sei qui che ti cibi e fai la bella vita, assieme alla maggioranza dei tuoi pari, proprio grazie a quelle risorse a quei lavoratori che tutti i giorni si fanno il culo, per permettere al vostro deretano di stare bello comodo sulla morbida poltrona. In questo caso erano tutti italiani, e allora? Non dovevano stare lì. E invece c'erano, ma, ahiloro: senza maschera.
Adesso, ancora non si conosce la dinamica precisa, vogliamo solo riflettere sulla storia delle maschere. Ma è possibile che si possa scegliere di andare a fare un lavoro sapendo, con certezza, che dietro l'angolo ti aspetta la morte, senza prendere le giuste precauzioni? Possibile che gli operai si siano calati tutti giulivi nelle vasche al grido di: “ah che bello, vado a morir!”?. È talmente sporco il tentativo di giornali TV e media in generale di dare la colpa ai soliti operai che la parola schifo o ribrezzo è un complimento.
Poi scendono in campo i politici e i sindacalisti, con le solite frasi di circostanza. Mattarella and company si spingono molto oltre: “è inaccettabile”. Non ci stuferemo mai di denunciare che questi sono i morti del capitale e che solo lui è il responsabile, primo ed ultimo, di questo scempio. Trentasette anni orsono morirono, sempre soffocati, 13 operai in una delle tante stragi di questa putrida organizzazione sociale, che fa dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo il suo caposaldo. La strage della Mecnavi, dal nome della ditta di manutenzione, che operava sulla nave gasiera Elisabetta Montanari, fu la più grave del dopoguerra. «Mai più - scriveva il giorno successivo Pietro Folena su l’Unità - Questo si deve promettere, che mai più possano accadere tragedie come quella di ieri, a Ravenna.». Detto, fatto. Da allora 37 anni fa, come si può dire?, ne sono passati di morti sotto i ponti: un calcolo, per difetto, stima in oltre 60 mila morti stritolati dal santo profitto. Ora e sempre, amen. Almeno si augurano i borghesi e il loro stato, il loro modo e mondo produttivo. Noi invece lottiamo tutti i giorni contro il sistema capitalista la vera causa di queste tragedie. Landini: “A uccidere è il sistema degli appalti”, no mio caro signore, a uccidere è il sistema e basta! Di cui gli appalti sono solo un appendice, di tutte le varie appendici (o subappalti).
C'è anche chi invoca un “cambiamento culturale” per porre fine a queste tragedie: non ci lasciamo andare alla famosa risata, quella che vi sommergerà, per rispetto dell'ora grave. Magari anche la piena applicazione della costituzione repubblicana. Su queste cose e anche sul numero dei morti sul lavoro, i numeri veri, non quelli farlocchi forniti dall'Inail, rimandiamo al nostro art. “Morti sul lavoro, un unico assassino: il capitale”. Ne sono un ulteriore riprova anche gli ultimi numeri forniti dalla solita Inail, per la quale i morti sul lavoro, da inizio anno, sono 191; mentre per l'Osservatorio Nazionale di Bologna i morti sul lavoro, sono 367(1).
Lo diciamo ad alta voce, urlando, con tutto il fiato che abbiamo in gola: i morti sul lavoro non sono un problema di appalti, di regole, di cultura di leggi più o meno severe, che magari possono limitare le stragi; sono un problema di profitto che scatena tutto il peggio di questo marcio sistema che, per difendersi, scatena le peggiori guerre con centinaia di migliaia e milioni di vittime proletarie in tutto il mondo. Solo eliminando alla radice la causa di tutto ciò, il sistema capitalista, si può guardare il futuro con altri occhi.
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