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Home ›A un metro dal precipizio
Un altro compagno ci scrive, facendo “quattro chiacchiere sul tempo”, che, come sappiamo, non è più un argomento riempitivo di conversazioni leggere, essendo diventato, grazie al più distruttivo modo di produzione della storia, quello capitalistico, una questione di vita e di morte, nel vero senso della parola.
Se in questi giorni vi siete lamentati delle piogge incessanti e della bella stagione che non arriva mai, preparatevi a un futuro in cui chissà, potreste talvolta rimpiangere il vederla arrivare oltre la metà di giugno perché questa in più occasioni potrebbe non bussare alle porte prima di luglio, o forse anche più in là. E magari durare quel poco che deve durare per poi sicuramente protrarsi oltre il dovuto, portando strascichi di inverni secchi e dal clima mite in cui il nemico sarebbe non più il maltempo ma la siccità, che durerebbe almeno tre mesi e guarda un po', proprio in mesi in cui - lì, sì - dovrebbe piovere. Verso febbraio o marzo poi, potreste godrete dell'illusione di un assaggio di primavera al primo timido sole, dopodiché preparate ombrelli e kway per altri tre mesi. Questo inverno giravo per le nostre bellissime e desolate montagne, dove il massimo dello spasso domenicale in quel periodo è uno spritz al bar, e il loro paesaggio nella sua spettacolaritá, metteva malinconia. E sapete perché? Perché era un paesaggio di metà ottobre a metà gennaio, in cui ci dovrebbero essere tanti metri di neve quanto basta per riempire le stazioni sciistiche e “fare girare l'economia” - come comanda il capitale - di paesi, paesini e frazioni. È normale poi che la montagna si spopoli di gente che slitta in basso in cerca di un futuro.
Non c'è da aspettarsi molto di meglio da un clima che sarà sempre più inclemente con chi abita questo pianeta, compresi i responsabili della sua devastazione. Specie dopo che i buoni propositi dei vertici climatici del passato sono stati disattesi, e quelli del presente più recente si sono chiusi il più delle volte con un nulla di fatto. A Kyoto già nel 1992 si era detto che o si riducevano di colpo le emissioni di CO2 nell'atmosfera o la situazione sarebbe stata insostenibile. Poco e niente è stato fatto, del resto le leggi sono pezzi di carta fatti per dovere essere rispettati solo dai pezzenti che non si possono permettere avvocati di lusso o il lusso di scavalcare le loro stesse leggi. Legiferando per non rispettare, gli stati (comitato di affari dei padroni di un singolo paese, non certo entità imparziali) hanno continuato a gettare spazzatura tossica nell'aria, facendo credere al cosiddetto “uomo medio” (maschio e femmina) che la differenza l'avrebbe fatta lui girando alla larga dalle ZTL, circolando a giorni alterni o differenziando l'immondizia in bidoni di colori diversi (tutte cose rispettabilissime) mentre le grandi aziende - una su tutte in Italia, l' ILVA - hanno continuato a scoreggiare veleno verso il cielo blu e a provocare tumori.
Tutti nelle alte sfere dell'economia sanno a cosa andiamo incontro, ma guarda un po'...non gliene frega una cippa di niente. Il loro unico obiettivo è il profitto, costi quel che costi. Non ci sarebbe solo da limitare l'anidride carbonica, dobbiamo fare i conti anche con altre fonti inquinanti che in caso di aumento ulteriore della temperatura, siano essi in superficie o nei fondali oceanici, sprigioneranno all'esterno il loro contenuto letale, ad esempio il metano. Siamo tremendamente in ritardo sui tempi. Poi scopri però che ai recenti vertici tra gli invitati a dibattere di come salvare il pianeta c'erano migliaia di delegati delle principali compagnie petrolifere, andati apposta per perorare la causa di quanto bisognerebbe andarci piano a parlare di limitare le emissioni, in pratica a difendere la categoria. Come invitare il lupo a un congresso di agnellini (con tutto il rispetto per il lupo vero, sia chiaro... e per gli agnellini).
Già in passato non tutti sono stati concordi sui punti principali di un dietrofront globale in materia di sicurezza ambientale, e sono stati proprio i paesi tra i più inquinanti al mondo come l'India e l'ultracapitalista Cina, che tanta compañeria-de-noantri ancora difende, a dire "Scusate tanto, ma noi per la transizione ecologica aspetteremmo ancora una quindicina d'anni". Senza per questo voler difendere il gigante imperialista al di là dell'Atlantico (o qualunque altra borghesia) . Ecco, noi siamo in queste luridissime mani, anzi è perfino assurdo farsi prendere dal panico di una catastrofe climatica - oceani che si alzano paurosamente di livello, inondazioni, gravi problemi alle colture, peggioramento del clima su scala mondiale, ghiacciai che si sciolgono, iceberg grandi come nazioni che si staccano dal polo, ecc. - perché non possiamo fare calcoli o programmi di durata così lunga. È inutile dire "Di questo passo, tra 20 anni....", perché nel frattempo i boss della mafia imperialista mondiale hanno ripreso in grande stile, come non succedeva dai tempi di Breznev e Nixon, a pronunciare parole come "terza guerra mondiale" o "nucleare", con l'aggravante, oggi, che la crisi storica del capitale, incancrenitasi, ha fatto diventare più “cattivi” gli imperialismi di ogni caratura e la minaccia di una guerra generalizzata molto più concreta. Quindi, per quanto critica, l'emergenza ambientale ha ceduto il passo a quella bellica. Io (con altri) la mia conclusione non la tiro certo adesso, l'ho tirata parecchi anni fa, a 18 anni, quando sono entrato per la prima volta in una sede politica comunista. Ma tanto, siamo o non siamo solo coglioni che la storia ha sconfitto? Bene, allora adesso tenetevi il capitalismo, i suoi effetti e le sue conseguenze. Voi. Io non voglio fare la fine del topo.
F, 31 maggio '24
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