Stellantis and company: la compagnia dei magna magna

Come volevasi dimostrare, se ce ne fosse ancora bisogno: dei rivoluzionari comunisti non si può fare a meno, è necessario che essi mettano in campo tutte le loro energie di fronte alla tracotanza criminale, sempre più criminale del capitalismo, che calpesta vite a un ritmo infernale, da est ad ovest, da sud a nord. Di fronte alle tragedie giornaliere, persino il dramma, perché di questo si tratta, delle decine, centinaia e migliaia di lavoratrici e lavoratori, di masse sempre più sfruttate e schiacciate fino all'ultima goccia di sangue, pare una brezza, e invece è un uragano che sta devastando intere fabbriche. Stellantis, già FCA e Fiat, è certamente il caso più emblematico. Un fulgido esempio, come direbbero i camerati al governo e i militari nelle caserme, di un patriottismo senza pari. Il patriottismo degli Elkan, dei Marchionne e di tutti quelli (forse operai, proletari in genere??) che vanno a depositare nei paradisi fiscali i profitti e le rapine fatte sul suolo patrio. Già con la FCA, Marchionne aveva provveduto, da patriota doc, a spostare le sedi legale (Olanda) e fiscale (Londra). Qui, ad onor del vero, va fatta una precisazione, ovvero che i capitali non hanno patria, essi scorrazzano in lungo e in largo; l'unica loro attrazione fatale è la continua “infinita” crescita, ma soprattutto: quella cosa che si chiama profitto, col giusto tasso di rendimento. E, pur di ottenerlo, il capitale, cioè la borghesia, travolge tutto e tutti, non vi sono confini che tengano, non vi sono patrie che lo frenano. Se ne sbattono gli zebedei delle patrie, i borghesi. Questo è un articolo che va venduto alle masse sfruttate per tenerle sempre pronte a farsi macellare per le loro guerre di conquista, per i loro sacri interessi.

Questa premessa ci pareva obbligata visti i tempi che corriamo e visti gli spacciatori di merda che stanno al governo, merda sempre più nera. Appena messo il deretano sopra le comode poltrone, la prima cosa che hanno precisato è stata che finalmente anche loro giungevano al potere, al governo, come se in tutti gli anni passati non avessero trescato con Berlusconi (1) e non fossero mai stati al governo. Sono solo cambiati i rapporti di forza al loro interno. Come si dice: invertendo l'ordine dei fattori il prodotto non cambia. Ma può capitare, e succede, che nelle lotte tra le classi le regole matematiche vadano a farsi benedire, o, all'opposto: fottere. Questo è uno di questi casi. Infatti il prodotto è cambiato, ovviamente in peggio.

Perché mentre un giorno sì e l'altro pure, ci deliziano dei loro splendidi risultati, sociali ed economici, da quando (ri)stanno al governo: “tutto va bene madama la marchesa”; non si sono accorti che l'automotive sta andando in pezzi, e questa affermazione non è che un puro e semplice eufemismo. Perché ormai si contano i cocci. Ancora recentemente ci siamo occupati del mondo Fiat/Stellantis (Vedi l'ultimo numero di Prometeo), pertanto sarà giocoforza ribattere i soliti chiodi (ah, scusate, occhio coi chiodi, perché nell'era salviniana possono fare danni incalcolabili) dell'unità delle masse sfruttate, del fronte unico del proletariato, della lotta di classe contro la borghesia affamatrice e criminale; del mondo capitalista che, dove passa, lascia solo macerie. Questo mondo economico-sociale, i suoi meccanismi, i suoi ingranaggi produttivi, sono gli embrioni di tanta crudeltà, le guerre sono il loro naturale approdo e GUAI a chi si azzarda ad osare di mettere i bastoni tra le ruote.

Fanno ridere, se non ci fosse da piangere lacrime amare, le minacce governative per bocca dell'ineffabile ministro Adolf Urso contro Stellantis, per costringerla a toccare quel traguardo, che somiglia sempre più a un'oasi nel deserto, di un milione di auto. È veramente simpatico sentirlo nel suo intervento ai 125 anni della Fiat, ricordare la storia della Fiat, “questa storia gloriosa”, subito precisa, e che sia (ed é) stata gloriosa lo possono testimoniare i suoi padroni, che su questa gloria hanno pasciuto (e pascono), poverini, le loro stanche membra nella lussuriosa noia di questa vita terrena, sbattendosene gli zebedei e le “zebedee” del sic transit gloria mundi. Questa favoletta la lasciano a chi le membra se le spacca davvero nella produzione giornaliera di ricchezza per gli eletti, ma, come si dice, la ricchezza non fa la felicità, eh sì: figurarsi la povertà. Ma ad essi, i proletari, se viene assicurata la merda in questa vita terrena, gli viene garantito il regno dei cieli nell'altra vita. Continua il nipotino di Benito: “L'articolo uno della costituzione, che mi sono permesso di consegnare a Tavares in occasione del nostro primo incontro, recita che la Repubblica italiana è fondata sul lavoro, non sul profitto, il profitto è legittimo, assolutamente, - e ci mancherebbe - (sic!), ma non ad ogni costo...”. Ma tu pensa, la carta delle carte, sempre buona per tutto e per tutti, anche per le ex camicie nere. Ma è proprio qui il discrimine: la colonna portante del sistema sociale e produttivo capitalista è il profitto, Ad ogni costo! Ma questo lui lo sa benissimo. Le conclusioni sono quelle che ti fanno venire un brivido nella schiena, che danno nuovo slancio, nuovo vigore: “Lavoriamo insieme perché si riannodi la storia di successo e l’auto torni ad essere il sogno dell’Italia”. (Intervento del ministro Urso alle celebrazioni per il 125esimo anniversario Fiat, 14/07/2024). Si noti la data: luglio 2024. Cioè ieri, quindi questo signore mentre Stellantis/Fiat andava a rotoli con Cig a gogò, dimissioni incentivate (leggi licenziamenti), prepensionamenti ecc., parlava di sogni, lavoriamo insieme... Lavoriamo insieme? Detto da chi è da sempre negli affari della politica, e da chi scalda gli scranni del parlamento da trent'anni, somiglia molto all'armiamoci e...partite.

Sulle fondamenta poi dell'articolo uno, l'avremo detto mille volte, ma torniamo a ripeterlo, e qui non è che servono tante parole: da quando esiste quel pezzo di cartone chiamato Costituzione: a) la disoccupazione è sempre stata una costante della Repubblica; b) questo vademecum è il libretto su cui si fonda la società borghese, fondata, appunto, sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, sullo sfruttamento del lavoro salariato, anzi per essere precisi della forza-lavoro. Sulla disoccupazione, sui salari da fame, sul lavoro precario sempre più povero, soprattutto nell'agricoltura (3/5 euro all'ora!). Ma non è il solo a prendere per i fondelli i proletari, è in buona compagnia, ci sono i rampolli di casa Agnelli/Elkan, temporaneamente impegnati in una battaglia senza esclusione di colpi con la madre, e ovviamente il capo del gruppo il Ceo Tavares.

In un articolo per il Sole 24 ore, mette sul tavolo tutti i traguardi raggiunti dall'azienda e il futuro prossimo. Passiamo oltre i traguardi che invero somigliano molto ai gamberi, ottimo crostaceo, per carità, ma hanno un brutto vizio: camminano all'indietro. Il futuro è sotto gli occhi di tutti. Più Urso, assieme al suo socio in affari Tavares, “sogna” il milione di pezzi prodotti, più la produzione cala. Più che il ministro, Urso, pare Totò nel ruolo di Rosario Chiarchiaro, lo jettatore, nel film: “Questa è la vita”; cambia solo il titolo: “Questa è la Fiat”. “Nei primi sei mesi del 2024, Stellantis ha prodotto in Italia il 25,2% in meno delle vetture rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Gli stabilimenti di Mirafiori e Melfi stanno scomparendo con un calo rispettivamente del 63,4 e 57,6% Un disastro che coinvolge anche Cassino (-38,7%, con numeri simili a quelli del lockdown) e Modena, dove si sfornano le Maserati (-73,6)” (Dal Fatto Q. 8/07/2024). E sentite cosa dice chi ha in mano le chiavi di Stellantis: “Abbiamo dato una missione a ciascun stabilimento italiano fino al 2030, condividendola con le organizzazioni sindacali. Mirafiori sta diventando un centro decisionale mondiale grazie ai 240 milioni di euro di investimento e ai nuovi progetti ad alto contenuto ingegneristico...” Ma, ci sono ulteriori segnali, ovvero: “L'estensione della produzione della Fiat Panda...fino al 2029, la produzione della 500 ibrida a Mirafiori e i 100 milioni di euro per migliorare l'accessibilità della Fiat 500e con una batteria di nuova generazione”. E, per concludere, dopo aver ricordato la grande generosità di Stellantis, che in tre anni ha versato 360 milioni in premi ai dipendenti, dice che l'azienda, avendo come obiettivo “di preparare il futuro, sta pianificando nuove assunzioni sia a Mirafiori sia ad Atessa, di cui informerà a breve i sindacati”. (Carlos Tavares Il Sole 23/07/2024).

Allora, che possiamo commentare? Lui i licenziamenti li chiama pianificazione di “nuove assunzioni”. Ecco se volete capire cosa significa, come si dice a Roma, che le chiacchiere stanno a zero, il gentleman Tavares ve ne ha appena fornito un esempio. Il tutto inoltre è una chiara presa per i fondelli, perché questo articolo, come si vede, è del 23 luglio, quando, come si diceva sopra in riferimento all'intervento dell'uomo nero, tutto rotolava. Per quanto riguarda i premi, beh, vorremmo ricordargli che 10 come lui in un solo anno si portano a casa quanto 54 mila (mediamente) dipendenti Stellantis/Italia in tre anni di premi; se poi consideriamo i tre anni, superiamo il miliardo di euro! Ma lui si considera un calciatore, come se questo giustificasse tale schifezza, e anche l'altra, sì quella di chi in mutande prende a calci una palla...poverina. Schifezza su schifezza.

Il 7 settembre, infatti, poco più di un mese dopo si “scopre” che: “La produzione di auto nello stabilimento Stellantis di Mirafiori è crollata dell’83% rispetto ai primi otto mesi del 2023”. (Il Fatto Q. 7/9/2024). Numeri che ovviamente il comandante conosceva benissimo nel momento in cui scriveva l'articolo. Anche perché la situazione Stellantis/Italia andava nella stessa direzione: “I dati della produzione nei primi nove mesi del 2024... tra autovetture e furgoni commerciali (è stata) di 387.600 unità contro le 567.525 del 2023”. Meno 40,7% per le autovetture, e meno 10,2% per i veicoli commerciali.(2). Siccome che Cig, contratti di solidarietà ecc. continuano (Mirafiori resterà praticamente chiusa anche ad ottobre), le previsioni per il 2024 prevedono una produzione di auto e veicoli commerciali sotto la soglia dei 500 mila; nel 2023 la produzione si attestò a 751 mila. Una riduzione del 33%.

Erano tutte previsioni che si conoscevano benissimo fin da inizio anno. Solo il governo italiano e Stellantis ne erano all'oscuro: “La fase di recupero sul mercato dell’auto, iniziata ad agosto del 2022 con un andamento coerente tra Italia e Europa, in realtà si sta esaurendo. Il mercato dell’auto sta entrando in una sostanziale e non breve stagnazione con la prospettiva per il 2024 di un volume di immatricolazioni allineato a quello del 2023” (Il Sole 24 ore, 2 gennaio 2024), quando si immatricolarono un milione 566.448 autoveicoli compresi i commerciali. Le immatricolazioni in Italia prima della pandemia erano all'incirca sui due milioni. Si è calcolato che nel periodo 2020/2023, siano state perse quasi due milioni di autovetture; in sostanza è come se un anno fosse stato letteralmente cancellato. “A completare il quadro, analizza il Centro Studi Promotor, ci sono le carenze di disponibilità di auto a prezzi più contenuti nelle reti di vendita e, in generale, l’aumento dei prezzi delle autovetture (+34,3% dal 2019 al 2022, con ulteriori aumenti nel 2023). (Ibidem).

Questo è un altro aspetto, quello dei costi, che viene quasi sempre taciuto, perché a fronte di salari immobili, i costi per l'acquisto di un auto diventano sempre più insostenibili: “Delle auto immatricolate nel 2022, in Italia, solo 360mila stavano sotto i 20mila euro di listino, pari al 27% del mercato. Nel 2019 erano state 800mila ossia il 42% del mercato, di cui un 7% stava addirittura nella fascia sotto i 14mila euro, che nel 2022 è scomparsa”. Non parliamo poi delle elettriche i cui listini partono da 22mila euro in su, con un costo medio di 30mila euro circa su autovetture di gamma bassa. Tant'è che il mercato non è mai decollato, anzi nell'ultimo anno in particolare c'è stata una forte caduta, che ha mandato in crisi tutte le case automobilistiche europee, di cui la Volkswagen ne è l'esempio più eclatante, trovandosi nella “necessità” di chiudere diversi stabilimenti dopo 87 anni di storia e procedere al licenziamento di 15mila dipendenti.

Il dilemma è: green o non green. Che detto così pare un rompicapo irresolubile; c'è un solo piccolo problema che si frappone alla risoluzione soddisfacente di questa questione che poi è quella che, in ultima analisi, muove anche l'ultima rondella di questo mondo borghese infame: il profitto. Venga trovata la soluzione affinché il profitto continui a scorrere come un fiume in piena, e niente più ostacolerà green, elettrico ed ecosostenibilità. Quindi la macchina produttiva capitalistica non produce aprioristicamente “inquinamento ambientale”, diciamo così, per partito preso o per malvagità intrinseca della borghesia: produce ciò che ritiene più confacente e conveniente ai suoi interessi di classe: che sia verde, bianco o rosso ciò che produce, questo è un dettaglio secondario.

Ora se, per restare nel settore automotive, la produzione “sociale”, ovvero di tutte le aziende del settore si sposta dai motori a combustione interna, ai veicoli elettrici, è evidente che la concorrenza tra le case automobilistiche si giocherà sulle nuove tecnologie: il problema a quel punto è rendere vendibili gli autoveicoli elettrici per la semplice ragione che il capitalismo produce per vendere ma non a qualsiasi condizione, ma ad una sola: il profitto. E allora ricomincerà il solito valzer, peraltro mai interrotto, mantenere i salari entro determinati confini, ma allo stesso tempo creare le condizioni perché siano messi nelle condizioni di acquistare i veicoli prodotti. Impresa sempre più ardua visti i costi, come già si diceva sopra, e con salari immobili e al palo. Sempre più, il dilemma e le contraddizioni di questo sistema produttivo e sociale, si avvinghieranno, pertanto, di nuovo, sul suo corpo malato.

E qui subentra lo Stato con la esse maiuscola, con interventi sempre più pesanti nel venire incontro alle esigenze “profittevoli” del capitale, e nella fattispecie di Stellantis. Come detto prima, non ci addentriamo in questi conti, per questo rimandiamo all'ultimo numero di Prometeo. Qui prendiamo in esame solo gli ultimi finanziamenti, compresi quelli dei sovranisti che tuonavano, quando stavano all'”opposizione”, contro la Fiat mangiasoldi, salvo fare le stesse identiche cose quando mettono il culo sulla cadrega; che è la stessa identica cosa che a turno fanno gli altri, eh sì perché sono sempre gli “altri”... “In nove anni fra cassa integrazione, agevolazioni per assunzioni e contratti di espansione, abbiamo sborsato di tasca nostra quasi 887 milioni”. (Corriere della sera 24/06/2024, M. Gabanelli). Inoltre dal 1990 al 2019 a fronte di 10 miliardi di investimenti in tutto il mondo Fiat e poi FCA, lo stato ha contribuito per un ammontare di 4 miliardi, la bellezza, come si vede, del 40% del totale. (Ibidem)

Dalla fusione con Stellantis (Gennaio 2021), nel giro di tre anni i dipendenti passano da 52mila circa a 42mila. Ma nel corso del 2024 c'è un ulteriore taglio di 2.922 dipendenti. Nel frattempo gli utili viaggiano a vele spiegate. “A partire da gennaio 2021 a maggio 2024 Stellantis ha distribuito 16,4 miliardi di euro di dividendi, di cui 2,7 sono andati nella holding di John Elkann ad Amsterdam. E per l’anno prossimo il gruppo ha già annunciato che la quota di dividendi distribuita aumenterà”. (Ibidem) Non contento di ciò, il Ceo di Stellantis Tavares, nella[durante la sua] sua audizione in parlamento l'11 ottobre nel suo lungo “racconto”, sfrondato di tutto il “superfluo”, secondo il punto di vista degli interessi aziendali, è tornato in sostanza a battere cassa. Il suo lamento verte soprattutto sui costi eccessivi in Italia, superiori del 40% rispetto alla concorrenza, in maniera particolare “Ad esempio quello dell’energia è molto elevato, il doppio della Spagna. Non so perché.”. Quindi? “per sostenere la domanda in Italia servono notevoli iniezioni di incentivi sennò non ce la facciamo”. (A giugno su 1,95 miliardi di incentivi per il settore, Stellantis ha incassato 780 milioni) Non l'avesse mai detto! Tutti a urlare, da destra a sinistra; non parliamo poi dei sindacati, colpiti nell'onore! Ma sempre disposti a dare, sia a destra che a sinistra, come hanno sempre fatto. Siamo o non siamo patrioti? In fondo, il Made in Italy di Urso Adolf li accomuna tutti come un sol uomo: quando la patria (con pardon: Patria) chiama, tutti scattano sugli attenti. Compresi i compagni Montezemolo e Calenda, noti rivoluzionari della ex Confindustria, che ora tuonano, si fa per dire, contro Stellantis. I sindacati poi sempre pronti a difendere il proprio orticello sulle spalle e contro i lavoratori (donne e uomini), dopo tempo immemorabile hanno, bontà loro, dichiarato uno sciopero dell'automotive per il 18 ottobre; allargarlo almeno a tutto il settore metalmeccanico in crisi pareva troppo!

Ma la cosa comica è nel vedere tutti questi campioni del sussidistan (copyright Confindustria e simili), strillare contro Tavares: “...chiedere ulteriori incentivi mi sembra onestamente una pazzia”. (Emanuele Orsini presidente Confindustria). Che, detto da lui che ha scolpito in casa, su tutte le pareti, lo slogan: “Non devi chiedere mai!” è proprio una pazzia, senza sembra. Ha appena chiesto che lo stato paghi gli affitti delle case per i nuovi assunti, perché con mille euro al mese non ce la fanno a pagarlo, quindi, ha pensato il levantino, noi continuiamo a pagare mille euro e lo stato mette la differenza per l'affitto, i soldi così risparmiati ce li mettiamo in saccoccia noi: quando si dice libera impresa in libero stato... capitalista. Ma non si accontenta il bottegaio, infatti “...invoca 10 miliardi di sussidi da stralciare dalle tax expenditure (agevolazioni fiscali) ma poi girare in altra forma alle aziende” (Fatto Q. 12/10/2024). Certo per uno che non deve chiedere mai, non è niente male.

Ma sentiamo ancora il mendicante, l'accattone direbbe Pasolini: “Come possiamo essere competitivi con costi come quello dell’energia, che in Italia è superiore del 40% in più rispetto agli altri paesi”, ha detto il presidente di Confindustria. Per ridurre le emissioni servono “tempo e risorse”... Serve un piano strutturale di incentivi per le imprese”. (Il Sole 24 ore 13/10/2024 - Qui giochiamo in casa -). Tranquilli avete letto bene, non è Tavares è proprio Orsini che parla, ha solo copiato pari pari il compito di Tavares. Si dice faccia di o da... a voi la scelta. Poi guardi i giornali e leggi sullo squallido foglio chiamato con un ossimoro “Verità”: “Confindustria scarica la Fiat”; a parte il fatto che è Stellantis, forse al poveretto che si chiama, anche in questo caso, con un ossimoro, BelPietro, anziché dare notizie dobbiamo dargliele, perché andrebbe informato che è la Fiat, allora sì, ad aver scaricato la Confindustria nel lontano 1 gennaio 2012. Comprendiamo quindi che Orsini strilli contro Tavares, perché esso è uno strillo pro domo sua; perché in tempi magri la divisione della torta è sempre un problema, e se tu prendi la mia fetta, a me che rimane? Saltiamo Salvini che dice a Tavares di vergognarsi e non diciamo cosa dovrebbe fare lui, lo lasciamo solo immaginare.

In tutta questa montagna di vera e propria merda borghese chi paga il conto, sempre più salato, è tanto per cambiare il proletariato. I patrioti che stanno in parlamento hanno come unico faro la salvaguardia degli interessi dello stato capitalista ovvero della classe padronal-borghese. Quegli scranni sono il rifugio dei briganti, il covo dei nemici di classe; i rappresentanti dello Stato capitalista, Quello Stato la cui unica preoccupazione è tenere ingabbiate e sottomesse le masse sfruttate. Vi sono poi tutte le sezioni, confederazioni e federazioni sindacali che controllano e lavorano per la borghesia, più la crisi si aggrava, con sempre maggiore lena.

Il proletariato deve fare altrettanto se non vuole soccombere sotto il peso del capitalismo e imperialismo criminale, parola ormai talmente abusata da risultare vuota di senso, anche questo è uno degli obiettivi della classe dominante. Ma i rivoluzionari devono impedire che ciò accada, devono impedire che i crimini commessi dalla borghesia assumano la normalità della convivenza tra gli uomini. Ora gli “innocenti” di turno si accusano a vicenda di crimini su crimini; ma tutti a turno appena gli tocchi la cassaforte diventano criminali. Gli unici che non hanno la cassaforte e che ogni giorno la riempiono a favore dei padroni sono i proletari di tutto il mondo. L'unica classe criminale nel mondo è una sola la borghesia, l'unico sistema sociale che va spazzato via è il capitalismo, perché anche in tempo di pace, produce e lavora per le guerre future. Ecco perché il proletariato deve dichiarare guerra alle guerre e quindi guerra di classe sotto le bandiere del suo Partito Internazionale.

(1) Lo diciamo fuori dalla parentesi per non interrompere il filo del discorso, perché l'interruzione va oltre e perché il Berlusca, elevato a santo dalla camarilla fascistilla, è ancora vivo e vegeto nei loro neri cuori. Lo stanno infatti premiando in morte ancor di più che in vita. Il minestra delle infrastrutture e dei Trasporti, certo Salvini Matteo, ha voluto dedicarglil'aeroporto di Malpensa che, in fondo, se ci pensate si confà al personaggio, mentitore seriale; poi, non contenti, si parla sempre della combriccola, le Poste (società, com'è noto sotto il controllo dello Stato attraverso il MEF, Giorgetti), gli hanno dedicato, nel giorno del suo compleanno un francobollo con una tiratura di 350 mila esemplari. Corsa disperata verso gli uffici postali per tutti quelli che non hanno avuto il privilegio di leccarlo in vita; ora potranno farlo da defunto. Sentiamo ancora le note di Ulisse Barbieri, drammaturgo, scrittore, patriota e paroliere dell'800, nella sua ultima canzone del 1896: “Il crack delle banche”: “Se rubi una pagnotta a un cascherino te ne vai dritto in cella senza onore; se rubi invece qualche milioncino ti senti nominar commendatore...”. Si pensava di fare una rapina in banca, si può sempre sperare di diventare capi di Stato.

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Martedì, October 15, 2024