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Nonostante siano passati alcuni mesi dallo sciopero dei portuali in USA, pubblichiamo il bilancio della vertenza fatto dai nostri compagni dell'IWG, perché contiene valutazioni sempre attuali sulla natura del sindacato e getta acqua sugli entusiasmi del nostrano mondo radical-riformista che, naturalmente, aveva visto nella “vittoria” dei portuali, così come in quella del sindacato dell'auto UAW, la prova che la prassi sindacale è uno strumento valido per la difesa/miglioramento delle condizioni di lavoro, anche e non da ultimo in tempi di crisi come questi.
Il recente sciopero portuale dell’ILA è l’ennesimo esempio della natura dei sindacati come strumento delle classi dominanti
Il recente sciopero che ha coinvolto ben 36 dei maggiori porti merci di tutta la costa Est e del Golfo del Messico è il primo ad essere indetto dall’ILA (International Longshoremen's Association) dal 1977. Era stato stimato che lo sciopero sarebbe costato all’economia americana miliardi alla settimana, se non addirittura al giorno, secondo le stime più alte. La legge Taft-Hartlety (detta anche la “slave labour bill” letteralmente “legge del lavoro schiavistico”, che strappa potere ai sindacati) non è stata impiegata e il suo possibile uso è stato sconfessato nonostante fosse stata impiegata nel 2002 contro la ILWU (International Longshore and Warehouse Union, sindacato dei lavoratori portuali della Costa Ovest). Nonostante la breve durata dello sciopero di soli 3 giorni, la grande adesione da parte dei lavoratori, con quasi 47.000 partecipanti tesserati dell’ILA, l’ha reso un evento significativo. Questa manifestazione non è avvenuta nel vuoto, ma in un contesto di riduzione generalizzata degli standard di vita della classe salariata. La cagione per questo calo non è affatto un mistero: essa è un’offensiva da parte della classe borghese! Gli aumenti salariali per i portuali non sono commisurati all’inflazione, storia comune a tutti i proletari del mondo. Assieme allo stipendio, anche le condizioni lavorative si sono deteriorate, con straordinari e reperibilità che sono divenuti la norma. In concomitanza con ciò, vari piani per la riduzione della manodopera e per l’aumento della produttività (e dunque dei profitti) sono stati messi in azione: dall’automazione, al ritorno in ufficio fino alla chiusura dei negozi in risposta agli scioperi. Queste azioni prendono luogo contemporaneamente all’aumento delle tensioni imperialiste, alla formazione di blocchi rivali e al crescente rischio di una nuova guerra mondiale; un rischio portato avanti dalla stessa forza che conduce gli attacchi contro la classe salariata: la sete di profitto.
PORTUALI E AUTOMAZIONE
La lotta dell’ILA contro l’automazione, che va avanti da quasi mezzo secolo, è condotta in maniera inefficace. Dalla “containerizzazione” degli anni cinquanta e sessanta fino ai porti completamente automatizzati di oggi, i portuali di entrambe le coste sono stati massacrati da un’ondata di nuove tecnologie che hanno ridotto drasticamente sia le ore di lavoro sia il numero di personale. L’ILA ha preso alcune misure per minimizzare gli effetti negativi di questa automazione tentando di adattarsi alla sua introduzione e, occasionalmente, negando la sua entrata nell’industria marittima. Questi approcci nei confronti dell’automazione, che sono più o meno comuni ai sindacati di tutto il mondo, hanno dato gli stessi risultati per tutto il proletariato internazionale: povertà e una lotta sulla difensiva, quasi inesistente, per la prosperità economica che i sindacati offrivano in passato. Nonostante il recente sciopero storico di 3 giorni indetto dalla ILA sia riuscito ad ottenere un aumento di paga di 24$ dollari (un aumento del 62%) da ridistribuire in 6 anni, la leadership del sindacato ha abbandonato la lotta di classe in favore del tavolo dei negoziati con l’USMX, alleanza padronale dell’industria marittima della Costa Est e del Golfo del Messico, per rifinire i dettagli di una nuova politica sull’automazione. Per comprendere l'esitazione dell’ILA nei confronti della lotta, anche dinanzi al pericolo dell’automazione, dobbiamo esaminarne la storia, la quale è macchiata da passati tentativi folli di risolvere questo problema, che non ha soluzioni nell’attuale sistema globale capitalistico.
Negli anni cinquanta, l’industria del trasporto marittimo americana vide l’introduzione di un nuove tecnologie per il carico dei container nelle compagnie di navigazione e nei terminali portuali dei principali porti della costa Nord Atlantica. Questo processo, detto “containerizzazione”, comportò una riduzione delle dimensioni del personale, dei salari e delle ore di lavoro dei portuali che videro il loro lavoro mutare: dal caricare a mano le navi con casse di dimensioni ridotte, al riempire di cargo larghi container che sarebbero poi stati alzati con una gru e posizionati sulle nuove navi portacontainer. In quegli anni vennero indetti numerosi scioperi dai portuali rappresentati dall’ILA con la speranza di frenare questo declino degli standard industriali. Il culmine della lotta tra lavoratori e containerizzazione venne raggiunto nel 1964 con uno sciopero indetto dall’ILA che vide 60.000 portuali della Costa Atlantica e della Costa del Golfo fare picchetto dall’ottobre ‘64 fino a febbraio dell’anno seguente. Dopo quattro mesi di lotta, il comitato per le trattative, diretto dal capo sindacale Teddy Gleason, raggiunse un accordo con la New York Shipping Association (NYSA), associazione rappresentante dei cinque principali porti del Nord Atlantico, per l’introduzione di due articoli chiave nel nuovo contratto regionale: il Guaranteed Annual Income plan - GAI - (piano per il salario annuale garantito) e le “Rules on containers” (regole sui container). Quest’ultimo punto è divenuto un pilastro del contratto generale dell’ILA fino ad oggi. Il GAI assicurava che i lavoratori idonei, e per idoneità si intende coloro che avevano lavorato almeno 700 ore tra il primo aprile del 1965 e il 31 marzo 1966, avrebbero ricevuto almeno 1600 ore di turni, oppure una paga equivalente a 1600 ore di lavoro, annualmente. Questo programma fu significativo poiché, in precedenza, i portuali non avevano orari fissi dato che le imbarcazioni arrivavano ad intervalli irregolari e i gruppi di lavoro erano scelti quando vi erano delle merci da caricare sulla nave in un processo chiamato “shape up”. Lo “shape up” continuò invariato nei porti che adottarono il GAI a condizione che le squadre di lavoro contassero meno personale. Di conseguenza, i lavoratori idonei al programma poterono svolgere meno turni di lavoro e ricevere la stessa paga. Tutti i neoassunti non risultavano idonei all’entrata in questo programma, in quanto il GAI venne finanziato tramite una riduzione del numero di portuali e del numero di personale delle squadre di lavoro e, di conseguenza, ILA non vide neanche un singolo portuale unirsi all’organizzazione tra il 1965 e il 1977. Le “Rules on Containers” (regole sui container) stabilivano che l’ILA possedeva la giurisdizione su “tutto il lavoro sui container negli impianti sul lungomare che comprende, ma non è limitato a, la ricezione e consegna merci, il carico e scarico delle suddette merci nei e fuori dai container, la manutenzione dei container ed il carico e scarico dei container sulle e dalle navi.” (1) - Appendice B del contratto 2018-2024 Rules on containers (esteso a gennaio 2025). Senza questo adattamento all’introduzione dei container nel trasporto marittimo, l’ILA non avrebbe potuto continuare come organizzazione, dato che oggi queste funzione specificate nelle “Regole sui Container” compongono la maggior parte del lavoro svolto dai portuali statunitensi.
Nel 1977, dopo uno sciopero durato due mesi, che sancì la fine delle attività di picchetto dei lavoratori della Costa Est e del Golfo del Messico per ben 47 anni, l’ILA ratificò il primo contratto generale che assicurò che ogni portuale che facesse parte del sindacato, dal Maine fino al Texas, ricevesse la stessa paga. Questo contratto stipulò anche che il GAI e le “Regole sui Contanier” venissero estesi a tutti i porti affiliati all’ILA. Assieme al contratto generale venne anche introdotto il “Job Security Program” (JPS, tradotto come: Programma per la Sicurezza del Lavoro). Il JPS era un accordo tra il sindacato e i vettori marittimi, amministrati separatamente dal contratto generale tramite la “JSP Agency Inc.” , secondo cui i vettori marittimi che servivano i porti della Costa Est e della Costa del Golfo sotto giurisdizione dell’ILA avrebbero contribuito ad un fondo che avrebbe colmato ogni taglio al finanziamento per il GAI, pensioni e welfare riservati ai membri dell’ILA. Con l’introduzione del GAI in tutti i porti dell’ILA, il sindacato perse quasi 100.000 membri, passando da 165.000 a 60.000, fino a quando venne ratificato il contratto generale del 1986, in cui vennero negoziati il GAI, il JSP e il salari del lavoratori di tutte e due le Coste senza dover ricorrere ad uno sciopero.
Oltre alle Regole sui Container, questi programmi di supplementi salariali erano i principali tentativi dell’ILA di adattarsi alla containerizzazione. Questa strategia si è rivelata, in ultima istanza, insostenibile per la leadership del sindacato. Una diminuzione del numero dei membri che pagano le quote è un taglio al salario di ogni sindacalista di professione. Questo sistema servì a mostrare il lucro che vi è dietro all’obiettivo di mantenere un alta adesione ai sindacati, nonostante gli abbassamenti del salario. L’ILA non modificò il suo approccio nei confronti dell’automazione fino alla firma del contratto generale con l’USMX nel 2004. Nel contratto, sotto l’articolo dieci, intitolato “New Technology”, è dichiarato che l’introduzione di nuove tecnologie nei terminali portuali sarà permessa solamente a condizione che ogni portuale reso sovrabbondante da queste novità debba essere adeguatamente formato per un nuovo ruolo. Sotto la stessa sezione, il contratto stabilisce che il sindacato sia d’accordo su questa posizione affinché l’USMX sia più competitiva sul mercato e dunque permetta una possibile futura crescita delle file dell’ILA. Un altro punto in comune del successo di queste due organizzazioni si può trovare nella sezione 1 del contratto collettivo siglato da USMX e ILA nel 1996 in cui viene stipulato che “La Direzione riconosce l’ILA come rappresentante esclusivo di portuali, addetti alla manutenzione, impiegati e ispettori che sono assunti su navi e terminali in tutti i porti della Costa Est e del Golfo degli Stati Uniti […] e l’ILA riconosce alla Direzione il ruolo esclusivo del datore di lavoro in tali porti o distretti.” (2) Questa sezione è stata inclusa e ampliata in tutti i contratti collettivi seguenti stipulati tra ILA e USMX. Questa clausola, che comporta il riconoscimento bilaterale di uno come datore di lavoro ufficiale e l’altro come rappresentante di contrattazione ufficiale per i lavoratori portuali dal Maine al Texas, assicura che l’acquisizione di ulteriori terminali portuali da parte dell’USMX sia sostenuta dall’ILA, dato che da essa ne dipende la crescita del sindacato. Tuttavia, questa interdipendenza è messa in discussione dal recente rifiuto dell’ILA sull’adozione di porti pienamente automatizzati sostenuta da tutti i conglomerati marittimi affiliati. Contenuta nel più recente contratto collettivo tra USMX e l’ILA, con validità dal 2018 fino al 2024, vi era un accordo comune sul fatto che “non vi saranno terminali completamente automatizzati e nessun equipaggiamento pienamente automatizzato per tutta la durata di questo contratto.” Non è ancora chiaro quali saranno i risultati delle recenti trattative sulla questione dei terminali pienamente automatizzati, ma è certo che, a prescindere dall’esito di questi negoziati, la lotta contro l’automazione porterà ad una sconfitta certa.
I terminali portuali sono incentivati all’adozione di terminali pienamente automatizzati dato che essi ottimizzano e riducono il costo dello scarico dei container tramite l’eradicazione del lavoro umano. Senza il lavoro umano, i terminali possono aspettarsi un'efficienza migliorata nello scarico di grandi navi, meno variabilità del tempo impiegato per le operazioni di scarico, terminali in funzione 24 ore su 24, ambienti di lavoro più sicuri e, ovviamente, una riduzione del costo del lavoro. Con l’ aumento dei profitti, i terminali portuali hanno previsto, e ricevuto, un ritorno sull’investimento dopo circa 6 anni dall’implemento della completa automazione dei terminali. Queste tecnologie, oltre all’aumentare l'efficienza dei terminali portuali, riducono il prezzo delle merci ricevute in essi, comportando un coinvolgimento a livello internazionale della borghesia di tutte le industrie nel processo di automatizzazione completa dei terminali. Nel ridurre il prezzo delle merci di tutti i settori, i salari minimi si sono abbassati ancora di più. Se l’USMX e l’ILA concordano nel continuare le loro attuali pratiche che consistono nell’impedire l’introduzione di porti pienamente automatizzati, ciò limiterà le possibilità dell’USMX di acquisire porti già pienamente automatizzati e incentiverà i portacontainers non di proprietà della USMX ad attraccare in terminali più efficienti della Costa Est e del Golfo. Per di più, ciò incentiverà i membri dell’USMX a lasciare l’alleanza in cerca di profitti più alti, lasciando molti portuali senza la rappresentanza contrattuale dell’ILA. In ogni modo, la leadership sindacale dell’ILA si può aspettare un calo nel numero di iscritti sia per colpa della ridotta espansione della quota di mercato di terminali detenuta dalla USMX e dell’uscita di terminali dall’alleanza, sia per colpa della riduzione del numero di portuali causata dalla piena automatizzazione. Il risultato del prossimo giro di negoziati sarà un tentativo disperato di prevenire la nave dall’affondare.
L’automazione è sempre stata una caratteristica dello sviluppo capitalistico, dalla creazione del motore a vapore fino ai giorni d’oggi. Negli Stati Uniti, nel 1995, per ogni migliaio di lavoratori vi erano 0.49 robot; nel 2017 questo numero è aumentato a 1,79 (3). Il risultato di questa automazione è stato un calo nei costi del lavoro, non solo nei termini di riduzione del numero di lavoratori richiesto dalle aziende. Negli ultimi quarant'anni, negli Stati Uniti, essa ha rappresentato tra il 50 e il 70% della diminuzione relativa dei salari per le industrie che registrano una rapida automazione(4) A livello globale, l’impulso dello sviluppo capitalistico è ancor più facile da individuare. In Cina la quantità di robot industriali operativa ha visto un aumento di quasi il 25.000% negli ultimi vent'anni. (5) L'automazione industriale globale è aumentata in modo generalizzato anno dopo anno, senza alcun segno di rallentamento. L’automazione è una componente inevitabile dello sviluppo delle forze produttive e rappresenta un problema solo quando inserita nelle relazioni capitalistiche. L'automazione di macchine e software ha generalmente diminuito i costi del lavoro, ristrutturato la divisione del lavoro ed aumentato la massa delle merci prodotte per unità di tempo, il tutto per soddisfare le esigenze in espansione del capitalismo. Ma la sola automazione non è sufficiente per saziare la sua fame: sono necessari più attacchi diretti contro i lavoratori e il loro tenore di vita.
SALARI E CONDIZIONI LAVORATIVE
Come è il caso per il resto della classe operaia, i lavoratori portuali in sciopero hanno richiesto aumenti salariali in risposta all'assalto capitalista alle loro condizioni di vita portato avanti tramite l'inflazione. Questo fenomeno comporta un aumento dei prezzi di tutte le merci in un'economia, ma la sola classe senza merci (in altre parole senza proprietà) a proprio nome è la classe operaia, e l'inflazione riduce i salari reali per tutti i lavoratori in un sol colpo. La richiesta del sindacato di un aumento del 77% da distribuire in sei anni è stata controbattuta dall’offerta da parte della USMX di un aumento del 50%, ma alla fine è stato raggiunto un accordo su un aumento del 62%. Anche se questa percentuale può sembrare significativa, bisogna ricordare che negli ultimi cinque anni l’inflazione è aumentata complessivamente del 24% (in particolare dal 2021 in poi).
Questa vittoria appare sempre meno trionfante se si tiene conto della più ampia situazione riguardante salari stagnanti o in calo. Secondo il sindacato, negli ultimi tre decenni i salari sono aumentati del 2% ogni anno mentre l'inflazione, nello stesso periodo, è aumentata annualmente in media del 2,6%, il che significa che gli scaricatori hanno subito una lenta ma dolorosa diminuzione del tenore di vita, mentre il costo della vita continua ad aumentare. L'aumento salariale, pari a 6 dollari in più all’ora, che i lavoratori più pagati riceveranno l'anno prossimo può fornire un po’ di sollievo, ma non sarà di certo una soluzione permanente. Gli aumenti salariali stessi sono, in questo caso, solo un affare con il diavolo, derivante da decenni di una forza lavoro stagnante. L'aumento dei salari rappresenta un accordo in base al quale ai lavoratori portuali vengono assegnati sempre più turni, sempre più ore di lavoro straordinario invece di assumere più lavoratori o aumentare l'automazione per gestire una maggiore resa. Infermieri e infermiere, ferrovieri, insegnanti, lavoratori dell’industria automobilistica e innumerevoli altri proletari hanno già sentito questa storia! E quali sono gli effetti di questa accelerazione del lavoro, che va crescendo sempre di più e in tutti i settori a partire dal 2020? Nel caso dei lavoratori portuali, questi effetti sono il sovraccarico di lavoro per molti e la morte sul posto di lavoro per alcuni.
Il risultato generale delle lotte contro l'inflazione portate avanti dai lavoratori è stato complessivamente negativo. Nonostante l'aumento degli scioperi nel 2021 (Kellogg’s, John Deere) e 2023, la maggior parte degli accordi ha portato ai seguenti risultati:
Un aumento dei salari al di sotto del livello dell'inflazione, che consolida per alcuni anni un calo (talvolta drastico) del tenore di vita.
Salari che compensano l'inflazione, ma solo verso la fine del contratto, costringendo i lavoratori a sopportare prezzi più elevati fino a quel traguardo e, una volta raggiunto, nessuno sa a che livello sarà l'inflazione.
oppure
Salari che aumentano drasticamente, al di sopra dei livelli d'inflazione, ma in contesti dove le richieste primarie degli scioperanti non avevano nulla a che fare con aumenti salari.
Si può affermare con sicurezza che la classe operaia non è stata in grado di rispondere adeguatamente all'attacco capitalistico al tenore di vita. Ma questa sconfitta è causata da una questione tattica, ovvero dai capi sindacali che dirigono la stragrande maggioranza degli scioperi, o si tratta piuttosto di una questione riguardante quali strumenti appartengano propriamente alla classe operaia, una questione riguardante quali strumenti possano effettivamente scatenare una vera e propria lotta difensiva della classe operaia?
SABOTAGGIO SINDACALE
Nonostante i concreti attacchi che i portuali sono costretti ad affrontare, il sindacato si rivela completamente contrario alla necessità che gli operai oggi hanno: costituire una difesa della classe operaia che combatte sul proprio terreno. Sebbene il sindacato abbia avuto successo nel negoziare salari più alti, i portuali sono stati ignorati su ogni altra questione. Tutt’oggi i portuali sono costretti a svolgere turni lunghi e irregolari. Tutt’oggi vige la minaccia del licenziamento portata avanti dall’automazione, questione che in origine lo sciopero doveva risolvere. Piuttosto che affrontare o alleviare lo sfruttamento che lavoratori subiscono in questa industria, la leadership dell’ILA ha solamente chiesto che la forza lavoro dei lavoratori sia venduta ad un prezzo più elevato, mantenendo intatto il sistema di sfruttamento. Non contenti, il desiderio di un sistema di guadagni più graduato che premi "i membri diligenti" e permetta loro di "avanzare più velocemente" (in altre parole, un sistema che spinga i lavoratori a sfruttare se stessi più spesso e in maniera più efficace a favore dei profitti dei padroni) era parte del chiarimento dell’ILA riguardo le "distorsioni" percepite nella dichiarazione dell’USMX sullo sciopero. Nel deviare il malcontento dei lavoratori, che l’organizzazione afferma di rappresentare, il sindacato serve la borghesia su due fronti. Il primo fronte riguarda la richiesta di salari più alti e di un sistema di guadagni progressivi che incoraggiano sia un logoramento fisico ancora più elevato della classe operaia per i profitti dei padroni, sia una competizione tra i lavoratori, velenosa per la creazione di una coscienza di classe comune. Il secondo riguarda la deviazione del malcontento portata avanti dal sindacato, malcontento che potrebbe essere altrimenti la prima scintilla di una coscienza di classe autentica e rivoluzionaria che lotta per il proletariato sul suo terreno e mira come fine ultimo all’abolizione del sistema salariale. Invece di essere prodotti organici dell'azione della classe operaia, gli ordini sindacali vengono dall'alto e soffocano ogni genere di pensiero che vada oltre il sistema salariato. E come potrebbe essere altrimenti? Il sindacato ha bisogno di mantenere lo stesso sistema che permette alla sua leadership di avere milioni di dollari e ville con acri di terreno, dopo tutto.
La vera posizione del sindacato sul l'una o l’altra questione del giorno non è un segreto. O la classe operaia, che non ha nazione, fraternizza andando oltre le frontiere, nonostante le rispettive condizioni nazionali, oppure essa è condannata alla divisione e al massacro nazionalista al servizio dei rispettivi governi. Il sindacato "I Love America", come si autodefinisce (!!!), non fa segreto della sua risposta a questa domanda. La sua rabbiosa insistenza sul non scioperare mai contro il governo Americano; sul non fermare mai la spedizione di materiale utilizzato per i massacri d’oltreoceano; sul combattere contro il percepito malvagio capitalista straniero e restituire i profitti al benevolo capitalista nativo per mantenere i profitti nella "nostra nazione" ha reso la sua risposta molto chiara. Il sindacato si è fatto carico del conflitto inter-imperialista, dedicandosi al "proprio paese" in una battaglia economica in cui si tenta di mantenere la redditività dei porti americani mentre si cerca di superare in termini di concorrenza il potere economico cinese. Ogni volta, sia a livello locale che internazionale, il sindacato agisce per impedire la collaborazione e la fraternizzazione proletaria. Il sindacato ha assegnato ai lavoratori il compito di uccidersi a vicenda, tramite il trasporto di merci militari per atrocità oltreoceano o chiedendo un’intensificazione del saggio del plusvalore (cioè di sfruttamento). In entrambi i casi, i padroni e il loro stato non potrebbero essere più felici!
CONCLUSIONE
Affinché la classe operaia possa uscire dal vicolo cieco della politica sindacale, i lavoratori di tutto il mondo devono mettere in atto la lotta dettando le proprie condizioni come primo passo sulla strada verso l'auto-emancipazione. Andando al di là dei sindacati, che collaborano sia con i padroni che con lo stato e contrappongono i lavoratori di una regione a quelli di un’altra. L'iniziativa della classe operaia è più che mai necessaria per creare uno scudo contro gli attacchi costanti alla nostra classe. Nel corso della storia della lotta di classe, i lavoratori hanno istituito autonomamente organismi, come comitati di sciopero e assemblee di massa, per assumere il controllo diretto della lotta contro il capitale. Non solo questo costituisce la base per l'attività di classe militante, ma apre le porte alla generalizzazione della lotta al di là della singola azienda o del singolo settore. Lottare sulla difensiva non sarà mai abbastanza per evitare le conseguenze dell'imperialismo e della distruzione ambientale, ma come sempre il prodotto più numeroso del capitalismo è il suo stesso becchino: il proletariato internazionale. Ciò che è necessario è la creazione di un partito rivoluzionario proprio della classe lavoratrice, un partito che deve collegare le lotte per obiettivi immediati della classe all'obiettivo finale: la fine del sistema salariale.
PER LA LOTTA AUTO-ORGANIZZATA DEI LAVORATORI! I PROLETARI NON HANNO NAZIONE E NON HANNO DA PERDERE SE NON LE LORO CATENE!
- Internationalist Workers' Group
Ottobre 2024*
FONTI
(5)ifr.org e therobotreport.com
(6) Vedi, per esempio, lo “sciopero non troppo sciopero” dei lavoratori ferroviari del 2022, che riguardava la fine dello stato di reperibilità 24 ore su 24 e più giorni di malattia pagati. Ora questi lavoratori hanno un giorno di malattia annuale, e nessun cambiamento della reperibilità. L'aumento dei salari è semplicemente una carota per garantire la pace sociale nonostante le brutali condizioni di lavoro.
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