La sovranista: americana sugnu

È del tutto inutile la movimentazione dei radar e dei satelliti di mister Musk, anzi, proprio per questo, la manovra è infatti diventata un oggetto misterioso. Nella fattispecie essa è molto simile alla “spregiudicatezza, all'inganno e all'intrallazzo”. Almeno così ci informa la Treccani quando parla dei vari significati di manovra. Ma queste sono le solite impronte digitali che caratterizzano la peggio borghesia che per il momento sta vincendo la gara elettorale con la mejo borghesia, al di qua e al di là dell'atlantico. E che sia questo, un aldilà che incenerisca entrambe e vi cancelli dalla faccia della terra. Ma ancora, tanto per capirci, quando parliamo di inganno e intrallazzo non lo facciamo solo per denunciare i pagliacci mascalzoni alla guida della vaporiera Italia, ma soprattutto per smascherare i loro disegni tutti tesi a nascondere le ulteriori manovre di lacrime e sangue contro i proletari. È evidente che i manovratori hanno tutto l'interesse ad intorbidire le acque, perché meno si capisce più si colpisce, da una parte, e, dall'altra, più si favorisce. I colpiti e i favoriti sono storicamente le due classi opposte della società capitalista.

Pertanto ogni fruscio di foglie è il benvenuto, se la disinformazione può operare nel porto delle nebbie e girare pagina per parlare d'altro. La questione di Cecilia Sala è cascata proprio a fagiolo. Neanche un regista avrebbe potuto far meglio. Cinegiornali -Luce-, radio, televisione e social a reti unificate hanno immediatamente dirottato le antenne verso la notizia del secolo: salvare la vita della giornalista “Italiana”, che, certamente, anche un suo solo dito vale molto di più di qualsiasi vita delle decine e decine di giornalisti (oltre 200), fatti fuori dal campione della democrazia Netanyahu. IL Presidente del consiglio, eroina dell'universo, pardon eroe, al maschile, pur femmina, mah... con gli attributi, ha salvato la giornalista. Mai azione fu più eroica: una leccatura ai padroni americani, da Biden e Trump, che non ha eguali fin dalla spedizione dei mille. Quindi i tromboni da destra a sinistra al centro, si sono spellati le mani per applaudire la serva del re che chiede il permesso al padrone Usa di poter mandare a casa Abedini, l'ingegnere iraniano, per riportare in Patria la reporter. Missione compiuta.

Missione compiuta anche per la manovra. Ma qui è bene parlarne sottovoce. Basta solo bisbigliare. La festa non passa ma lo santo è sempre gabbato, anche perché Cristo ha cambiato fermata: da Eboli a Roma; per la precisione nei confini del parlamento, il massimo rappresentante degli interessi borghesi.

Azione improba per il ministro del Mef Giancarlo Giorgetti, the best, il ”più migliore “ ministro delle finanze dell'anno secondo il Financial Times. Questo premio viene dato di solito ai ministri dell'economia e finanze che si sono distinti nel promuovere la crescita economica (Sic!!!), 0,5%, e nel mantenere la stabilità finanziaria; il riconoscimento, in questo caso, al miglior killer delle masse più diseredate. Anche perché non era facile partire da almeno meno 12 in su. E sì, perché prima di ogni considerazione sulla manovra, bisogna sempre partire dal famigerato patto di stabilità che obbliga l'Italia ad un rientro sia del deficit che del debito; tutto ciò dovrà avvenire nei prossimi quattro o sette anni. Quel 12 (o 13, dipende dai mal di panza dei usurai) di poc'anzi, sono purtroppo i miliardi che l'Italia (ovvero il solito pantalone), deve tagliare ogni anno dalle manovre di questo e dei prossimi anni; come se finora i bilanci statali si distinguessero per la distribuzione di tartufi al popolo affamato. Le manovre sono solo aggiustamento dei conti della società a delinquere borghese e non si è mai visto, nella distribuzione del bottino, che a ciò partecipasse anche il derubato: il proletariato, Costretto a sputare ogni giorno il sangue del plusvalore, attraverso lo sfruttamento della forza-lavoro.

E frattanto la Banca d'Italia ci informa di un altro record sfavillante, oltre a quello, dopato, sulla occupazione, raggiunto dal governo Meloni: il debito pubblico ha sfondato per la prima volta i 3.000 miliardi. Per l'esattezza 3005,2. Ma Bankitalia ci invita a stare tranquilli, ci mancava solo che dicesse di avviare grandi parate e balli, insomma: ricchi premi e cotillon. Non è che ci freghi molto di questo debito, ma questo maledetto accidente, se è ossigeno per il capitale è veleno per gli sfruttati in ogni angolo del mondo.

Tornando alla Banca Centrale, non si può non sottolineare il suo commento che, in tempi di forte uso delle lingue leccanti, è alquanto edulcorato nei confronti del governo: «Nel valutare lo stato di salute delle finanze pubbliche di un Paese non conta tanto il debito pubblico in termini nominali, quanto il suo andamento in relazione alla capacità del Paese di fare fronte ad esso» ossia il suo rapporto con il Pil. E nel triennio post-pandemico 2021-23, se «il debito nominale italiano è aumentato di quasi 292 miliardi, in rapporto al pil è sceso di oltre 19 punti percentuali», riporta Banca d’Italia, toccando quota 136,8% »1. Si può capire che non bisogna dispiacere il padrone e quindi è bene essere in sintonia con quanto dice il Ministro Giorgetti: «Quello che ci conforta - ha sottolineato il ministro all’Ansa - è che l’Italia è uno dei pochi Paesi che ha fatto tempestivamente un piano strutturale di rientro del debito...».2. Sentire tali minchiate, non è roba di tutti i giorni. Primo, il Bancone dei pegni fa un raffronto che non sta nemmeno coricato. Come si può prendere a riferimento il triennio 2021/23, escludendo il periodo pandemico che vide una crescita abnorme del debito a seguito di una fortissima recessione nel 2020 (meno 8,9% del Pil); e di un altrettanto forte rimbalzo dello stesso nel 2021, dell'8,3%; 3,7% nel 2022 e 0,7% nel 2023.

Quanto dice Giorgetti poi, “...l'Italia è uno dei pochi paesi...” ecc., diciamo che, ad esser buoni, fa scompisciare. Che abbia imbandito una tavola di duri sacrifici e bastonate, questo è certo, ma è l'unica cosa sicura perché il resto, cioè l'aumento del Pil, che è l'unico elemento con il quale puoi fare qualche piano, batte la fiacca. La crescita balla intorno allo zero virgola (0,5% nel 2024 contro una previsione dell'1%) che in soldoni significano oltre 11 mld di euro. Le previsioni poi, per quel che valgono, non buttano al bello. Il Fondo monetario internazionale ha limato le previsioni di crescita per l'Italia: 0,7% (anziché 0,8%) per il 2025 e una leggera crescita, 0,9% per il 2026. Tutti numeri che, pur prendendoli con doppie pinze (lo stesso fondo, per dire, nel 2022, allo scoppio della guerra in Ucraina, aveva previsto un crollo del pil della Russia del 10% e mai previsione fu così sballata), certificano un tracciato piatto.

Viste quindi le premesse, le conseguenze non possono che essere scontate: ovvero una strada irta di chiodi per lavoratrici e lavoratori. Non faremo la solita lista della spesa, ci limiteremo a mettere a fuoco le cose più importanti e più devianti.

La questione che ha maggiormente concentrato l'attenzione è il cosiddetto cuneo fiscale che, sommato alla riduzione dell'Irpef a tre aliquote, assorbono 17 dei 30 miliardi della manovra. Ecco, questo povero cuneo bistrattato per decenni da fior di economisti, non c'entra assolutamente niente. Le teorie di “eminenti” economisti sul cuneo fiscale datano addirittura dalla metà del 1800, per poi essere rilanciate intorno al 1960. Ora noi non vogliamo fare la storia di questa teoria cuneiforme che ha messo in campo tutti questi cervelli, semplicemente per dire che le retribuzioni, che noi preferiamo chiamare salari, sono gravate da troppe imposte, contributi previdenziali ecc.

Quindi in ultima analisi dalla differenza tra il salario lordo e quello netto. Semplificando ancora, tutto il problema si riduce alla divisione tra salario e profitto, perché possiamo fare tutti i panegirici di questo mondo e possiamo studiare mille forme di salario, ma il problema che sta al fondamento di tutto è che esso deve stare al suo posto, cioè non può, almeno per quanto lo riguarda, mai mettere in discussione il plusvalore e quindi il profitto. I due termini sono antitetici, e lo sono vieppiù nei momenti di crisi del capitale. La caduta del saggio di profitto che tormenta la borghesia ha, come unico elemento di manovra, la forza-lavoro (tralasciamo, per ovvie ragioni, la composizione organica del capitale), unico fattore dal quale, appunto, si estrae il plusvalore e quindi il profitto. Perché più aumenta il tempo di lavoro non pagato, o, se preferite, più aumenta lo sfruttamento della forza-lavoro, maggiore sarà il profitto dei padroni.

L'intervento sul cuneo e in parte sulle aliquote Irpef, è una colossale truffa che viene spacciata per un aumento in busta paga dai farabutti della attuale maggioranza, ma anche da quel branco che appoggiava il divin Draghi, che per primo introdusse un aggiustamento del cuneo. E qui bisogna fare due conti. L'intervento riguarda soprattutto la riduzione dei contributi previdenziali con cui si finanziano le future pensioni e l'Irap, una tassa a carico delle società di capitali con cui si finanzia la la sanità regionale. Ora siccome l'Inps viaggia in acque burrascose bisogna porsi la domanda di chi finanzierà la stessa, 13/14 Mld per il 2025 e per gli anni a venire. La risposta non sembra difficile: lo Stato, e chi finanzia lo Stato? Beh se i rebus fossero questi sarebbero tutti risolti. La solita classe operaia, ovvero il solito pantalone. Conclusione, il misero aumento col taglio del cuneo viene pagato dagli stessi lavoratori con pesante riduzione del welfare. Esso non è altro che un'operazione di dare e avere, con una mano danno e con l'altra prendono, ma... con gli interessi: taglio feroce ai ministeri, alle regioni ed enti locali e alla sanità; inoltre si alleggeriscono le imprese del fardello di dover aumentare le buste paga, tanto ci pensa lo Stato, cioè il proletariato stesso, a cui verranno girate le cambiali da pagare.

E, come se non bastasse, ci sono anche gli interessi determinati dal Fiscal drag, drenaggio fiscale, che colpisce i lavoratori dipendenti e pensionati. Sono esclusi, tanto per cambiare, i lavoratori autonomi che applicano la flat tax, cioè una tassa fissa. Tale fenomeno si manifesta nei sistemi d'imposta progressivi, e al comparire dell'inflazione. Infatti con l'inflazione diminuisce il valore del reddito, si riduce il potere d'acquisto e non si possono più acquistare gli stessi prodotti che si compravano precedentemente. Contemporaneamente esce fuori dal cilindro non il classico coniglio, ma quello che negli anni 1970/80 si chiamava “drago fiscale”, nel senso che si mangiava una parte dei salari dovuti all'inflazione. Questo accade quando gli scaglioni delle imposte non vengono indicizzati e i prelievi fiscali continuano ad essere identici come se non vi fosse l'inflazione. Quindi sia nel caso di passaggio ad uno scaglione successivo, ma anche non verificandosi questa eventualità, se l'imposta non si riduce in proporzione della stessa percentuale dell'aumento dell'inflazione, si verifica una vera e propria rapina.3

«Secondo le nostre stime, lo stato ha incassato gettito derivante da fiscal drag per circa 14 miliardi, di cui 9 da contribuenti con lavoro dipendente prevalente e 3,9 miliardi dai pensionati».4 Per il 2023/24 una simulazione prevede un ulteriore entrata “da Fiscal drag” di circa 49 Mld di euro. Il tutto, avendo esso un effetto trascinatore, continuerà per gli anni a venire. Bel colpo Meloni e Giorgetti! Altro che soldi in tasca ai lavoratori. Nelle tasche invece, ci mettete solo le mani, ma per svuotarle.

Continueremo ad analizzare tutti gli altri aspetti della manovra sul nostro sito, essendo lo spazio del giornale non sufficiente per analizzare tutta la porcata dei soliti noti. Dalla sanità, ormai ridotta a uno sfascio, argomento che abbiamo in parte già analizzato nell'ultimo numero di Prometeo; all'istruzione; agli interventi nel mondo del lavoro (?); fino alle spese militari e, ancora, i soldi buttati dalla finestra per finanziare quell'obbrobrio pericoloso del ponte di Messina: sovrintendente ai lavori un certo Salvini. Si salvi-ni chi può.

C'era un giorno un certo Mario; no, non è una favola, esiste ancora, prima giocava con le banconote, adesso fa il suggeritore per l'UE, gli piacciono i carri armati, le bombe e le guerre. Lavora con una certa Ursula von der Leyen Andress, Agente 007- licenza di uccidere. Ebbene l'omino del “Whatever it takes”, si è messo in testa che l'Europa si deve armare fino ai denti “ad ogni costo”, lasciando entusiasta Ursula che finalmente potrà riabbracciare il suo 007. Purtroppo questi “dottor Stranamore” fanno sul serio. L'aumento delle spese militari si stanno mangiando una buona fetta del Welfare.

Il proletariato non può più stare a guardare i capitalisti, i borghesi mentre distruggono il mondo: guerre e cambiamento climatico e centinaia di milioni di diseredati ridotti alla fame. Noi ci batteremo sempre affinché un giorno i disperati, i poveri, i proletari che ogni giorno sputano sangue per tenere grasso il vitello del profitto dei padroni, questi schiavi delle vostre moderne baionette, vi facciano saltare dalle vostre comode poltrone. Whatever it takes. Ad ogni costo!

1 milanofinanza.it

2 ilsole24ore.com

3Vedere M Gabanelli corriere.it

4 lavoce.info

Lunedì, January 20, 2025