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Home ›I “SACRIFICI” DEL GOVERNO (ma chi li paga ?)
Non passa giorno senza che il governo della capo-popolo Meloni si gonfi come un… tacchino (più che un pavone) ritenendosi autore di una supposta crescita dell’occupazione in Italia, considerata un risultato positivo che lo distinguerebbe in Europa. In realtà, in Italia il tasso di occupazione è a tutt’oggi inferiore a quello europeo, soprattutto in campo femminile e giovanile. Abbondante spazio, dunque, per una relativa e debole “crescita” occupazionale che verrebbe registrata - con alcune varianti di percentuale - in settori dove con la pandemia del Covid aveva diffuso carenza di personale. Tale rimane a cominciare dalla sanità (medici e infermieri).
Si segnalano assunzioni in attività legate al turismo, quali ristoranti e alberghi; settori dove per altro non si produce l’ossigeno necessario al capitale, cioè nuovo plusvalore, ma si consuma quello già prodotto là dove i tagli di manodopera sono all’ordine del giorno. Inoltre, continuano gli aumenti dei prezzi, con una inflazione che avanza nel capitalismo in decadenza. La classe operaia italiana subisce - forse più che in altri paesi “avanzati” - per altro e da anni una “moderazione salariale” che nella realtà politica e sindacale la borghesia impone e la “sinistra” - quanto meno nei fatti se non nelle parole – ha fin qui tollerato, e praticato, non potendo fare alcunché di diverso. Particolarmente con una produttività del lavoro che non soddisfa il capitale nonostante sia alle prese – con il progresso scientifico-tecnologico – ad un eccesso produttivo di merci (vedi il settore auto) con una costante diminuzione dell’impiego di viva forza-lavoro e la caduta tendenziale del saggio di profitto. Un incubo per il capitalismo che implora continui aumenti dei tassi annui di produttività.
Non basta l’alta crescita della produttività oraria dei singoli lavoratori: le ristrutturazioni e le ”innovazioni” continuano, addirittura appoggiate dai sindacati mentre chiedono di aumentare il lavoro salariato e il suo sfruttamento da parte del capitale.
Ma l’occupazione nei settori produttivi di merci continua a calare mentre avanzano l’intelligenza artificiale e le stampanti 3D, pronte a sostituire anche il lavoro intellettuale e produrre merci in quantità. Chi poi le comprerà , nessuno lo sa: vi sono centinaia di milioni di uomini e donne a cui il capitalismo non può più dare un lavoro “salariato” cioè la possibilità di vendere la loro forza-lavoro e acquistare merci. Per contro, è cresciuto (6% nel mondo, 10% in Italia) il numero degli individui con un patrimonio superiore a un miliardo di dollari. Il denaro – che riempie i forzieri di poche centinaia di migliaia di individui, appare come una reale ricchezza soltanto in uno scambio di merci qualitativamente diverse e delle quali rappresenta un valore calcolato - nella sostanza – in base al lavoro umano presente nelle merci più l’incremento (plusvalore) ottenuto dallo sfruttamento di quello stesso lavoro.
Nella attuale società, il valore viene considerato una proprietà delle cose e non un rapporto sociale . In realtà, il denaro media “la circolazione mercantile; in seguito si trasforma esso stesso in merce e poi di nuovo in denaro, comprare per vendere. Il denaro in questo ciclo (D-M-D') diventa capitale”. Ma ora non solo si impone la necessità di contenere i costi fissi di produzione (impianti e macchinari): alcune delle attuali tipologie di merci richiedono una trasformazione. Si tratterebbe di trovare altri spazi di mercato, anche se questo non è carente di merci bensì di compratori. Le High Tech Strategie mobilitano grandi istituti di ricerca; la Francia, ha varato programmi e poli di competitività che hanno permesso di aumentare la produttività del lavoro di quasi 8 punti dal 2000 al 2010, più della Germania, mentre in Italia si è registrata una discesa di 5 punti. C'è però da vedere quanto questo aumento sia effettivo, visto che anche i media francesi piangono sulla scarsa produttività francese. Nel frattempo, e a proposito di… stipendi, il governo italiano – in sordina dimostrando ciò che più lo preoccupa – ha tentato l’aumento degli stipendi dei ministri e sottosegretari (non eletti) equiparandoli a quelli dei colleghi votati dal popolo.
Altri 7.193 euro al mese; ricordiamo la manciata di centesimi concessi alle pensioni minime e non dimentichiamo gli stipendi di deputati e senatori : 10.435 euro (lordi) più 3.503 euro e altri 3.690 euro per spese di esercizio. In aggiunta 1.200 euro annue per spese telefoniche e rimborso viaggi. Nota bene: un operaio, se ha un lavoro magari precario o in nero, intravvede queste somme (se tutto va bene…) in un anno; un pensionato al minimo riceve – caritatevolmente… - questa somma addirittura in due anni, sempre se sopravvive. Ma ci si rende conto, davanti a queste mosse mafiose, dei 2,2 milioni di famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta (dati Istat) con quasi 5,7 milioni di uomini, donne, bambini e anziani trattati peggio delle bestie? Se poi guardiamo fuori Italia, nel mondo sarebbero più di 700 milioni le persone che vivono in condizioni di povertà estrema, ovvero con meno di 2,15 dollari al giorno, con circa 333 milioni di bambini che piangono per un pezzo di pane...
I tanti “servi sciocchi” del capitale, che si aggirano nei salotti dove trascorrono gran parte del loro tempo, sono rispettosi degli usi e costumi in vigore, mentre l’opposizione sonnecchia sotto l’arco costituzionale. Tutti si preoccupano per un conseguente calo della vendita di merci e la immobilità del Pil, il quale - nonostante cresca l’occupazione (così dicono) - si aggira nei limiti di una percentuale a dir poco funerea. Questo proprio quando il capitale avrebbe bisogno di poter sfruttare un maggior numero di forza-lavoro (e più intensamente ancora) per recuperare plusvalore!
Infatti, nelle riunioni dei capitalisti e, va da sé, anche in quelle della cosiddetta “sinistra” e dei sindacati) si alza un solo grido: occorre più lavoro e più produttività. Per il capitale la bassa intensità lavorativa sarebbe all’origine della povertà di tanti lavoratori. Stretti nella morsa dei debiti pubblici e privati, gli scienziati del capitale cominciano a chiedersi come mai il Pil non cresca. Il debito pubblico italiano ha raggiunto i 3mila miliardi di euro, e la situazione peggiora per tutti, ora che la crisi del presente modo di produzione si sta aggravando giorno dopo giorno.
Il Governo Meloni non può far altro che tentare di... salvare capra e cavoli, ma di certo contro il ristagno dei consumi, ovvero della vendita delle merci, non c’è nulla da fare finché dura il capitalismo con tutte le sue contraddizioni. I conti pubblici sobbalzano paurosamente e la sostenibilità dei bilanci in rosso si fa sempre più allarmante. poiché quel prodotto potenziale di merci, ( che dovrebbe fare da base ai borghesi per la stima del saldo strutturale di bilancio) è diventato una illusione. Il vero problema è il capitale, e la soluzione è il suo annullamento.
Ora pure la Germania si presenta in “recessione” e comincia a mostrare un bilancio pubblico strutturalmente pericolante, soprattutto per i servizi sociali. I*n Itali, come s'è detto, continua la s*tasi dei salari, con i consumi in difficoltà e il Pil che soffre: tra il 2005 e il 2023 il tasso di crescita italiano è stato in media dello 0,25% contro l’1,14% della Francia e l’1,24% della Germania. Quanto al PIL pro capite, siamo fermi da vent’anni. In questo quadro tra il 2000 e il 2019, prima delle misure di risposta al Covid, il debito/PIL è cresciuto di 30 punti. Nonostante gli avanzi primari, erosi dagli interessi sul debito stesso. Con l’incrinarsi dell'asse franco-tedesco, appare chiaramente che le responsabilità non sono addebitabili ad incapacità governative bensì all’aggravarsi delle contraddizioni che avanzano nel capitalismo e ne minacciano il tracollo.
Tornando in Italia, il Piano strutturale di bilancio approvato dal governo Meloni prevede sette anni di tagli in media pari a 12 miliardi all’anno. Solo con la crisi al momento in atto, la prospettiva è quella – come minima conseguenza - di un ulteriore peggioramento dei servizi pubblici. Supponendo una crescita dell’1% fino – lo dicono loro - al 2029 (ma le previsioni sono già al ribasso), il capitale trascorre notti insonni e agitate. L’ingente debito italiano continua ad avere effetti sconvolgenti nel suo rapporto col PIL.
In più c’è lo spauracchio di un gettito fiscale che andrebbe rafforzato mentre la borghesia sogna di poterlo comprimere per favorire i redditi medio alti in una fascia dove i consensi elettorali sono in pericolo. Il quadro si fa cupo per il capitale che si aggira, coi suoi gestori, alla ricerca di i*nvestimenti che tali sono ad una sola ed unica condizione, quella di essere principalmente “produttivi” di… plusvalore. Risultato possibile solo sfruttando lavoratori in carne, ossa, nervi e sangue (necessario, quest’ultimo, perché poi si possa spargere con i morti sul lavoro) e non unicamente macchine e robot.* Oggi, più di quanto è stato nel passato, il forte aumento del debito pubblico dovrebbe essere frenato per non rischiare di travolgere – portando alimento alla crisi finanziaria – il sistema complessivo del capitalismo. Il quale, sotto pressione per il calo avanzante del saggio medio di profitto, ora si trova alle prese con una serie di altre difficoltà rappresentate da parametri, previsioni potenziali e stime volte a mantenere un tollerabile rapporto tra debito e PIL e contemporaneamente ridurre i disavanzi strutturali. Col risultato di una obbligata scelta della vittima sacrificale: la spesa per i servizi!
Tutto questo dovrebbe rilanciare i consumi – leggi vendita delle merci – ma con la produzione capitalista bisogna tener bassi i salari e “creare” plusvalore. Con i bassi saggi di profitto, ristagna sia la produzione di merci sia il loro consumo: questo è il capitalismo e unicamente con un ben diverso modo di produzione e di rapporti sociali si potrà uscire da un circolo vizioso che ci sta strangolando. Fino a quando non ci libereremo dalle catene del valore di scambio, del capitale, del denaro e del lavoro salariato: all’esistenza di queste categorie economiche e alla strisciante presenza dell’inflazione si deve – da anni – un vero e proprio blocco di salari e pensioni.
I tagli si accumulano con ritmi da 10/12 miliardi annui, il che significa ridurre al lumicino i servizi pubblici, già traballanti coi precedenti governi, “centro-sinistra” compreso. Quanto ai consumi di merci, si prevedono di poco in crescita quelli privati e fermi quelli pubblici. Il Tesoro italiano ostenta ottimismo mentre Bruxelles è più allarmata. Comunque, mentre si comincia a prendere in considerazione la logica bellicista, si mascherano i timori sempre più contrastanti con le illusioni e le speranza di una politica europea “autonoma”. La quale dovrebbe meglio assecondare gli interessi e i bisogni del capitale. addirittura rafforzando le basi che garantiscono la sua conservazione (sempre più precaria) ed in particolare il “giusto” profitto che gli spetterebbe.
Se a questo punto vogliamo allargare lo sguardo sugli scenari che ci circondano in un quadro internazionale dove aumentano le tensioni geo-politiche e sale un’agitazione bellica man mano che il tempo passa, il parlare di incertezza per le condizioni di “salute” del capitale sarebbe quanto meno un eccesso di… ingenua stupidità e scarsa razionalità. Ed è per evitare tutto questo, che ci prepariamo a ben altri accadimenti.
(N.B. - Ricordiamo che cifre e dati riportati provengono da fonti (stampa e TV) che guardano al presente stato di cose con… spirito riformistico e propositi di conservazione.
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