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Home ›LA CRISI AVANZA E IL CAPITALE SI ARMA PER… SOPRAVVIVERE
Mentre nei processi della produzione capitalistica di merci avanza l’impiego di macchine automatizzate e di robot, ricordiamo quanto scriveva Marx un secolo e mezzo fa. Nel corso delle sue analisi, e seguendo lo sviluppo stesso del modo di produzione capitalistico, Marx spiegava chiaramente come le macchine – che in un primo momento danno una forte spinta ai tassi del plusvalore - “lo fanno però aumentando la massa di prodotti nella quale il plusvalore si presenta”.
Assetato di profitti, il capitale sforna merci instancabilmente, ruotando nei settori industriali più volte all’anno, mirando ad ottenere in ogni rotazione il più alto tasso di profitto. La produzione di merci raggiunge vette sempre più alte fino a quando esplode il problema della loro vendita e del loro acquisto di fronte ad una crescente massa di proletari i quali – man mano che avanza un’automatizzazione del lavoro - si trovano senza lavoro e salario. Si fa preoccupante la situazione anche per il capitale, poiché è proprio dalla vendita che si realizza il plusvalore contenuto nelle merci e quantificato nei prezzi. In breve, il capitale, per accrescere il profitto, espelle forza lavoro - introducendo macchinario più avanzato - e intensifica lo sfruttamento di quella che rimane, ma questa, benché il plusvalore estorto sia aumentato, non ne può fornire (di plusvalore) tanto quanto ne forniva prima a ranghi più numerosi, soprattutto rispetto all'aumento di capitali investiti. Il capitalista (fisico o giuridico: l'impresa, per azioni, statale ecc.) non può diminuire oltre una certa soglia il prezzo delle merci prodotte, senza compromettere la redditività del capitale complessivamente investito, per cui le merci rimangono invendute. Il fenomeno è aggravato appunto, dal restringimento del mercato dato da disoccupazione, sottoccupazione e sottosalario, che però sono i metodi con cui il capitale cerca di incrementare il saggio di profitto. E' la contraddizione insuperabile del modo di produzione capitalista.
Quello che accade è quindi un continuo aumento della composizione tecnica dei processi di lavoro, che andrà a distinguersi da quella che per il capitale è la composizione complessiva di valore delle merci. Valore e tecnica si distinguono in quella che è la composizione organica di capitale, la quale le comprende entrambe e quindi varia quando il rapporto tra i mezzi di lavoro impiegati e il numero di lavoratori addetti ai processi produttivi subisce una forte alterazione, soprattutto quando le merci prodotte continuano ad aumentare.
Le espulsioni di viva forza-lavoro (sostituita da macchine e robot) diventano dunque macroscopiche. La nuova composizione organica del capitale non può che provocare, come s'è detto sopra, una sempre più accentuata caduta del saggio medio di profitto ossia del rapporto fra il plusvalore e tutto il capitale investito, cioè speso per la produzione e la circolazione sua e delle merci. E poiché il capitale costante aumenta più di quello variabile, sostituito da macchine e robot (i quali non consumano, acquistandole, le merci che producono) si avrà una progressiva caduta del saggio di profitto, perché si restringe l'area del lavoro sfruttato (E quindi anche l’area degli acquirenti).
Siamo costretti a sopravvivere in un tanto materialistico quanto astratto mondo impostoci dal capitale, oppressi dalla forza e dalla violenza esercitate su di noi in un crescendo di privazioni e miseria per centinaia di milioni di esseri umani. Si sta accentuando la ricchezza e il lusso esibiti da chi maggiormente gode in questo criminoso modo di produzione e gestione sociale, qualunque sia l’etichetta politica che qualifica il potere che si accompagna ad esso.
E a proposito di una riduzione delle ore di lavoro degli occupati (sperando in qualche assunzione “compensativa”), qui va detto chiaramente che ciò sarà possibile soltanto quando una tale riduzione riguarderà tutti – uomini e donne – fino a poche ore settimanali in cui saranno suddivise le attività da affidare alle diverse abilità di ciascuno. Ma questo avverrà in quella che sarà la nuova società comunista di uomini e donne liberamente associati, dove per quello che sarà prodotto – secondo un piano corrispondente – non si parlerà più di costi e ricavi, entrate ed uscite, pareggi di bilancio, spese e profitti. A predominare saranno i bisogni e le necessità di tutti; con la scomparsa del denaro i prodotti saranno equamente distribuiti fra la popolazione (Da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni! Marx) non più divisa in classi antagoniste. Si tratterà solo di dare risposta ai bisogni, alle necessità di una umanità liberata da ogni contrapposizione di interessi e privilegi.
Significativa, invece, nel presente contesto, è poi la ripresa dei programmi di armamento che si stanno diffondendo ovunque. Sarebbe assurdo, imperando il capitalismo, sperare nella eliminazione di ogni produzione di armi, assieme alla abolizione di ogni attività inutile o antisociale. Ecco dunque che si va accentuando da parte di tutti gli Stati un più che evidente processo di militarizzazione nel quale sono riposte - direttamente o indirettamente – le speranze di una sopravvivenza nella quale è compresa la repressione della classe operaia nonché di quei capitali che minaccino dall’esterno gli interessi nazionali strettamente legati a quelli perseguiti da ciascun Stato. Interessi di valorizzazione del proprio capitale sono poi alla base di accordi preferenziali tra Stati, patti diplomatici o scontri violenti quali massima espressione della crisi del capitalismo decadente: le guerre imperialiste orientate a distruggere gli Stati rivali in quanto concorrenti.
Poteva lo “strategico settore industriale” degli armamenti non dare il proprio aiuto al tentativo di risolvere, almeno in apparenza e temporaneamente, le contraddizioni strutturali del capitalismo? Certamente no, presentando tale “scelta” come un “incremento delle capacità” in questo caso dell’Italia al fine di “sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare”. Ecco subito la decisione di indirizzare parte dei fondi del Recovery Plan in armamenti: approvazione di Parlamento e Senato per “incrementare la capacità del Paese” a… difendersi dagli attacchi di altre borghesie aggressive e non pacifiche come quella italica (la solita ipocrisia...). Non solo, ma nella relazione fatta al Senato dal governo si è dichiarato apertamente che se il comparto militare già riceve decine di miliardi di euro, ciò risponde alle logiche del capitale, impegnate a “s_ostenere adeguati livelli occupazionali nel comparto_”. Dunque, è così che si contrasta la disoccupazione….
Gli Stati cercano di organizzare la produzione degli armamenti per l’importanza di un settore industriale strategico che richiede (parole ancora udite al Senato) “una visione organica in grado di portare ad una collaborazione con le realtà industriali nazionali per la realizzazione di distretti militari intelligenti, con alte capacità nei sistemi d‘arma da mettere a disposizione dello strumento militare”. Non basta: bisogna “incrementare la capacità militare dando piena attuazione ai programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare, contribuendo al necessario sostegno dello strategico settore industriale”. Pagherà ogni spesa il proletariato con il peggioramento delle proprie condizioni di vita e di... morte. Vedi le carneficine in atto sia in Oriente sia in Occidente, ovunque il capitale governa, mentre la borghesia, divisa in fazioni nazionaliste, si impegna nei massacri delle masse oppresse.
Le bandiere che sventolano, su distruzioni e morti, sono quelle che - intrise del sangue di migliaia di disperati, immiseriti e schiavizzati dai rispettivi capitali - mascherano l’avanzante “ordine imperialista” che tenta di svincolarsi dal sempre più approfondito caos che minaccia la storia della specie umana. Un obiettivo che sta a noi, e al partito che stiamo costruendo, cambiare in quella che sarà la definitiva fine del capitalismo, del suo sfruttamento e della sua oppressione.
dc
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