Torna il populismo di destra e la minaccia della guerra incombe

Nel 2016, un miliardario di New York City ha condotto una campagna inusuale per i repubblicani. Fox News, fedele portavoce del Partito repubblicano, inizialmente ha combattuto la sua ascesa, ma quando è diventato chiaro che non c'era modo di fermare questo movimento, la rete e la destra americana sono passate dal disgusto a un tiepido sostegno e rapidamente alla devozione fanatica. Questo nuovo GOP (repubblicano, n.d.t.) ha sostenuto l'isolazionismo, il protezionismo, il sentimento anti-immigrazione e lanciato nuovi appelli "populisti" alla "vera" classe operaia americana. In realtà, nonostante la retorica infiammata e i discorsi sulla polarizzazione, i due partiti fingono di odiarsi mentre lavorano in modo bipartisan per continuare a smantellare lo stato sociale e aumentare la spesa per la difesa.

I quattro anni sotto Joe Biden erano stati promessi come un "ritorno alla normalità", un abbraccio alle istituzioni e al bipartitismo sotto lo slogan "niente cambierà fondamentalmente". Nonostante il fatto che la "normalità" del capitalismo sia un ordine di oppressione di classe che dobbiamo combattere, questa consapevolezza non è stata raggiunta di fronte alla crisi del sistema. L'assalto alla classe operaia è continuato con l'inflazione globale (spinta dalla corsa al massimo profitto di fronte alla pandemia e all'interruzione delle catene di approvvigionamento) e quando la disoccupazione è passata da massimi storici a minimi quasi storici, i tassi di interesse sono saliti alle stelle per "raffreddare il mercato del lavoro". Questo, unito a un ritorno delle lacrime di coccodrillo su criminalità e immigrazione e a un Biden senescente, si è rivelato una formula vincente per il ritorno al potere di Trump.

Nonostante Biden si sia dimesso e sia stato sostituito da una Kamala Harris più giovane e convincente, i democratici hanno offerto con orgoglio solo una riproposizione di quanto già fatto. A livello globale, in quasi tutti i casi di elezioni nel periodo 2021-24, il partito in carica ha perso e spesso ha perso alla grande. I democratici USA non hanno perso come i conservatori nel Regno Unito, ma i repubblicani hanno ottenuto una "tripletta" di Congresso, Corte Suprema e Presidenza.

Questa nuova (vecchia?) amministrazione segue la formula dei populisti di destra ovunque. Sulle questioni sociali spinge un programma di drastiche politiche anti-immigrazione, erodendo l'accesso all'aborto, riducendo la sicurezza per le persone transgender e promuovendo "l'educazione patriottica" e la preghiera nelle scuole pubbliche. Il movimento populista di destra internazionale-nazionale incolpa gli immigrati per i mali sociali, si scaglia contro la stampa liberal e spinge un programma isolazionista e protezionista. Trump condivide punti in comune con Viktor Orban e altri della risma nel suo disprezzo per la stampa e l'opposizione al governo. Non è chiaro fino a che punto Trump sarà in grado di convertire completamente il suo partito a questo programma: sta già incontrando venti contrari nel far entrare i suoi fedelissimi più radicali in posizioni come Procuratore generale e Segretario della Difesa.

Non è solo Trump però a muoversi verso posizioni comuni con Orbán o Meloni: sulle questioni critiche della spinta verso la guerra e dell'attacco alla classe operaia, repubblicani e democratici sono ben allineati. La presidenza di Biden è stata per molti aspetti una continuazione di quella di Trump, dalla richiesta di disinvestimento di capitali dalla rivale Cina, all'aumento delle tariffe alla deportazione di un numero record di immigrati. La nuova coalizione democratica si è infatti posizionata a destra di Trump. Nel frattempo, mentre entrambi i partiti corteggiavano il sostegno dei sindacati, entrambi hanno fatto del loro meglio per schiacciare la lotta della classe operaia attraverso ingiunzioni federali (vedi lo "sciopero" ferroviario del 2022). Di fronte alla competizione imperialista e all'aggravarsi della crisi capitalista, il risultato, a prescindere dal partito, è chiaro: i salari stagneranno o diminuiranno di fronte all'inflazione, la minaccia incombente della guerra continuerà inarrestabile, il clima globale continuerà a d andare in malora e i servizi sociali saranno ridotti, sottoposti a verifica di sostenibilità, tagliati o aboliti, perché per i gestori del capitalismo la necessità del profitto metterà la classe capitalista in cima alla lista delle priorità.

La promessa elettorale più atroce di Trump è il piano di deportare almeno dieci milioni di immigrati clandestini dagli Stati Uniti. Come è diventata norma nel capitalismo in declino, gli Stati Uniti cercano di liberarsi di un alieno"infetto". Sebbene non sia chiaro in quale misura ciò sarà attuato, dato che la classe capitalista dominante ha a lungo beneficiato dell'oppressione dei lavoratori migranti con diritti e condizioni di lavoro ridotti, questa minaccia non può essere percepita come un bluff totale. C'è stato un assalto bipartisan ai lavoratori immigrati e, sebbene sotto Biden le deportazioni siano arrivate a livelli record, i numeri di cui parla Trump richiederebbero il coinvolgimento della guardia nazionale o dell'esercito e probabilmente richiederebbero la costruzione di ancora più campi di concentramento al confine. La risposta degli elettori non sarà altro che guardare con orrore e sperare che forse fra quattro anni potremo rendere i campi più umani o accorciare i tempi di attesa per la deportazione. I politici più a sinistra gareggiano per essere i più duri quando si tratta "del confine". Queste politiche non servono ad altro che a dividere i lavoratori lungo barriere nazionali, razziali, etniche e linguistiche, giusto il tempo di spillar loro denaro.

Nonostante quanto sia diventata lunga e costosa la campagna elettorale, negli Stati Uniti la classe operaia è sempre stata più o meno disinteressata al processo elettorale. Il numero di elettori della classe operaia ha raggiunto il picco nel 2020 ed è sceso di nuovo ai numeri del 2016 nel 2024. E quei numeri dipingono un quadro di una classe che si astiene dal competizione elettorale più o meno nella stessa percentuale con cui vi partecipa. Gli analisti politici cercano di spiegare il disinteresse degli elettori con un fallimento nel riuscire a interessare queste persone. Pedanti studiosi sperano di poter usare strumenti statistici per identificare la strategia di mercato adatta a portare questa gente alle urne, spesso suddividendo la classe operaia in gruppi suddivisi in base a razza, genere, religione, livello lavorativo e livello di istruzione. Nonostante tutti gli sforzi di questa vasta industria, Trump ha vinto una tornata elettorale in cui pochi hanno cambiato bandiera, ha probabilmente vinto invece perché in milioni sono rimasti a casa, dal momento che sulla scheda elettorale non compare la scelta: "Nessuno".

La classe operaia viene definita ignorante per il rifiuto dell'elettoralismo. Questo tentativo di intimidirci non serve ad altro se non ad allontanarci ulteriormente dal processo democratico-borghese e per una buona ragione. La classe operaia è forse consapevole di qualcosa che la classe capitalista nega: non c'è spazio per i lavoratori nell'agenda dei partiti politici borghesi. Decenni di declino dei salari, della copertura sanitaria, dell'aspettativa di vita, la prospettiva della perdita di una futura pensione e la garanzia di declino in ogni sfera della vita non sono prospettive che eccitano la classe operaia. Questo declino non è finito e continuerà rapido con Trump, come promesso. Anche se ci fosse una via verso una mobilitazione della classe operaia in posizioni di potere, sappiamo dalla storia che non si può semplicemente prendere possesso della macchina statale borghese e usarla per i nostri scopi. Dobbiamo invece combattere la nostra battaglia contro il capitalismo, qui e ovunque. Il potere politico della classe operaia si ottiene solo attraverso il rifiuto del sistema capitalista nel suo complesso e qualsiasi movimento volto a proteggere le istituzioni da una “minaccia alla democrazia” non fa che prolungare questa agonia di immiserimento e declino.

Il mantenimento di questo sistema non significherà solo un ulteriore degrado dei servizi. Mentre alcune nazioni nel mondo si trovano in competizione per il controllo delle risorse al fine del profitto, le nazioni più precarie si troveranno costrette a integrarsi ulteriormente nella rete finanziaria e politica dei paesi più potenti, portando a blocchi di nazioni con interessi comuni e nemici in comune. In effetti, le tensioni tra le nazioni allineate alla NATO e quelle allineate con Russia, Cina e Iran sono passate da forme di guerra "fredda", come sanzioni e guerra informatica, a guerra convenzionale combattuta da vicini regionali. Le forze che hanno portato il mondo sull'orlo della guerra non sono sottomesse a nessun politico. Nonostante le promesse di Trump di una rapida fine dei conflitti in Ucraina e Gaza, la pace a lungo termine è difficilmente fattibile dato che il capitale si sta dirigendo verso una terza guerra imperialista generalizzata. La mentalità da "affarista" del presidente eletto non è adeguata alla necessità di accumulazione di capitale. Semplicemente non c'è alcun accordo vantaggioso per Russia o Israele, due paesi che sono completamente mobilitati per la guerra e sono diventati dipendenti dalla distruzione e dai massacri. E mentre gli Stati Uniti conducono una campagna di pressione sugli alleati della NATO affinché "paghino la loro giusta quota" di spesa per la difesa, questo non fa che aumentare le tensioni visto che Germania, Francia e Regno Unito si stanno armando con l'intento di colpire.

La minaccia di una guerra totale si fa sentire in tutto il mondo. E sebbene possano esserci sacche di resistenza disorganizzata, queste saranno accolte con ondate di propaganda e repressione nel caso in cui la guerra debordi oltre i confini degli attuali conflitti regionali. La guerra sarà definita inevitabile e il patriottismo sarà definito dall'impegno di ognuno a onorare la nazione. I lavoratori saranno chiamati a combattere per conto della classe che vuole la guerra per annettere terre di valore o per difendere l'ordine liberal-democratico ormai corroso in maniera ridicola. In entrambi i casi ci saranno giustificazioni fabbricate al momento giusto per garantire il sostegno necessario. E proprio come in ogni guerra, sarà la classe operaia chiamata al massacro. Nella prima e nella seconda grande guerra imperialista, milioni di poveri operai agricoli e industriali hanno combattuto e sono morti, molte città sono state ridotte a rovine. In queste grandi guerre, molti hanno guardato con orrore all'efficienza della macchina della morte, solo per sperare che uno sconvolgimento di questa portata non potesse mai più accadere. La prima guerra mondiale è stata definita la guerra che avrebbe posto fine a tutte le guerre, solo per essere seguita da un massacro ancora più grande vent'anni dopo. La seconda guerra mondiale si conclude con l'uso di armi atomiche sui civili e con gran parte dell'Europa e dell'Asia ridotte in macerie. Ogni guerra che oggi verrebbe combattuta su una scala simile comporterebbe armi ancora più potenti. E sebbene ci sia stata una "pace" di quasi 80 anni dall'ultima conflagrazione, ora ci troviamo ancora saldamente nella morsa del capitalismo imperialista che tiene in ostaggio i lavoratori di tutto il mondo. C'è solo un modo per uscire da questo schema ed è quello di rompere il sistema che si nutre del nostro sangue.Internationalist Workers' Group

24 Dicembre 2024

L'articolo sopra riportato è tratto dall'ultimo numero di Internationalist Notes (#10 inverno 2024-2025), periodico dell'Internationalist Workers' Group.

Sabato, February 15, 2025