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Home ›Sui "Progetti per la legalità"
Pubblichiamo le considerazioni di un giovane compagno sui “progetti legalità”, portati avanti in molte scuole, quale percorso di denuncia delle mafie. Ovviamente, nell'analizzare la criminalità organizzata, cioè la borghesia “extra legale”, l'istituzione scolastica è lontana anni luce da un discorso che inquadri il fenomeno come un'espressione del sistema socio-economico borghese.
La legalità romana mise in croce Spartaco
Ogni giorno, dai palazzi di tutte le istituzioni borghesi, si sente sempre la solita cantilena avente al centro quella magica parola: “legalità”. Questa parola, esposta in tutte le scuole assieme al principio portante lo stesso nome, pare essere l’epiteto della buona condotta morale. L’uomo democratico, che ascolta tutte le opinioni, da chi propone di spedire i lavoratori in guerra per la patria fino a chi propone di costruire dei campi di concentramento in Albania, pare essere l’uomo giusto. La legge democratica è ineluttabile, perenne e “non perfetta, ma la migliore possibile” oppure “non perfetta, ma perfettibile” indicando quanto essa sia l’unico orizzonte della Storia agli occhi di chi la esercita.
I garanti di questa legge non sprecano alcuno sforzo nell’inviare per scuole d’ogni grado i propri rappresentati oppure recandosi loro stessi per gli auditorium d’Italia ripetendo la loro Buona Novella, con tavole di comandamenti inclusi, democratica a chiunque presti ascolto. Questi parlamentari, giudici e burocrati d’ogni specie non cambieranno mai d’avviso e non proporranno mai un’analisi oggettiva della realtà; per questi odierni Pangloss, le classi non esistono. Esistono solo delle idee, gli ideali che cascano in testa come mele di Newton a chiunque possegga di ragione. Ma a differenza del brillante fisico, questi uomini non analizzano le invisibili forze che agiscono sui corpi e ne causano il movimento ma si convincono e provano a convincere i lavoratori che la loro migliore mela possibile non sia bacata ed ormai marcia fino al seme.
Viene spesso detto che la legge dello Stato deve trionfare sui perversi codici d’onore in vigore là dove lo Stato è assente. Questa assenza lascia in balia di bande criminali la gestione del territorio, provocando una scia di morti e di terrore, dato che le cosche paiono non essere troppo garantiste. Sulle conseguenze non c’è dubbio; estorsioni, rapine, omicidi fino alle autobombe sono tutti sanguinosi gesti con cui le mafie esercitano il loro controllo. Ma queste conseguenze non si sono mai verificate dove fosse presente lo Stato democratico ad esercitare i suoi Testi Sacri? A Portella della Ginestra e Piazza Fontana non era forze presente lo Stato? La risposta dei servitori civici sovente è: “Ma in questi casi non era presente lo Stato; a commettere le stragi furono suoi ex-rappresentanti deviati!” Tralasciando il fatto che usare la parola “deviato” sottolinea la concezione semi-religiosa di questo strumento politico, secondo la quale esiste una giusta ortodossia Statale e le sue eresie deviate da condannare, per smentire questa affermazione basterebbe chiedere se chi sparò sui manifestanti a Reggio Emilia, quel 7 luglio di 65 anni fa, avesse la divisa e l’autorizzazione della principale carica di questo Santo Stato democratico.
Per comprendere la vera natura dello Stato e del suo diritto bisogna andare oltre la concezione democratica, che fornirà sempre un colpevole, il cattivo di turno, deformatore di leggi e deturpatore della purezza statale, a cui attribuire ogni malefatta, e che non darà mai soluzioni che escano dalle dinamiche dell’attuale società capitalistica.
La concezione democratica pone come principio fondamentale del diritto la sua eguaglianza sotto il punto di vista individuale. Nelle aule d’ ogni tribunale campeggia il motto democratico per eccellenza: “La legge è uguale per tutti”.
Ma questa è verità da un punto di vista giuridico e menzogna da un punto di vista sociale. Chi nel suo conto bancario conta cifre da cinque o sei zeri, avrà una difesa pari in qualità e mezzi di chi invece deve ricorrere al Gratuito Patrocinio? Il diritto è sì eguale, ma nella sua eguaglianza è disuguale poiché cieco nei confronti delle fondamenta della società: la divisone in classi.
Se non si parte da questa fondamentale realtà, ogni analisi si fermerà alla superficie di un fenomeno senza andare alle cause reali.
La “legalità”è un’ideologia, non dissimile da una concezione religiosa della realtà. Dire che chi rispetta le leggi sia uomo giusto e chi invece le rifiuta sia perfido, equivarrebbe ad accettare senza la minima riflessione la peggiore tirannia. Un esempio del costo della fiducia cieca nella legge venne dato dai manifestanti del Campo di Marte a Parigi, radunati il 17 luglio 1791 per chiedere la rimozione del re dopo la sua fuga a Varennes. La scena viene descritta dal settimanale rivoluzionario “Les Révolutions de Paris”, pubblicato dal 1789 al 1794. Nell’edizione numero 106, pubblicata in quei giorni di luglio si legge:
“Le persone all'altare, più di 15,000 persone, avevano appena notato la bandiera (rossa, portata avanti dalle truppe di Lafayette, usata per indicare lo stato di legge marziale entrato in vigore il medesimo giorno, ndr) quando si sono sentiti degli spari -“Non muoviamoci, sparano a salve. Devono venire qui per pubblicare la legge." - Le truppe avanzarono una seconda volta. La compostezza dei volti di coloro che circondavano l'altare non cambiava. Ma quando una terza raffica ha falciato molti di loro, la folla è fuggita, lasciando solo un gruppo di cento persone all'altare stesso. Ahimè, hanno pagato a caro prezzo il loro coraggio e la loro cieca fiducia nella legge. Uomini, donne e persino un bambino sono stati massacrati lì. Massacrati sull'altare della patria ". (1)
La legge è sempre stata uno strumento da parte delle classi dominanti per schiacciare le classi dominate. Così fu durante il regno, la repubblica e l’impero di Roma i cui tribunali mai misero in questione la schiavitù. Così fu durante il medioevo in cui i tribunali d’ogni regno d’Europa mai misero in questione la servitù della gleba. Così è oggi. Gli odierni tribunali delle democrazie non oserebbero mai mettere in questione la validità della Costituzione. Il loro compito è di esercitarla e di esercitare la repressione contro chi minaccia il dominio della borghesia.
La legalità vorrebbe uno sciopero castrato, privo di conseguenze reali, trasformato in un gesto simbolico di esercizio delle proprie libertà costituzionali. Questi discorsi sono ripetuti da tutte le sigle sindacali confederali, i quali hanno firmato ogni decreto che svuotasse lo sciopero “legale” di tutta la sua efficacia. Anch’essi sono colmi di cieca fede nella costituzione e nelle sue leggi. Un esempio di questo servilismo si è visto durante lo sciopero generale del 29 novembre 2024 ed il precetto voluto dal ministro Salvini. I signori sindacalisti, piuttosto che ignorare il precetto voluto dal ministro Salvini, e portare avanti una vera battaglia, anche a costo di entrare nell’illegalità, hanno deciso di far ricorso ai tribunali. Qui si è vista la tanto lodata difesa della legalità: i giudici hanno sbattuto la porta in faccia alle richieste sindacali. La risposta sindacale? Rispettare la sentenza e gettare nel cestino ogni prospettiva di una vera difesa della classe salariata.
Legalità, tribunali, Stati, costituzioni, parlamenti; questi sono gli strumenti del dominio politico e ideologico borghese!
L’unica via è la lotta, una vera lotta per una nuova società libera dalle barbarie della guerra e dello sfruttamento che vada contro queste catene, contro questi strumenti borghesi che vorrebbero vedere i salariati, sedati e docili, morire per il profitto, sul lavoro prima e magari al fronte poi.
Una lotta economica, per le richieste immediate dei proletari, fuori dai sindacati e le loro catene, portata avanti da comitati di sciopero diretti dai lavoratori stessi coscienti delle loro richieste
Una lotta politica avente come programma il rovesciamento del dominio borghese portata avanti dal Partito di classe, unico strumento per portare la coscienza di classe ai lavoratori d’ogni nazione.
Questa è l’unica strada percorribile;
Socialismo o Barbarie!
FC
FONTI E BIBLIOGRAFIA
1) Les Révolutions de Paris, _numero 106, pag 65 , consultabile tramite il sito della Bibliothèque Nationale de France gallica.bnf.fr (consultato il 18/04/2025)_
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