Albania: l’intervento italiano e la farsa diplomatica

È ancora lontana la soluzione politica della crisi albanese. Dopo il crollo dello stato albanese e il successivo intervento dell’imperia-lismo italiano, giustificato da un malcelato intervento umanitario, continuano gli scontri tra le bandi rivali che si contendono il controllo del territorio. Contrariamente a quanto sperava la diplomazia italiana, l’indizione delle elezioni politiche per il prossimo 29 giugno ha ulteriormente esacerbato gli animi; infatti dalla seconda metà del mese di maggio sono ripresi con maggior vigore gli scontri in alcune città del sud del paese, scontri che hanno avuto il momento più caldo nell’attentato contro il presidente Sali Berisha.

Il protrarsi della crisi, la totale assenza di un solido punto di riferimento politico borghese capace di porsi alla guida della ricostruzione albanese, stanno mettendo a nudo tutti i limiti dell’azione militar-diplomatica italiana. L’imperialismo italiano dopo aver puntato i piedi con gli altri paesi europei nel voler gestire da solo la soluzione della crisi albanese, facendo pesare il fatto di essere stato escluso dai giochi della spartizione delle commesse nella ricostruzione dei paesi dell’ex Iugoslavia e comunque voglioso di giocare un ruolo di primo piano nell’area del medio-basso Mediterraneo, sta trasformando l’intervento in una vera e propria farsa militar-diplomatica.

La spedizione della marina sulle coste albanesi, avvenuta con il totale consenso delle forze politiche dell’arco costituzionale (solo Rifondazione si è opposta pretendendo un maggior coinvolgimento degli altri paesi europei), dopo le dichiarazioni di grandezza di Prodi & company è stata letteralmente ridicolizzata in tutto il mondo dall’incagliamento in piena bonaccia della più importante nave impegnata nelle operazioni. Sono stati necessari alcuni giorni per disincagliare la nave, grazie all’intervento di un rimorchiatore, e nello stesso tempo sostituire il comandante della stessa per manifesta incapacità nel condurre le più elementari operazioni di sbarco.

Lo stallo politico in cui è venuta a cadere l’Albania, con l’appari-zione fugace di personaggi e forze politiche “nuove”, la relativa debo-lezza degli organismi istituzionali (guidati dai vari Berisha e il premier Fino), inevitabilmente si ripercuote nell’intervento imperialistico italiano. All’interno delle forze politiche italiane, pur essendo tutti concordi nell’appoggiare l’azione imperialistica, si stanno producendo delle vere e proprie spaccature nello scegliere il referente politico albanese da appoggiare nelle prossime elezioni politiche. Le ultime torbide sostituzioni degli ambasciatori italiani in Albania non sono altro che la più palese dimostrazione di tale spaccatura.

Lo battaglia per la nomina di un nuovo ambasciatore è cominciata lo scorso mese, quando è stata resa pubblica una conversazione dell’ambasciatore Foresti nella quale dichiarava che il governo italiano era pronto ad aumentare il proprio sostegno al presidente uscente Sali Berisha. La pubblicazione del testo della conversazione di Foresti, mai smentita dall’interessato, ha scatenato un vero e proprio terremoto diplomatico-politico. Scaricato immediatamente dal governo e da Rifondazione, l’ambasciatore Foresti è stato difeso strenuamente soltanto da alcuni uomini del polo che per motivi di meri interessi di bottega sono più vicini al presidente Belisha (ricordiamo che nei mesi scorsi durante gli scontri più duri gli uomini del polo, Buttiglione e Casini in testa, facevano quotidianamente la spola tra la costa pugliese e Tirana per ottenere dal presidente Berisha delle assicurazioni sugli investimenti italiani in Albania).

Con la cacciata di Foresti si è aperta una vera e propria bagarre per la nomina del nuovo ambasciatore. Nell’arco di pochi giorni si son bruciati diplomatici che prima dell’incarico godevano di un’incondizionata fiducia e stima dell’intero quadro politico. Ma le difficoltà via via crescenti che sta ponendo la crisi albanese, gli elevati interessi politici ed economi-ci che l’azione imperialistica italiana vuole tutelare, hanno fatto altre “vittime” illustri. La prima candidatura alla guida dell’ambasciata di Tirana, quella di Alfredo Matacotta, è durata pochissimo tempo in quanto per alcune sue dichiarazioni fatte ad un convegno di imprenditori si è beccato addirittura un’interroga-zione parlamentare. Dopo il fallimento della candidatura di Matacotta, la Farnesina nomina come nuovo ambasciatore a Tirana Incisa di Camerana. Sembrava che l’intera vicenda fosse destinata a concludersi ma un’intervista rilasciata dal neo ambasciatore a Repubblica, scatena un vero e proprio putiferio. Incisa di Camerana lancia pesanti accuse contro il generale Franco Angioni (quello che ha guidato la missione in Libano) attualmente presidente del “Comitato per l’Albania”, contro il suo predecessore Foresti accusato di essere protetto dai politici ed infine contro lo stesso ministero degli Esteri accusato di non essere stato finora in grado di gestire al meglio l’intera operazione in Albania. Le dichiarazioni producono l’immediata revoca dell’incarico ad Incisa di Camerana e temporaneamente Foresti rimane alla guida dell’ambasciata.

Passano pochi giorni e dal cilindro del ministro Dini esce un altro nome: quello di Marcello Spatafora, attualmente ambasciatore in Australia. La girandola di ambasciatori sembra, almeno fino al momento in cui scriviamo, con-clusa ma lascia insoluti i problemi di fondo che hanno portato il governo italiano a sostituire ben 4 ambasciatori in poco meno di un mese. Infatti la borghesia italiana e le forze politiche che questa esprime, pur trovando un accordo di massima nel sostenere univo-camente l’azione imperialistica dell’Italia, intrapresa per difendere gli investimenti in Albania e per ritagliarsi un ruolo di primo piano nel mediterraneo, riflettono nella questione albanese quelle divisioni che hanno avvelenato il clima politico negli ultimi anni. Gioghi di potere e lotte intestine alla borghesia, derivanti dalla spartizione di quel poco che può offrire l’Albania, avvelenano ulteriormente la vita politica italiana nella quale rimane purtroppo irretito un proletariato completamente assente, incapace di rilanciare con la lotta il programma di classe.

pl

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.