Dall’operaio massa al padrone: i nuovi soggetti antagonisti per l’Autonomia

La nostra militanza, minuscoli nuclei rivoluzionari, è una cosa faticosa per i mille ostacoli che ci ingombrano la strada, non ultimi il pullulare di correnti, gruppi e partiti che si autoproclamano comunisti, pur non avendo niente a che spartire col comunismo. Ben vengano, dunque, quei chiarimenti che mettono fine a equivoci ventennali e possono in tal modo rendere un po’ più agevole il nostro cammino. Ci stiamo riferendo all’Autonomia - o, meglio, a spezzoni importanti di essa - che finalmente ha gettato maschera, pantaloni e financo le mutande rosseggianti con le quali un tempo si travestiva, affermando che “col comunismo abbiamo chiuso. Adesso siamo federalisti e municipalisti” (Corriere della sera, 5-6-97). Queste le dichiarazioni degli autonomi padovani dopo gli scontri davanti al tribunale di Mestre, dove si processano le “brigate mona” (vedi Battaglia comunista 6/97). Insomma, l’anima riformista che si nascondeva sotto truci parole d’ordine e una pratica politica ultra avventurista, è emersa prepotentemente, ripescando le più trite e ammuffite ideologie del riformismo ottocentesco, presentate, al solito, come quanto di più moderno e avanzato offra il mercato della politica. Dal cilindro autonomo è spuntato il coniglio del federalismo/municipalismo ossia il gretto, limitato, ottuso e pidocchioso localismo, da Marx ed Engels combattuto aspramente 150 anni fa nelle persone di Proudhon e Mazzini, tipica espressione di un movimento operaio ai primi vagiti o, per essere più precisi, di strati artigianali che, di fronte alla proletarizzazione operata dal capitale, guardavano al passato e non sapevano fare altro che aggrapparsi con disperata nostalgia a comunità in via di rapida dissoluzione; per farla breve, tutto questo è proposto come la risposta vincente alla “globalizzazione” del capitale. D’altra parte, non ci si deve stupire più di tanto, visto che per anni l’irritante pidocchieria del “piccolo è bello” è stato il cavallo di battaglia dell’Autonomia, che mai, se non in modo molto confuso, si è posta il problema complessivo della distruzione del sistema capitalistico: il “contropotere”, le “zone liberate”, il “reddito garantito” dentro la società borghese erano (e sono) il massimo obiettivo strategico di innumerevoli lotte di strada: È anche naturale che gli autonomi abbraccino frementi di passione il municipalismo dello zapatismo, perché quest’ultimo ha tutti gli ingredienti necessari per farli felici: è localista, usa le armi (contro chi e per cosa è sempre stato, per l’Autonomia e affini un problema del tutto secondario) e, soprattutto, è interclassista. Gli zapatisti, infatti, non combattono per una società senza classi, cioè senza sfruttamento e oppressione di classe, ma per una maggiore giustizia sociale dentro il popolo, dentro il quale rimangono però le diverse classi sociali. E l’interclassimo aperto, dichiarato, è appunto il nuovo approdo di chi vedeva operai - massa dappertutto o soggetti antagonisti e sfruttati ovunque (vedi il commento alle scemenze di Scalzone in BC 5/96). Certo, il percorso operaio- massa/operaio-sociale fino al padronato in quanto nuovo soggetto politico di riferimento, a prima vista può sembrare un pugno nell’occhio, ma, lo ripetiamo, secondo noi è lo svolgimento logico di premesse aberranti; il resto - gli scontri con la polizia, le botte - è folklore. Infatti, nell’articolo riportato dal “Corriere”, un esponente dell’autonomia padovana precisa che per far fronte al dilagare del leghismo occorre creare un fronte comune con tutti, meno che con gli operai, visto che non vengono mai nominati:

Per ridisegnare l’assetto di questa società abbiamo bisogno della collaborazione di industriali, sindaci, presidi e insegnanti [...] ci rivolgiamo a Carraro [macchine agricole - ndr], agli imprenditori, alla sinistra istituzionale, al volontariato cattolico.

Non importa, poi, se proprio la “sinistra istituzionale” ha contribuito enormemente a spedire in galera e in esilio centinaia di militanti autonomi verso la fine degli anni settanta/primi ottanta, accusati di attentare alla democrazia, ciò che conta, oggi, è, testuali parole, “difendere la democrazia in pericolo”, tanto che di fronte a questo bene supremo si può e si deve cercare la collaborazione con Napolitano, uno dei più beceri accusatori degli ex “sovversivi”, perché “voglio parlagli, dobbiamo incontrarci”.

Ma la convinzione sull’opportunità del dialogo con i rappresentanti del potere borghese non è appannaggio esclusivo dei padovani; un altro importante settore dell’Autonomia, il famoso “Leoncavallo”, ha deciso che è ora di finirla con i ruffianamenti ambigui e sottobanco con le istituzioni, come ha fatto finora, e che è tempo di dialogare civilmente con lo stato e le sue articolazioni. Ma, e l’antagonismo? e lo stato repressore, organo del comando del capitale? Tutte cazzate, ferrivecchi: per essere al passo coi tempi bisogna attrezzarsi di mentalità manageriale, riconoscendo, a proposito della nuova giunta di Milano (clericalume vario, FI e fascisti di AN, ricordiamolo), che

Per la prima volta in vent’anni ci troviamo davanti a un’amministrazione che dice di voler contribuire a risolvere le questioni sollevate dai centri sociali.

il Manifesto, 28-6-97

Non c’è che dire, il nuovo soggetto sociale capace di risolvere le contraddizioni sociali è anche per gli autonomi il tanto (a parole) sputazzato mercato, nelle persone dell’industriale Carraro in Veneto e dell’industriale Albertini in Lombardia.

Per completare il mazzo, ecco il prossimo ritorno dell’intramontabile capo dell’Autonomia... Padronale, il sig. Negri, mosso dalla

esigenza di restaurare un clima democratico profondo, di una nuova articolazione tra le libertà civili e le libertà economiche e sociali - per tentare - di reinventare una nuova prassi democratica.

il Manifesto, cit.

Sentivamo proprio la mancanza di ...nuove articolazioni.

cb

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.