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Home ›Il dominio della Finanza
Anche se gli economisti, i politici e i numerosi opinionisti nostrani hanno utilizzato la crisi valutaria, che durante l’estate ha fatto ballare tutte le più importanti valute, a sostegno della campagna di smantellamento di quel che resta del cosiddetto stato sociale, riducendola a semplice bega interna, essa ha messo a fuoco alcuni importanti aspetti che caratterizzano le modificazioni in atto nel sistema economico mondiale.
Intanto, avendo interessato contemporaneamente tutte le valute in circolazione sul pianeta, ovvero l’intera massa monetaria mondiale, ha definitivamente dimostrato che non vi è più una stretta relazione tra le crisi valutarie e le vicende dell’economia reale e che i cosiddetti mercati non sono una comunità benefica che sentenzia su ciò che è bene e su ciò che è male nel solo interesse del genere umano, ma un luogo dove un gruppo ristretto di individui opera sordidamente a proprio esclusivo vantaggio a spese di chiunque gli capiti fra gli artigli. E già, perché tu hai voglia a dire che basta mettere a posto il bilancio dell’Inps e liberalizzare il mercato del lavoro perché tutto vada a posto quando contemporaneamente anche paesi dove i sistemi pensionistici sono inesistenti e il mercato del lavoro è talmente libero da non distinguersi dalla tratta degli schiavi, sono bersaglio di ondate speculative capaci di metterli in ginocchio in un batter d’occhio! Qui siamo in presenza di un qualcosa che pur non costituendo in alcun modo una novità (la speculazione è sempre esistita) ha assunto dimensioni tal da permeare di sé tutta l’attività economica mondiale subordinandola alle esigenze di appropriazione parassitaria di plusvalore da parte di una massa crescente di capitale finanziario. Un collaboratore di Bismarck soleva dire che quando c’è una complicazione politica, l’alta finanza trema come una foglia; oggi è esattamente il contrario: è l’alta finanza che domina su tutto e quando c’è una complicazione finanziaria è la politica che trema. Anche la tanto decantata globalizzazione dell’economia prima che industriale e commerciale, è globalizzazione finanziaria e quindi prima che essere portatrice di un nuovo Eldorado, regno della libertà e del benessere, è portatrice delle forme di dominio e di sfruttamento che al mondo finanziario sono proprie. D’altra parte solo il capitale finanziario è realmente trasferibile da una parte all’altro del mondo, da un mercato all’altro in tempo reale e senza particolari costi di trasporto ed è per questo capace di adattarsi alle esigenze della mondializzazione capitalistica meglio di ogni altra forma di capitale.
Fino ai primi anni settanta e per tutta la fase ascendente del secondo ciclo di accumulazione capitalistica, i suoi movimenti erano fortemente limitati da regolamenti internazionali che assicuravano stabilità alle parità fra le valute più importanti determinando un regime di cambi fissi che lasciava poco o nessuno spazio alla speculazione e riduceva fortemente le transazioni fra le monete che non fossero giustificate da una corrispondente transazione di merci. Con la rottura degli accordi di Bretton Woods e la successiva liberalizzazione del mercato dei cambi, l’attività speculativa è andata sviluppandosi a ritmi esponenziali per esplodere definitivamente nei primi anni ottanta con la legalizzazione negli Stati Uniti delle opzioni sulle valute (strumenti finanziari derivativi o derivati) che consentono la speculazione sui differenziali delle parità valutarie e dei saggi di interessi al di fuori di qualunque controllo da parte degli Stati e delle banche centrali. Tutto ciò insieme all’acuirsi della tendenza alla diminuzione del saggio medio del profitto ha fatto si che un numero sempre più grandi di capitali facesse della speculazione la propria attività primaria tanto che oggi le transazioni finanziarie superano di decine di volte quelle di merci. Ma il fatto veramente importante è che, nell’ambito della accresciuta produzione del capitale finanziario, ha assunto dimensioni fin qui impensate quella di capitale fittizio. In verità, Già Marx, nel 1894, aveva colto questa tendenza e operato la distinzione fra capitale finanziario e capitale fittizio individuando quest’ultimo in quella particolare forma di capitale finanziario il cui valore era interamente derivato dalla capitalizzazione del reddito anticipato senza alcuna contropartita in attività produttive vere e proprie. Solo che mentre ai tempi di Marx la moneta di credito, una delle tre fonti di alimentazione del capitale fittizio oltre ai titoli del debito pubblico e le azioni quotate in borsa, era costituita soltanto da moneta e titoli di credito non garantiti da riserve auree, oggi tutta la massa monetaria mondiale è emessa allo scoperto e i derivati finanziari, che sono assimilabili alla moneta di credito, non solo non hanno copertura, ma di fatto vengono emessi dagli stessi speculatori così che questa forma di capitale, diversamente dal passato, può espandersi a dismisura.
L’ordine economico mondiale tende quindi a soggiacere sempre più a questa produzione fittizia di valore che si sovrappone a quella della ricchezza reale gravandovi sopra prepotentemente. È un meccanismo infernale che alla lunga esploderà, ma che intanto è alla base di quasi tutte le modificazioni che stanno subendo il sistema capitalsitico e le sue sue forme di sfruttamento.
Ciò non significa, come molti economisti borghesi pensano, che ci avviamo verso un sistema in cui le attività finanziarie si autonomizzeranno dall’attività produttiva e genereranno ricchezza come il padreterno avrebbe generato il mondo dal nulla; ma al contrario che una quota crescente della produzione di ricchezza sarà preda delle attività parassitarie e quindi che quanto più grande sarà il controllo esercitato sulla produzione di questa specifica forma di capitale tanto più grande sarà la capacità di esercitare il dominio su tutta l’attività economica mondiale.
Il fatto che la crisi, pur essendosi originata in Asia, si sia poi immediatamente trasferita in occidente e trasformata in un conflitto fra il dollaro e le monete che aspirano a costituire la moneta unica europea con in testa il marco, dimostra appunto che queste forme di produzione di capitale e di appropriazione di plusvalore sono diventate tanto importanti e determinanti da poter modificare la gerarchia del comando e i rapporti interimperialistici.
Gli Stati Uniti che, in quanto detentori della più importante quota della moneta di credito e dei suoi derivati circolante sul mercato mondiale, sono oggi i dominatori incontrastati e fanno la parte del leone nella spartizione della rendita finanziaria avvertono che il tentativo di costituire la moneta unica europea potrebbe dar vita a un temibile concorrente e si adoperano manovrando la loro potente moneta per impedirne la nascita.
Il prossimo futuro sarà pertanto inevitabilmente segnato dal susseguirsi di crisi valutarie e di vere e proprie guerre finanziarie così come un tempo si susseguivano le guerre commerciali.
Ne farà purtroppo le spese soprattutto il proletariato su cui graverà, parallelamente alla crescita della rendita finanziaria e allo scontro per la sua appropriazione, la spinta alla riduzione del valore della forza-lavoro ovvero dell’unica autentica fonte di produzione della ricchezza. Il suo stato di debolezza, al contempo teorica e pratica, politica e organizzativa, è tale infatti che è difficile immaginare, almeno nel breve periodo, una sua autonoma risposta di classe.
E in più vi è anche chi, fermo al 1848, anziché usare il cervello per affinare la comprensione e la conoscenza di questi fenomeni che caratterizzano gli sviluppi della fase imperialistica del capitale si ingegna per comprimerlo in qualche elmetto preferibilmente di marca islamica.
gpBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #9
Settembre 1997
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