Rapace e pavida la borghesia italiana

Rapacità e avidità sono caratteristiche formalmente contraddittorie ma che si trovano riunite nei cialtroni e ... nell’imperialismo italiano. Un imperialismo straccione - l’aveva bollato Lenin in tempi ormai lontani; ma quei tratti caratteristici della borghesia italiana restano invariati 80 anni dopo. Un esempio, il cui significato è direttamente proporzionale all’importanza del tema.

Nell’ultima crisi del Golfo, gli Stati Uniti hanno incontrato una aperta opposizione da parte di Francia Cina e Russia (come racconta anche l’articolo dei compagni americani); l’Europa, la famosa comunità non è riuscita ad esprimere se non timidi appelli al dialogo, che non escludevano il diritto degli Usa di far da giustizieri (per i propri interessi). E tutti ricordano l’ancora più pavido e servile atteggiamento del governo italiano e del suo partito di maggioranza (il Pds, l’ex PCI, che quando l’Urss stava ancora in piedi ed esso partito stava all’opposizione, sbraitava “Fuori l’Italia dalla Nato). In sostanza era questo: siamo fiduciosi nel dialogo, auspichiamo (o preghiamo, il che fa lo stesso) che il dialogo risolva la crisi, ma certamente non possiamo opporre il veto all’iniziativa americana. Certo non era l’atteggiamento della Gran Bretagna, né quello della Slovenia o del... Gabon, purtuttavia era l’atteggiamento del servo che non osa dire no. Qualcuno, fra i più fessi dei borghesi italiani, si era spinto a dire che gli interessi americani nel Golfo (si, certo, di pace, giustizia, stabilità) coincidevano con quelli italiani. Ma non era vero, e il governo che è espressione degli interessi complessivi del capitale nazionale, lo sapeva: Sennò si sarebbe esposto di più a favore dell’avventura, come la Svezia o il Portogallo.

E infatti l’Italia nel suo relativo piccolo, i suoi interessi ben distinti e contrapposti a quelli americani nel Golfo e altrove li ha e li avanza. Nel Golfo l’interesse prevalente americano è tenere l’Irak fuori dal mercato del petrolio per evitare discese del prezzo e mantenere il monopolio delle forniture ai concorrenti, Italia compresa. L’interesse del capitale italiano invece è abbassare il prezzo e sottrarsi quanto più possibile alle forniture americane (ovvero dai satelliti americani).

Più in generale, l’interesse americano è stringere quanto più possibile i mercati d’affari autonomi dei concorrenti e la politica degli embargo americani è tutta tesa a questo obiettivo. Non è certo l’ansia di punire il dittatore Castro che fa mantenere un embargo trentennale su un paese che una volta libero di ricevere capitali e intrecciare commerci a tutti si rivolgerebbe salvo che agli Usa. E a Cuba c’è andato addirittura il Papa, messaggero delle “aperture” europee e italiane.

Né gli Usa possono far credere a gente dotata di raziocinio che la Libia costituisca una minaccia. Piuttosto la Libia potrebbe dar molto petrolio agli europei e agli italiani e intrecciare più affari di quanto già non faccia. E allora anche sulla Libia grava l’embargo.

Ecco allora che tocca al presidente dell’Eni, Bernabé, dichiarare che è l’ora di finirla con questi embarghi. Il messaggio del rappresentante di una grande multinazionale dovrebbe suonar chiaro ai governanti. Il risultato, ormai tipizzato dalla storia, è che l’Italia continuerà sino all’ultimo a dir sempre ni al “grande alleato”, mentre cercherà di mettere le mani sul petrolio e sugli affari nel Golfo e ad avanzare i suoi rapaci interessi sui mercati che si dovessero presentare desiderosi di uscire dalle sgrinfie americane.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.