La dollarizzazione dell'Equador

Mentre il dollaro allarga la propria area di dominio, in nome della stabilità monetaria la borghesia ecuadoriana s'appresta ad affamare ulteriormente il proletariato

Lo scorso mese di gennaio il governo dell'Ecuador ha sancito la fine della propria moneta nazionale, il sucre, sostituendola con il dollaro statunitense. Un provvedimento che arriva in una fase economica e politica particolarmente difficile per il piccolo paese latino americano, nel quale è esplosa negli ultimi mesi la protesta sociale delle popolazioni indigene (indios). La marcia delle popolazioni indios sul parlamento di Quito dello scorso 21 gennaio, che ha portato alla destituzione del presidente Jamil Mahuad, è solo l'ultimo episodio dello scontro sociale in atto nel paese. All'origine dell'ultimo "levantamiento" indios c'è il provvedimento di Jamil Mahuad di voler dollarizzare l'economia ecuadoriana; provvedimento contestato dalla Conaie, la confederazione delle nazionalità indigene dell'Ecuador, che ha guidato la protesta indios fino alla plateale occupazione della sede del parlamento. Ma l'illusione riformista della Conaie di riuscire a bloccare il progetto del presidente si è dissolta nel giro di qualche ora; infatti tramite le forze armate, che in una prima fase sembravano appoggiare i manifestanti indigeni, gli Stati Uniti hanno posto al timone di comando l'ex vice presidente Gustavo Noboa. E giusto per chiarire che la nuova stagione non si discosterà dalla strada tracciata dal destituito presidente Mahuad, appena nominato il neo premier Noboa ha dichiarato che il risanamento dell'economia del paese passa obbligatoriamente attraverso l'adozione del dollaro.

Un cambiamento epocale nella storia dell'Ecuador che trae la propria origine nelle contraddizioni strutturali dell'economia del paese. La crisi messicana del dicembre 1994, che ha determinato il crollo economico di tutto il continente sudamericano, ha avuto delle conseguenze nefaste sul disastrato Ecuador. Il peggioramento dell'economia è continuato inarrestabile in questi ultimi mesi. Alla base del provvedimento dell'ex presidente Mahuad c'è l'aumento vertiginoso del valore della moneta statunitense rispetto al sucre; mentre nel gennaio 1999 un dollaro valeva circa 7260 sucre, un anno dopo per ottenere un dollaro era necessario sborsare ben 28000 sucre, con una svalutazione annua del 162%. La svalutazione della moneta nazionale rispetto al dollaro ha causato l'esplodere del fenomeno dell'inflazione il cui tasso annuo si è assestato al 52,2%, il più alto tra i paesi dell'America Latina. Nel 1999 il prodotto interno lordo ha subito una contrazione del 40%, passando da 15 mila milioni di dollari a poco più di 10 mila milioni di dollari, contrazione dovuta in parte alla diminuzione degli investimenti nei settori agricoli e manifatturieri e in parte a un calo delle esportazioni. Se consideriamo che le esportazioni dell'Ecuador sono indirizzate soprattutto verso il mercato statunitense e che il sucre si è svalutato rispetto al dollaro in maniera consistente, il calo delle esportazioni assume un contorno ancor più grave, visto che si erano create tutte le premesse per un loro aumento.

Il peggioramento del quadro macroeconomico dell'Ecuador non poteva non produrre degli ulteriori guasti sociali e infatti la frattura sociale tra le 200 famiglie che detengono le leve del potere economico e politico del paese e la stragrande maggioranza della popolazione si è allargata ancor di più. Pochi numeri per rendere l'idea di quanto sia grave la situazione del piccolo paese andino: circa l'80% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, mentre il tasso di disoccupazione supera il 16%. La struttura produttiva e finanziaria del paese è letteralmente implosa lo scorso anno: 700 grandi imprese hanno chiuso l'attività o hanno ridotto i propri organici, causando la perdita di ben 250 mila posti di lavoro; delle 42 banche presenti nel paese all'inizio del 1999, a causa delle pesantissime perdite, all'inizio del 2000 ne sono rimaste solo 24, di cui ben 15 gestite dallo stato. I fallimenti a catena delle imprese hanno determinato una fuga dei capitali all'estero, tanto che il governo ha dovuto imporre il congelamento dei depositi per bloccare l'emorragia di capitali.

Tutta l'economia dell'Ecuador si è retta negli ultimi tre decenni sull'esportazione delle banane e soprattutto sullo sfruttamento delle risorse petrolifere. La scoperta nei primi anni settanta d'importanti giacimenti petroliferi nella parte orientale del paese, quello della regione amazzonica, ha attirato nell'Ecuador le grandi compagnie petrolifere americane. Il governo si è fatto promotore dello sfruttamento dell'oro nero ed ha costruito enormi infrastrutture stradali per agevolare il trasporto del petrolio, con danni incalcolabili per l'ambiente e per l'intero eco sistema naturale del paese. Inquinamento ambientale e deforestazione sono solo alcune conseguenze dello sfruttamento selvaggio delle risorse naturali. Ciononostante, con il passare degli anni ci si è accorti che i proventi dell'esportazione del petrolio non sono sufficienti a pagare neanche gli interessi del debito pubblico, che ormai gravita intorno ai 20 miliardi di dollari. Si è così creato un vero circolo vizioso in base al quale per rilanciare l'economia nazionale il governo ecuadoriano contrae debiti all'estero, e per pagare il debito si intensifica lo sfruttamento delle risorse petrolifere. Il provvedimento del destituito presidente Mahuad di sostituire il sucre con il dollaro americano avviene, dunque, in un paese ridotto alla fame. A causa delle scarsissime risorse valutarie il piano di stabilità monetaria del governo ecuadoriano è andato ben oltre i provvedimenti presi in precedenza dall'Argentina e dal Brasile (paesi che per primi nel continente latino americano hanno fissato il rapporto di cambio con il dollaro statunitense), sostituendo la propria moneta con il dollaro. Secondo il piano governativo nel giro di un anno tutta la massa monetaria dell'Ecuador sarà espressa unicamente in dollari per cui per la prima volta nella storia un paese dell'America latina è nelle mani della Federal Reserve; infatti, non sarà più la banca centrale dell'Ecuador a stabilire la politica monetaria del paese, ma essa sarà determinata a migliaia di chilometri di distanza dalla banca centrale americana, la quale prenderà le sue decisioni senza tenere in alcun conto quelle che sono le esigenze macroeconomiche dell'Ecuador. Sul piano interno le conseguenze sociali di tale provvedimento saranno a dir poco catastrofiche, in quanto sarà destinata ad allargarsi la forbice tra i pochi percettori di rendita finanziaria e le masse diseredate di proletari. Attraverso la dollarizzazione dell'economia non solo si stabilizzano i prezzi e si combatte l'inflazione (almeno questa è la speranza del capitale finanziario), ma tale processo passa attraverso un ulteriore attacco al mondo del lavoro. Un giro di vite su salari già da fame, con l'avallo del Fondo Monetario Internazionale che ha subordinato la concessione del prestito di 6,5 miliardi di dollari alla completa liberalizzazione dei mercati. E per assecondare i mercati l'ultima finanziaria presentata in parlamento dall'ex presidente Mahuad prevede di destinare ben il 54% delle risorse pubbliche al pagamento del debito pubblico e soltanto il 3% al settore dei servizi sociali, una vera rapina a mano armata nei confronti del proletariato ecuadoriano vittima di quel più generale processo d'integrazione dell'America latina nell'area del dollaro funzionale agli Stati Uniti nella lotta interimperialistica per accrescere la propria quota di rendita finanziaria.

PL

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.