La rivolta delle banlieues francesi

I roghi che hanno illuminato il grigiore della banlieue parigina sono spenti. Le manipolazioni dei mass-media hanno contribuito a fare apparire i casseurs franco-magrebini come le avanguardie impazzite di una guerra di religione che starebbe per investire la arrendevole Europa. Ennesimo alimento alle verbali contrapposizioni fra statalisti e liberisti; chiacchiere e inerzia (a colpi di mitra) di un capitalismo e di una società che da decenni alterna azioni del suo apparato poliziesco ai cori soporiferi dei suoi sostenitori impegnati nella prediletta circumnavigazione del proprio ombelico. Riportiamo in proposito parte di una corrispondenza dei compagni tedeschi del GIS.

Fra i motivi che hanno alimentato l’ondata di rivolte in Francia, vi è anche il disprezzo e le continue umiliazioni patite dai giovani delle periferie per mano di una polizia di stampo razzista (CRS). Uccisioni, ferimenti e torture sono le sue prodezze sistematiche; le vittime, quasi sempre, provengono dalle file della classe operaia, hanno spesso nomi arabi e i poliziotti autori di tali nefandezze sono sempre impuniti. Negli anni ’80 il governo socialista applicò qualche provvidenza a carattere sociale; qualche ribelle venne un po’ integrato e furono inviati assistenti sociali nelle periferie. Nel 1984 vide la luce SOS Racisme, una organizzazione/alibi socialista, che non fu certamente creata per far emergere con chiarezza cos’è il razzismo e quali le cause economiche che stanno alla base delle condizioni reali delle banlieues. In seguito, il partito socialista scoprì le carte, fra cui la retorica dello Stato forte e della sicurezza interna e, di conseguenza, l’apparato poliziesco fu potenziato. Le ultime rivolte, oltre le violenze e le angherie poliziesche, hanno accumulato fra i motivi di fondo le insopportabili condizioni di periferie malridotte e isolate: decenni di miseria sociale, quasi il 50% di disoccupazione, abitazioni anguste, quartieri privi di strutture pubbliche, strade in pessimo stato, servizio sanitario in condizioni miserevoli, donne-madri su cui pesano intere famiglie, ecc. La protesta nasce e si espande spontaneamente. I giovani sono quelli meno organizzati fra tutte le stratificazioni sociali in loco: assenti anarchici, Black Block e tantomeno una pseudo sinistra comunista; nulla a che fare con i gruppi islamici, come sostengono gli studiosi di flussi migratori. Al contrario, il clero musulmano svolge un ruolo di... responsabilità e di osservanza della legge; funge da intermediario promettendo al governo di attivarsi per ristabilire la pace nei quartieri. Sarkozy, ministro degli interni, ha perfino proposto di eliminare la separazione tra Chiesa (intesa come religione) e Stato, e di concedere finanziamenti pubblici alle associazioni religiose con l’obiettivo strategico del controllo sociale della popolazione attraverso lo Stato e il clero. Assurda l’asserzione che ad organizzare la rivolta fossero state le bande criminali: le organizzazioni mafiose sono invece rimaste ai margini; la mafia ha bisogno di situazioni tranquille per dedicarsi ai propri traffici e inserire nelle proprie strutture giovani minati dalla disperazione. I quali, politicizzati pochissimo, quando protestano non sono paragonabili ai giovani degli anni ’80, i quali in parte sostenevano idee radicali e in parte coltivavano illusioni nelle riforme. I giovani di oggi hanno poco da perdere, specie a livello di prospettive future; sono cresciuti nella repressione dello Stato e sono politicamente isolati. La sinistra fa poco per modificare tutto ciò. L’organizzazione trotzkista Lutte Ouvriere ammette un po’ di comprensione per i giovani ma poi si rivolge alla polizia come se, nella società capitalista, esistesse la possibilità di riformare ciò che, da sempre, svolge il ruolo di repressione dei disordini sociali e di difesa dell’ordine borghese. Così la Lega Comunista Rivoluzionaria (LCR) e altri gruppi trotzkisti propongono le dimissioni di Sarkozy e attivano le solite illusioni su un ipotetico cambio di governo, mirando ad una partecipazione - prossime elezioni presidenziali - in un’ampia coalizione elettorale con la scelta del candidato della sinistra borghese, Fabius, alla seconda votazione. La richiesta avanzata da tali gruppi di organizzare sindacalmente i giovani delle banlieues, altro non è che la musica d’accompagnamento ideologica per i loro maneggi parlamentari. Una politica che non mira ad allargare e a generalizzare la protesta bensì ad un suo riassorbimento istituzionale.

Le rivolte delle banlieues sono il prodotto del razzismo e della miseria sociale; riflettono allo stesso modo il crescente abbrutimento e imbarbarimento dei rapporti capitalistici. Per i marxisti non ha senso squalificare le sommosse, sulla base di analisi precipitose, come violenza apolitica oppure attribuendo ad esse una immanente tendenza comunista. Sul piano della scaramuccia di bulli, organizzata e sporadica, le rivolte delle banlieues avranno inevitabilmente fiato corto e saranno circoscritte inesorabilmente. Esiste tuttavia la possibilità che da una indignazione generalizzata, per le condizioni reali sempre più misere e a causa delle repressioni poste in essere dallo Stato, sorga e si rafforzi un nuovo movimento extra-parlamentare che sappia rispondere agli attacchi dello Stato con una offensiva di classe.

È a queste possibilità che noi guardiamo e a fronte delle quali occorre attrezzarsi al meglio perché tutto non si estingua ancora una volta in un ribellismo confuso e sterile, privo di una connotazione politica di classe. Per questo non ci stanchiamo di indicare non solo la necessità fondamentale del partito e di un preciso progetto politico, ma ci sforziamo di dare indicazioni concrete. Fra cui la ricerca di collegamenti con il proletariato che lavora, sulla base di una unità e solidarietà di classe oltre ogni confine nazionale, di razza e di religione, per un superamento del capitalismo e un radicale cambio della presente società.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.