La classe operaia va... al cimitero - 1a parte

Quattro lavoratori al giorno perdono la vita durante il lavoro

Mio padre è morto sputando, vomitando sui muri della cucina perchè non riusciva a controllare più il suo corpo. Si vergognava perchè in una casa di settanta metri quadri, non riesci a soffocare i suoni di un corpo operato tante volte senza sincere spiegazioni. L’espressione violenta di chi non vuole lasciarsi morire, vinto dal male, imbottito di morfina, di bugie ad ogni inutile ricovero. Mio padre era un operaio al petrolchimico di Porto Marghera, ha contratto a cinquantacinque anni un angio-sarcoma; nel fegato asportato era presente cloruro di vinile.

Bogdan Mihalcea rumeno 24 anni, stava lavorando ad un punto della rete fognaria di Torino, quando da una piena di fango ed acqua è stato travolto e trascinato nel fiume Dora, recuperato poi dalla polizia. Lavorava da pochi giorni, assunto in nero e senza permesso di soggiorno, per la “Geometra Siciliano” che aveva subappaltato alcuni lavori post olimpici.

Giovanna Curcio 15 anni di Casalbuono (Sa) lavorava in nero da poco tempo. Aveva trovato lavoro in un garage di cinquanta metri quadri, imbottiva materassi e cuscini. Guadagnava due euro l’ora. Il 5 di luglio scorso, insieme alla compagna di lavoro, Annamaria Mercadante di anni 49 madre di due figli, sono rimaste asfissiate nello sgabuzzino, per un improvviso incendio sviluppatosi all’interno del seminterrato. Di nessuna uscita di sicurezza o sistema antincendio era dotata questa “azienda” , per cui alle due lavoratrici non è rimasta alcuna via di scampo.

Giovanni Ponticelli 15 anni di Napoli, lavorava in un cantiere edile da una settimana. È morto agonizzante in ospedale, dopo cinque giorni di atroci sofferenze. È caduto dall’altezza di sei metri spingendo una carriola, riportando una frattura al cranio e un’emorragia cerebrale devastante. Sembra che fosse stato assunto come apprendista.

Questi non sono altro che gli ultimissimi morti per lavoro e classificati come “morti bianche”, aggiunti poi asetticamente alle statistiche. E allora iniziamo a guardarle queste statistiche, vediamo cosa raccontano.

Nel 2002 gli incidenti mortali sul lavoro risultavano 1418 , a fronte di 972.404 infortuni denunciati (il che porta a considerare questi numeri, in difetto assoluto rispetto alla nera e più triste realtà). C’è da dire che rispetto al 2001 si è avuta una flessione generale del 3.4%. Nel 2003, gli infortuni denunciati erano 938.613, di cui 1400 mortali, l’1.3% in meno rispetto all’anno precedente; mentre nel 2004 quelli mortali erano 1328, con una ulteriore flessione rispetto sempre all’anno precedente, su un totale di 869.522 infortuni denunciati. In questo arco di tempo, gli infortuni mortali sono stati così ripartiti per attività economiche: Agricoltura 18.9%; 22.7% nella grande e piccola industria; 42.7% nelle costruzioni. Un dato interessante, sempre stando a questa elaborazione statistica, dice che il 66% degli infortuni mortali avvengono in micro imprese con non più di 10 dipendenti. Generalmente l’85% dei lavoratori colpiti sono comunitari (italiani quasi nella totalità) mentre il restante è di origine extra-comunitaria. Dato importante è che il 38.4% degli infortuni avviene nel primo anno di lavoro, mentre addirittura il 16.4% nel primo mese. Nel settore più esposto, ossia quello dell’edilizia, il 20% degli incidentii mortali si verifica nella prima settimana di lavoro, i più colpiti sono giovani alle prime esperienze. Nel 2005, i morti sono stati 1273 (circa 4 al giorno) dove 1093 sono da registrarsi come sempre nella grande industria e nell’edilizia.

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(1) Petrolkiller (economica Feltrinelli, ed. 2006) Gianfranco Bettin, Maurizio Dianese.

(2) Dati elaborati dall’Inail. Ripresi anche da Anmil e Ispesl.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.