Gli “aiuti” disperati del capitale a sè stesso

Si parla di “aiuti” a imprese e famiglie, alcune ormai alla disperazione, con pacchi di miliardi (da dividersi “democraticamente…, “bande malavitose” comprese!), ma si tace su modi, tempi e contropartite necessari per far ritornare il denaro alla base di partenza. Soldi a “fondo perso”, “mutui agevolati”, ecc., ma le logiche dominanti nell’attuale sistema economico lasciano i conti finali in sospeso. Con “incombenze” (mutui, cartelle esattoriali e di pagamento) che battono cassa. Si spera nella resurrezione di un araba fenice di cui si è persa la minima traccia delle ceneri...

Raccontano che la distribuzione di denaro aumenterebbe la circolazione, la vendita delle merci, secondo quel valore di scambio che fa da pilastro al capitalismo. La formula D-M-D’ suppone – una volta “distribuito” denaro! – l’esistenza di merci da acquistare, in modo da poter estrarre da esse il plusvalore contenuto e che in parte sarà reinvestito - denaro come capitale - per riprodurre merci. Cogliamo l’occasione per rimarcare come nel comunismo il denaro sarà cancellato e chi lavora (poche ore settimanali, ma per tutti!) avrà una carta elettronica individuale con la quale potrà ritirare quanto distribuito come prodotto e non più come merce.

Nel capitalismo, anche se… socializzato (vedi “le peculiarità cinesi”…), il denaro diventa capitale comperando una merce del tutto particolare che si può trasformare in più denaro. Assurdo sarebbe uno scambio di uguali quantità di denaro, immaginando una sua auto-moltiplicazione! In anticipo, chiariamo subito che la merce particolare è il lavoro: il capitale gli assegna un salario il quale non “retribuirà” quello che sarà il suo sfruttamento… produttivo ma semplicemente manterrà in vita l’operaio finché sarà utile al capitale. Cioè strappandogli di lavoro non pagato, unico modo per valorizzare il capitale investito…

Mentre nel ciclo M-D-M si ha una circolazione semplice delle merci, nel ciclo della circolazione del denaro, D-M-D’, le fasi si invertono. Il denaro viene qui mediato dal lavoro produttivo che aumenterà il suo valore, diventando D’. In M-D-M il denaro non circola come capitale e i due estremi (M) hanno la medesima grandezza di valore. Nel ciclo D-M-D’ compare il plusvalore e col valore di scambio muta la grandezza della somma iniziale di denaro, incrementata dall’uso-sfruttamento di una merce particolare (la forza-lavoro) che al capitale fornisce il plusvalore.

Ritornando al tema degli “aiuti”, il denaro che i mercati finanziari prestano va poi restituito pagando un interesse, pur basso che sia. Si noti che l’Italia ha già un debito di oltre il 130% del Pil ed anche se la BCE acquista titoli pubblici sul mercato secondario, siamo sempre ad un punto morto, quello cioè della monetizzazione di debiti pubblici. Il valore della moneta si abbassa rendendo ancor più fragili le pubbliche finanze e preparando aumenti di inflazione.

Per il capitalismo, il vero problema epidemico che lo sta portando alla tomba è quello della affannosa ricerca di mercati dove vendere una massa di merci che dovrebbe produrre e vendere per combattere la caduta del saggio medio di profitto. Ma gli acquirenti scarseggiano. Nel Manifesto, Marx scriveva che

la società si trova spinta improvvisamente ad un stato di barbarie momentaneo, (…) l'industria ed il commercio sembrano annientati. (…) Le forze produttive disponibili sono diventate troppo potenti per questo regime che a questo punto diventa per loro un ostacolo. (…) Il sistema borghese è diventato troppo stretto per contenere le ricchezze create nel suo seno.

Ecco allora che i governi borghesi bloccano o distruggono con violenza una massa di forze produttive, ma ciò che si preparano sono solo «crisi più generali e più formidabili, riducendo i mezzi per prevenirle» (Marx).

Il capitalismo potrebbe produrre montagne di merci, ma non potendole trasformare in denaro per mancanza di acquirenti, rischia il collasso: se non riesce a ricavar profitti dagli investimenti di capitale entra in una crisi profonda, apparentemente di sovrapproduzione che altro non è che l'espressione fenomenica della caduta del saggio medio di profitto.

Nella produzione capitalistica non ci sono riferimenti ai bisogni dei lavoratori. Marx scrisse di una sovrapproduzione quale «fenomeno fondamentale delle crisi», il cui unico fine è quello di trasformare il plusprodotto di nuovo in capitale. Una sovrapproduzione, quindi, conseguente a quelli che sono i rapporti economici e sociali del modo di produzione capitalistico e del suo rapporto col lavoro salariato. Marx ripete che non si può

fare astrazione da una antitesi realmente esistente nella produzione. Il semplice rapporto fra operaio salariato e capitalista include che gli operai non sono consumatori (compratori) di una grandissima parte del loro prodotto, come gli strumenti e il materiale di lavoro; la maggior parte di loro può consumare solo una parte del loro prodotto, finché producono più di questa parte - il plusvalore o il plusprodotto. Essi devono essere sempre sovraproduttori, produrre al di là del loro bisogno, per poter essere consumatori o compratori entro i limiti del loro bisogno.

La dinamicità espansiva del capitalismo, presente nelle sue prime fasi di riproduzione, si è infranta contro i limiti del mercato che non reggono ad un ingigantirsi dei “bisogni” della accumulazione del capitale. Questo mentre salgono i bisogni che tormentano mezza umanità e che il capitalismo non potrà mai soddisfare essendo tormentato dall'abbassamento del tasso di profitto. E’ la concorrenza, nazionale e internazionale, che costringe il capitale a “rivoluzionare costantemente i mezzi di produzione” e a sostituire con macchine quel vivo lavoro col quale unicamente valorizza le merci e ottiene plusvalore. E’ dai settori industriali che proviene il plusvalore diviso tra profitto industriale e commerciale, rendita fondiaria e interessi finanziari. Inoltre, l’aumento della composizione tecnica del capitale e conseguentemente della crescente disoccupazione, è un “bisogno” fondamentale del capitalismo; lo accompagna dalla nascita e contribuirà alla sua prossima fine. Occorrerebbe quindi che almeno come massa complessiva il profitto aumenti di ciclo in ciclo; per questo si punta anche al mercato estero sempre però – come imperativo a causa della concorrenza internazionale! – puntando ad una costante

diminuzione del capitale variabile rispetto al capitale costante, e generando, d’altra parte, la sovrapproduzione rispetto ai mercati esterni; si produce dunque, di nuovo, a lungo termine, un effetto contrario.

Marx

La potenzialità delle forze produttive, sviluppate di anno in anno e paradossalmente dallo stesso capitale tentando di frenare la caduta del saggio medio di profitto («il motore della produzione capitalista»), altro non fa che ingigantire i fenomeni di sovrapproduzione, speculazione, crisi. E Marx, nel Capitale, insiste sul moltiplicarsi costante del capitale fisso a seguito delle conquiste di scienza e tecnologia, col risultato di bloccare uno sviluppo dell'individuo sociale e preparare la fossa al capitale.

L’utilizzo di forza-lavoro diminuisce costantemente e crea una tensione sociale in aumento. Tanto da portare ad una lampante evidenza il rafforzamento del controllo e della repressione organizzata dallo Stato, il quale conferma giorno dopo giorno di essere la diretta appendice del capitale. E’ il suo “comitato d’affari”, anche se in una situazione (economica, politica e sociale) sempre più difficile.

Va evidenziandosi «l'incompatibilità crescente tra gli sviluppi creativi della società ed i rapporti di produzione stabiliti dal capitale»; la necessità di una «fase superiore della produzione sociale» è all’ordine del giorno.

DC
Venerdì, August 7, 2020