Il marxismo nel 2000

La stampa e tutti i mezzi di comunicazione proclamano a ritmo ormai quotidiano che siamo all'alba di una nuova epoca e parlano della nascita di una Nuova Economia (rigorosamente in maiuscolo) e di nuovi paradigmi economici come di un qualcosa ormai acquisito da cui non potranno venirne che benefici per tutti.

In questa nuova società, fatta di tanti cittadini consumatori che dalla consolle del loro personal computer acquistano e vendono tutto e il contrario di tutto, e sempre al prezzo più favorevole, è dato per certo che libertà e benessere siano destinati a invadere e pervadere il mondo intero; e il solo avanzare qualche dubbio sulla reale consistenza di una simile prospettiva, se non è ancora un reato penalmente perseguibile poco ci manca.

Senza dubbio è visto come un folle o come un reperto archeologico da museo di paese colui che, sulla base della verifica dei dati reali, rileva invece nel mondo attuale la costante tendenza all'esasperazione delle contraddizioni proprie dei rapporti di produzione borghesi, le drammatiche conseguenze che da ciò derivano alla stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta e la necessità storica del loro superamento rivoluzionario.

A fronte dei folgoranti successi tecnologici, a cominciare dagli Stai Uniti, i salari reali sono in costante diminuzione e lo stesso è per il grado di copertura dei sistemi sia pensionistici, sia sanitari, sia assistenziali. Il processo della concentrazione della ricchezza ha raggiunto livelli tali da far paventare anche a molti economisti borghesi la prospettiva di una imminente e catastrofica crisi economica, per il fatto che l'emarginazione economica allontana masse crescenti della popolazione mondiale dal mercato delle merci e dei servizi. Negli Stati Uniti, scrive l'economista Chuck Collins:

Grazie alla caduta dei salari, ai bassi livelli di risparmio iniziale e alla rapida crescita dei debiti personali, il 40 % più povero delle famiglie ha perso uno sconcertante 80% della propria ricchezza netta. Mentre i ricchi hanno rastrellato profitti quantificabili in milioni di dollari, il 40% più povero ha visto il proprio reddito medio netto ridursi da $ 4.400 a un magro $ 900. E malgrado la stampa abbia ininterrottamente proclamato che la crescita del Dow Jones trasformava in miliardari gli appartenenti al ceto medio, il quintile delle famiglie americane posizionato in posizione mediana ha in realtà perso l'11% del proprio reddito netto a partire dal 1983. (1)

Su scala mondiale, il fenomeno ha invece come rovescio della medaglia la crescita spaventosa della miseria generalizzata e la caduta nell'indigenza di tre quarti dell'umanità. Insomma, alla luce dei dati appare del tutto evidente che il sistema più che preparare un nuova alba radiosa, sta vivendo la fase terminale della lunga crisi di ciclo in cui si dimena da circa trenta anni e che, a dispetto delle enormi potenzialità tecnico-produttive oggi a disposizione, la sua sopravvivenza imporrà un costante peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori di tutto il mondo e la caduta di masse crescenti di uomini negli abissi della più totale emarginazione.

Siamo cioè in presenza del più completo inveramento della critica marxista del capitale e delle sue anticipazioni.

La tendenza alla concentrazione e alla centralizzazione dei capitali, la crescita della sfera finanziaria e dell'appropriazione parassitaria del plusvalore, quella della disoccupazione, l'impoverimento crescente della popolazione mondiale e la mondializzazione dell'economia sono tutti fenomeni ampiamente previsti e descritti dal marxismo (e chiunque voglia verificarlo non ha altro da fare che sfogliare il Capitale di K. Marx); eppure, il dominio ideologico della borghesia, già forte nei paesi a capitalismo avanzato per i successi economici registrati nella fase ascendente del ciclo di accumulazione del capitale, si è enormemente rafforzato nell'ultimo decennio ed oggi è così straripante da consentirle una rappresentazione della realtà completamente trasfigurata senza praticamente incontrare alcuna opposizione.

Aumenta la disoccupazione e la tesi che trova maggior credito è quella secondo cui la causa sarebbe da ricercarsi in una presunta eccessiva rigidità del mercato del lavoro che non consentirebbe ai padroni di licenziare a proprio piacimento. Le condizioni di vita dei lavoratori peggiorano costantemente e si indica come rimedio lo smantellamento di ciò che resta degli ammortizzatori sociali, del sistema pensionistico e di quello sanitario.

Il fatto che miliardi di individui siano ridotti alla fame, mentre poche centinaia accumulano ricchezze enormi con il semplice spostamento dei loro capitali da un mercato finanziario all'altro, anziché essere inquadrato criticamente come un fenomeno che dimostra la necessità sempre più impellente del superamento rivoluzionario del capitalismo, è assunto, e passa, come la prova che il Mercato (anche questo sempre rigorosamente in maiuscolo) e la sua mano invisibile siano il mezzo più efficace per l'allocazione delle risorse e la distribuzione della ricchezza premiando chi è capace e punendo chi non lo è. Molto probabilmente tutto ciò passa come vero non tanto perché l'uomo comune o il lavoratore, forse anche i giornalisti, i politici e gli intellettuali borghesi, non vedano, come scrive il sociologo Alain Accardo in suo recente articolo:

chiaramente le numerose tangibili prove di mancanza di umanità dell'ordine capitalistico... ma rifiutano di pensarle come un aspetto sostanziale inerente all'essenza stessa del capitalismo, preferiscono definirle come semplici “incidenti”. Parlano di “disfunzioni”, “derive”, “negligenze”, “eccessi” certamente condannabili, ma che non compromettono il principio stesso di un sistema che spontaneamente sono inclini a difendere. (2)

No, la questione vera è che il sistema ha ancora una sua credibilità derivante dal fatto che la borghesia è riuscita nel corso del tempo a screditare l'unica reale alternativa: il socialismo.

Il messaggio che è implicito nell'ideologia dominante è infatti molto semplice: laddove c'è libera concorrenza c'è libertà, crescita e sviluppo economico; laddove questa è limitata o addirittura soppressa c'è il disastro economico e la soppressione di ogni libertà e a riprova viene esibito quel cumulo di macerie maleodoranti che costituivano i paesi del cosiddetto socialismo reale.

Il marxismo, anzi più esattamente, il materialismo storico si trova così a essere invalidato non già perché inattuale e incapace di comprendere criticamente il mondo moderno e anticiparne i suoi sviluppi, quanto invece per essere considerato come la fonte ispiratrice di un sistema miseramente fallito.

Lo stravolgimento stalinista del materialismo storico

Questo, in realtà, è il vero capolavoro della controrivoluzione stalinista, che è riuscita a spacciare per socialista un'economia a struttura di capitalismo di stato, come ha dimostrato il suo crollo determinato proprio dall'esplosione delle contraddizioni tipiche del processo di accumulazione del capitale. Sicuramente ciò è stato possibile anche per il fatto che la tragica sconfitta della rivoluzione d'Ottobre non è maturata in campo aperto, come per esempio quella della Comune di Parigi, ma per riaccartocciamento in se stessa.

L'esame critico di come ciò sia potuto accadere è ormai una dato acquisito del nostro patrimonio politico e non è nostra intenzione riprenderlo in questa sede; qui ci interessa sottolineare le conseguenze devastanti che ne sono derivate.

Lo stalinismo, in virtù di ciò, ha potuto ergersi a unico depositario del marxismo, stravolgerlo e farne...

un sistema politico-filosofico del tutto strumentale agli interessi e alle ragioni di un aberrante dominio economico e sociale del capitalismo. (3)

D'altra parte, senza il suo stravolgimento radicale, il materialismo storico mai avrebbe potuto essere utilizzato per una così grossolana mistificazione. Uno dei suoi grandi meriti, infatti, è aver dimostrato l'assenza nel mondo reale di qualunque premessa a esso trascendente, rendendolo perciò scientificamente conoscibile attraverso l'indagine sulla natura dei rapporti di produzione vigenti.

I presupposti da cui muoviamo -- scriveva Marx -- non sono arbitrari, non sono dogmi: sono presupposti reali, dai quali si può astrarre solo nell'immaginazione. Essi sono gli individui reali, la loro azione e le loro condizioni materiali di vita, tanto quelle che essi hanno trovato già esistenti quanto quelle prodotte dalla loro stessa azione. Questi presupposti sono dunque constatabili per via puramente empirica. (4)

Una formazione sociale non può essere, quindi, valutata criticamente in base a ciò che essa pensa di se stessa, che poi in una società divisa in classe è ciò che pensa la classe dominante, ma dall'esame dei rapporti esistenti fra gli individui reali e dal modo di come essi producono la loro vita materiale.

Producendo i loro mezzi di sussistenza, gli uomini producono indirettamente la loro stessa vita materiale... Come gli individui esternano la loro vita, così essi sono. Ciò che essi sono coincide dunque con la loro produzione, tanto con ciò che producono quanto col modo come producono. Ciò che gli individui sono dipende dunque dalle condizioni materiali della loro produzione. (5)

Il materialismo storico non ammette dunque dogmi né ipse dixit di sorta. Non basta che sventoli una bandiera rossa su qualche pennone perché si possa parlare di socialismo; ciò che conta veramente è la natura dei rapporti di produzione.

In Russia si è detto che i rapporti di produzione borghesi erano stati rovesciati solo perché era stata abolita, e neanche completamente, la proprietà privata che invece è solo una condizione perché il rivoluzionamento avvenga. In tal modo la struttura economica è stata sottratta a ogni possibile verifica critica e l'osservazione empirica che avrebbe consentito di cogliere la permanenza dei vecchi rapporti di produzione, e in ultima istanza il loro rafforzamento, è stata sostituita da una dichiarazione di fede che attestava il loro avvenuto superamento in base al fatto che era stata abolita la proprietà privata e, di conseguenza, abbattuta anche la borghesia e il suo Stato. L'indagine del modo di produrre, condotta a filo di materialismo storico, avrebbe rilevato, invece, che l'accentramento più assoluto dell'economia nell'ambito dello Stato aveva fatto di quest'ultimo - come acutamente rilevava O. Damen - il vero:

... Protagonista di questa fase della storia... la cui economia riproduce i modi e i caratteri, su scala forse allargata, propri della produzione e della distribuzione capitalistiche (salario, mercato, plusvalore, accumulazione ecc.).

E di conseguenza nel suo ambito doveva aver trovato soluzione anche il problema di una nuova classe capace di esercitare la sua dittatura anche senza il possesso giuridico dei mezzi di produzione. Continua Damen:

Quale la nuova classe che attraverso questo Stato esercita la propria dittatura? La strapotenza dello Stato sovietico non può non aver risolto in concreto il problema d'una classe dirigente omogenea e forte, per la coscienza che ha del proprio essere di classe e della funzione storica che è chiamata a compiere. (6)

In ultima istanza, potendo la borghesia russa esercitare, attraverso lo Stato, il controllo più totale sui mezzi di produzione, l'abolizione della proprietà privata era nella sostanza vanificata.

Come si vede, dunque, la mistificazione stalinista ha implicato una rottura metodologica profondissima e il completo abbandono del materialismo storico. Scrive ancora Marx:

il fatto è dunque il seguente: individui determinati che svolgono un'attività produttiva secondo un modo determinato entrano in questi determinati rapporti sociali e politici. In ogni singolo caso l'osservazione empirica deve mostrare empiricamente e senza alcuna mistificazione e speculazione il legame fra l'organizzazione sociale e politica e la produzione. L'organizzazione sociale e lo Stato risultano costantemente dal processo di vita di individui determinati; ma di questi individui, non quali possano apparire nella rappresentazione propria o altrui, bensì quali sono realmente [il corsivo è di Marx - ndr], cioè come operano e producono materialmente e dunque agiscono fra limiti, presupposti e condizioni materiali determinate e indipendenti dal loro arbitrio. (7)

Da Marx a... Hegel

Si badi come Marx sottolinei con forza il fatto che l'organizzazione sociale e lo Stato risultino dal processo di vita di individui determinati, cioè di individui in carne e ossa e non assunti come parte di un tutto che li sovrasta. Gli individui, cioè, pur nell'appartenenza a una determinata classe sociale, data in relazione alla loro reale collocazione nell'attività produttiva, restano tali e non si dissolvono in una sorta di nuovo individuo che li trascende in una astratta categoria che può essere ora l'Uomo, ora la Specie, ora il Socialismo e così via.

È evidente infatti che, assumendo gli individui non come individui determinati, ma come parte, e come tale subordinata a esse, di una di queste categorie astratte, anche l'organizzazione sociale e lo Stato diventano espressione di una di queste categorie e non sono più dati come risultanti "dal processo di vita di individui determinati". Lo Stato, anzi nella fattispecie il Partito-Stato, in quanto espressione del Socialismo assunto come una categoria astratta, risulta pertanto abilitato all'esercizio del potere anche contro il proletariato in quanto insieme di individui determinati e limitati. Mentre per Marx...

Soltanto attraverso quel passo [la rivoluzione comunista - ndr] i singoli individui vengono liberati dai vari limiti nazionali e locali, posti in relazione pratica con la produzione (anche spirituale) di tutto il mondo e messi in condizione di acquistare la capacità di godere di questa produzione universale di tutta la terra, (8)

in Russia questa concezione è stata completamente rovesciata. Quasi a paventare questo pericolo, poco oltre Marx scrive ancora:

Questa concezione può a sua volta essere formulata in maniera speculativa-idealistica, ossia fantasticamente, come “autoproduzione della specie” (la “società come oggetto”) e quindi la serie susseguentesi di individui che stanno in connessione può essere immaginata come un singolo individuo che compie il mistero di produrre se stesso. Appare qui che gli individui, certo, si fanno l'un l'altro, fisicamente e spiritualmente, ma non fanno se stessi. (9)

E questo è esattamente quanto è accaduto in Russia una volta che il Socialismo è stato dichiarato instaurato a prescindere dalla reale modificazione dei rapporti di produzione e assunto come una categoria astratta.

Svuotati di contenuto e funzioni i soviet, cioè gli organismi del potere proletario nati dalla rivoluzione per consentire ai proletari in carne ed ossa di esercitare la loro dittatura sulla borghesia, il Partito - Stato ha accentrato in sé tutto il potere e i suoi dirigenti, la borghesia di Stato, hanno potuto esercitare la loro dittatura in nome del Socialismo e contro il proletariato.

Un tale concezione dello Stato non ha nulla a che vedere con la concezione materialistico-dialettica della storia, ma appartiene alla concezione della storia di Hegel. È questa, infatti, che:

presuppone uno spirito astratto o assoluto, il quale si sviluppa in modo tale che l'umanità è solo una massa che coscientemente o incoscientemente lo porta... La storia dell'umanità si trasforma nella storia dello spirito dell'umanità, di uno spirito astratto e quindi trascendente rispetto all'uomo reale... (10)

E infatti:

... Parallelamente a questa dottrina hegeliana si sono sviluppate in Francia le tesi dei dottrinari, i quali, in opposizione alla sovranità del popolo, proclamavano la sovranità della ragione per escludere le masse e dominare da soli. (11)

Nella concezione materialistica della storia, invece, la dittatura del proletariato se è tale non ammette sostituzionismi di sorta e non può essere esercitata che dal proletariato stesso.

Il comunismo non è infatti:

uno stato di cose_ che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente. (12)

Non è, cioè, un movimento che si origina da un astratta coscienza comunista, ma è il prodotto di un processo reale che ha per protagonisti individui determinati, che, mediante il rovesciamento dei rapporti sociali esistenti, pongono in essere le condizioni materiali per rivoluzionare il modo dell'attività con cui producono la loro vita materiale e quindi anche una nuova coscienza sociale.

... Tanto per la produzione in massa di questa coscienza comunista -- scrive ancora Marx -- quanto per il successo della cosa stessa è necessaria una trasformazione in massa degli uomini che può venire soltanto in un movimento pratico, in una rivoluzione; che quindi la rivoluzione non è necessaria soltanto perché la classe dominante non può essere abbattuta in nessun altra maniera, ma anche perché la classe che l'abbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la società. (13)

E la rivoluzione comunista non cessa con la conquista del Palazzo di Inverno; ma quando, grazie al superamento della divisione del lavoro, scompare anche la divisione in classi della società e con essa il proletariato in quanto classe e il suo Stato.

L'attualità del Marxismo

Dalla controrivoluzione stalinista in avanti, l'esperienza russa sia per il "tipo dell'attività" che non è stato mai toccato sia per l'organizzazione sociale e dello Stato, rientra interamente nella più generale esperienza capitalistica. Per avallare la mistificazione che si trattava di uno Stato socialista si è reso, infatti, necessario assumere il Socialismo non già come un prodotto storico dell'attività concreta di individui determinati, come il materialismo storico sostiene che debba essere, ma metafisicamente come lo spirito universale di hegeliana memoria.

Altro che marxismo realizzato! Qui vi è stata una rottura radicale con il materialismo storico e dialettico e di conseguenza con il marxismo, che ne è l'espressione più compiuta. Assumere, dunque, come fanno la borghesia e i suoi maîtres à penser, il crollo della Russia come la dimostrazione che il socialismo sarebbe al massimo una bellissima, ma irrealizzabile utopia e che, se realizzato, può dispensare solo repressione feroce dei lavoratori, miseria e catastrofe economica, è solo un'ulteriore mistificazione con cui la borghesia medesima tenta di addossare i suoi crimini a quella che in realtà resta tuttora l'unica reale alternativa al suo mondo infame e disarmare così in via preventiva il proletariato. Ma se ciò è vero è anche il segno che la borghesia internazionale è ben consapevole della stringente attualità del marxismo e del suo grande potenziale rivoluzionario.

Sebbene il secolo che si è appena concluso l'abbia vista, infatti, riportare una schiacciante vittoria sul proletariato internazionale, essa è ben consapevole che la sua conservazione, benché trovi nella dilatazione della sfera finanziaria e delle forme dell'appropriazione parassitaria ad essa connesse uno dei suoi punti di forza, in ultima istanza è sempre più strettamente dipendente dalla sua capacità di intensificare lo sfruttamento delle forza-lavoro in tutte le sue forme. La lotta di classe, a dispetto della dichiarazione ufficiale di obsolescenza, è pertanto destinata ad acutizzarsi e non è detto che il proletariato accetti di subire l'iniziativa dell'avversario di classe all'infinito: la sua reazione può scatenarsi in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo.

Peraltro, con la mondializzazione del mercato giunta ormai al suo apice, quello "sviluppo universale della forza produttiva", che già Marx considerava una delle condizione indispensabili perché la rivoluzione comunista potesse aver successo, non è più solo una corretta anticipazione del marxismo, ma è un dato della realtà che rende quel " Proletari di tutti il mondo unitevi!" non più soltanto un'aspirazione, ma un obbiettivo concreto e a portata di mano come mai prima nella storia del movimento comunista.

Impedire che il proletariato si appropri del materialismo storico, privarlo cioè della critica scientifica dell'economia capitalistica e della teoria rivoluzionaria, strumenti senza i quali è impensabile lo sviluppo di un reale movimento comunista, è quindi per la borghesia di vitale importanza, perché da questo dipende in maniera decisiva il suo futuro. Di conseguenza, appare del tutto evidente che la ricostruzione del partito rivoluzionario su scala mondiale, riaffermando l'attualità del marxismo, non può avere luogo che sulla base della rottura più rigorosa e coerente con lo stalinismo comunque camuffato e con l'idealismo che in definitiva è stata la sua vera alcova teorica. Ogni indugio, ogni cedimento su questo terreno è un cedimento al capitalismo.

Il 2000, vista la crisi in cui il capitale si dimena, potrà diventare il secolo del socialismo o della barbarie più feroce: molto dipende proprio dalla capacità che il movimento comunista internazionale avrà di liberarsi di tutte le scorie della controrivoluzione stalinista.

Giorgio Paolucci

(1) C. Collin - L'economia dei sempre più ricchi - Surplus n. 6/2000.

(2) Alain Accardo - Dietro la "coscienza" dei giornalisti - Le Monde Diplomatique n. 5/2000.

(3) La Genesi del materialismo Storico e Dialettico - Introduzione - pag. 7 - pagine marxiste - Ed. Prometeo.

(4) K. Marx - L'Ideologia Tedesca - Marx /Engels - Opere complete - vol. V - pag. 16.

(5) Ib. pag. 17.

(6) O. Damen - Bordiga - Validità e limiti di un'esperienza - Ed. Prometeo - pag. 43.

(7) K. Marx - L'Ideologia Tedesca - pag. 21.

(8) Op. cit. pag. 37.

(9) Ibid.

(10) K. Marx - La Sacra famiglia - Opere Complete - vol. IV - Cap. VI - pag. 94.

(11) Ibid.

(12) K. Marx - L'Ideologia Tedesca - pag. 34.

(13) ibid. pag. 38.

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.