La guerra in Iraq ora è una questione di... democrazia

Intanto si calpestano anche i diritti più elementari

Petrolio, rendita petrolifera, supremazia del dollaro, egemonia strategica nell'area che va dal Golfo Persico al Caspio, la lotta tra gli Usa, Europa, Russia e Cina sui mercati energetici e finanziari sono cosa nota. Anche le giustificazioni che l'imperialismo americano adotta sono note, ma quella dell'esportazione della democrazia è così spudorata che merita un piccolo commento

Il governo americano le ha inventate tutte. Prima la presenza di armi a distruzione di massa (che a suo tempo, durante la guerra contro l'Iran, sono state fornite da GB e Usa), poi i presunti agganci con il terrorismo di Al Qaeda (talmente inesistenti che gli stessi sevizi segreti inglesi li hanno esclusi sconfessando il governo Blair e, per legge transitiva, il governo Bush), infine che la guerra contro l'Iraq sarebbe un atto dovuto in nome della democrazia. L'allontanamento di Saddam Hussein dal potere, con la forza delle armi, sarebbe un segnale forte e chiaro mandato a tutti i tiranni e a tutti i regimi dittatoriali della zona e del rsto del mondo. Evviva la democrazia, anche se esportata con l'uso della forza, via alla guerra, anche se in chiave preventiva, noi siamo i migliori, ha dichiarato il presidente Bush e al meglio della democrazia internazionale non è possibile porre dei limiti. Che la visione salvifica proposta dall'integralista cristiano Bush sia il paravento dietro il quale si nascondono i più abbietti interessi economici legati al petrolio, alla sua gestione strategica e finanziaria è cosa sin troppo evidente. In altre occasioni ci siamo espressi sulle vere cause di questa guerra annunciata e non intendiamo per il momento ritornarci, ci interessa in questa fase di preparazione mediatica della guerra mettere in evidenza la stridente contraddizione tra una dichiarata propensione democratica, anche se in chiave borghese, e le prassi americane ispirate all'arroganza e alla protervia del più forte, in barba a qualsiasi principio, anche il più elementare, di correttezza nei confronti di alleati e nemici, del diritto internazionale, in altre occasioni invocato, e di quei diritti umani che gli stessi Stati Uniti continuano a calpestare come lo zerbino di casa propria.

La prassi non è nuova, è vecchia quanto l'imperialismo. La necessità di propaganda delle menzogne è sempre le stessa, anche se moltiplicata ed enfatizzata dalla potenza della concentrazione dell'informazione e dalla telematica attraverso la quale si esprime. La rozzezza e la volgarità degli atteggiamenti americani sono pari soltanto alla voracità imperialistica che l'instabilità economica interna sottende. Quando nel convegno di Kyoto si pose il problema della diminuzione degli agenti inquinanti prodotti dalle attività industriali, il governo Usa non ha sottoscritto nessun accordo giustificando il gran rifiuto con questa semplice dichiarazione, organizzare una politica rispettosa dell'ambiente costerebbe troppo alle nostre imprese, quindi continuiamo a produrre e ad inquinare senza limiti se non quelli imposti dalle nostre necessità di concorrenza e di ricerca del massimo profitto. Come dire: noi delle regole internazionali, dei rapporti tra aree economiche, degli accordi presi all'interno della comunità mondiale ce ne freghiamo, al primo posto ci sono i nostri interessi e solo a questi vogliamo fare riferimento.

Nel settore della produzione e uso delle armi chimiche e a distruzione di massa le cose stanno ancora peggio. È dato ampiamente acquisito che l'esercito americano abbia usato uranio impoverito nel corso della guerra del Golfo e in quella del Kosovo. È dato altrettanto acquisito l'uso di uranio arricchito nella guerra dell'Afganistan per perforare le montagne del nord con l'obiettivo di distruggere le gallerie sotto le quali si sarebbe nascosto Osama bin Laden. Non a caso le uniche vittime americane sono state quelle che hanno subito gli effetti radioattivi dell'uranio sotto forma di neoplasie agli organi vitali con conseguenze devastanti per chi ha avuto la sventura di mettere al mondo dei figli che sono nati malformati o affetti da malattie croniche. Di questo si è parlato molto poco, degli effetti sulla popolazione irachena e cosovare per niente.

In materia di violazione dei diritti umani le responsabilità dei governi americani non sono minori. Sempre in nome della superiorità democratica, alla fine della guerra del Golfo, si sono seppelliti migliaia di soldati iracheni, morti e vivi, perché un altro tipo d'intervento avrebbe fatto spendere troppo tempo e troppi soldi. Nel Kosovo, oltre a favorire la pulizia etnica contro i Serbi, si è praticata la tortura nei confronti dei prigionieri. In Afganistan, dopo la presa di Mazari i Sharif, le truppe americane hanno consentito che i soldati dell'Alleanza del Nord stipassero nei container centinaia di prigionieri talebani provocandone la morte per asfissia. Nel carcere lager di Juantanamo la tortura è all'ordine del giorno. Non per niente il governo americano, ha sdegnosamente rifiutato di apporre la sua firma sotto le norme del Tribunale penale internazionale, sostenendo l'arrogante tesi che nessun cittadino americano, soprattutto se militare, può essere giudicato e condannato da tribunali che non siano americani, una sorta di delirio di impunità che sottrae l'operato militare degli Usa a qualsiasi controllo e giudizio.

Gli stessi metodi li ritroviamo nell'attuale situazione che deve preparare l'intervento militare in Iraq. Dall'alto della loro statura morale, dovendo trovare all'interno dell'Onu il consenso necessario a una seconda risoluzione che li autorizzi ad usare la forza nei confronti dell'Iraq, altrimenti come già annunciato farebbero da soli, stanno usando il vasto armamentario democratico per far valere la bontà della loro tesi. Corruzione e ricatti sono le rozze armi messe in campo. A colpi di miliardi di dollari hanno tentato di comprare la disponibilità turca all'uso delle loro basi militari. Il governo turco, dopo lunghe trattative che prevedevano anche l'usufrutto di alcuni pozzi petroliferi iracheni e la promessa di non favorire la nascita di uno stato curdo al nord dell'Iraq, si è trovato di fronte al voto negativo del Parlamento. La questione al momento è congelata, ci sarà probabilmente la presentazione di un nuovo decreto governativo e una seconda votazione, ma resta l'operatività corruttrice americana tanto spudorata da non essersi nemmeno nascosta, come avveniva in passato, in analoghe circostanze. Corruzione sotto forma di elargizione di prestiti agevolati o a fondo perduto vengono offerti ai governi di Angola, Guinea e Camerun che hanno bisogno di dollari come l'aria per respirare. Non interessa se questi soldi andranno a sanare qualche piccolo buco delle micro situazioni economiche di questi paesi o a rimpinguare i conti svizzeri dei loro governanti, l'importante è raggiungere il risultato dell'allineamento alle strategie imperialistiche americane. Il ricatto è usato nei confronti del Pakistan, il grande alleato che ha favorito tra il '94 e il '96 l'ascesa dei Talebani al potere in Afganistan su indicazioni e finanziamenti della Cia, che ha dato supporto logistico all'armata americana nell'ottobre del 2001 per l'abbattimento dello stesso governo talebano quando si è ritenuto che non fosse più utile alle strategie petrolifere del centro Asia. Regime dittatoriale, militare e integralista, possessore della bomba atomica e di altre armi a distruzione di massa fornitegli dagli Usa, trasgressore di ogni legge sui diritti umani e delle donne, ma sempre coperto e difeso dalla diplomazia Usa, si vedrebbe privato di un sussidio annuale di 900 milioni di dollari se non votasse nell'assemblea dell'Onu a favore delle pretese americane. La stessa prassi, anche se con contenuti diversi, vale per Messico e Cile. Le loro esportazioni verso gli Usa si interromperebbero immediatamente se il loro comportamento non fosse quello desiderato da Washington. L'ultima chicca, si fa per dire, rivelata dal quotidiano Observer, è che la Nsa, su ordine di Condoleeza Rice ha stilato un dossier sui rappresentanti dei paesi presenti al Consiglio di Sicurezza per meglio ricattarli, sia sul piano personale che su quello politico. Questo è il modello democratico di riferimento. Questo è il concetto di democrazia che viene praticato da sempre dall'imperialismo ma in dosi massicce quando la posta in gioco è importante. È la saga dell'arroganza, delle menzogne, di corruzione e ricatti, e poi la devastante violenza della guerra.

FD

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.