Bush e Putin festeggiano la fine della II guerra... e anche la prossima

Ricomincia la guerra. Fredda, ma non troppo

In occasione delle celebrazioni, in quel di Mosca, del 60° anniversario della vittoria sul nazismo il presidente americano George Bush non trova di meglio che denunciare gli accordi di Yalta e rilanciare una sua particolarissima crociata a difesa della solita "democrazia e libertà". Stando alle sue ricostruzioni storiche che denotano crassa ignoranza e mancanza di real-politik gli accordi di Yalta vanno denunciati in quanto gli USA già allora non dovevano accontentarsi della liberazione di sola mezza Europa lasciando al loro destino milioni di persone oltre la cortina di ferro, e tutto questo dopo che c'erano già stati Monaco ed il patto Molotov-von Ribbentrop. Apparentemente sembrano una sequela di scemenze grossolanamente affastellate che, tuttavia, ad un più attento vaglio offrono una chiave di lettura ancorata più al presente di quanto non sia rivolta al passato. Non che questo zelo revisionista appartenga al solo cow-boy texano in quanto la polemica è datata nel tempo. Fu l'australiano Chester Wilmot, subito dopo la guerra, a sostenere la tesi dell'errore, suffragata dall'esplicita accusa rivolta a Roosevelt di essersi arreso a Stalin. Venne poi ripresa dal famigerato senatore Mc Carthy e di lì da altre belle personcine quali Reagan e adesso da Bush. Entrando nel merito della questione ci si debbono porre alcune domande relative al perché ci fu Yalta e dove intende andare a parare una polemica aggiornata in termini così aspri. Al giovin Bush non dovrebbe sfuggire, per completezza dell'informazione, che nel 1944, dopo lo sbarco in Normandia, gli alleati si erano impantanati nelle Ardenne e che nella guerra del Pacifico gli USA erano soli a combattere contro il Giappone. A Yalta, è vero, vennero, però su iniziativa di Harriman plenipotenziario americano che premeva affinché l'Unione sovietica entrasse in guerra contro il Giappone, designate le zone di influenza: agli alleati l'Europa occidentale ai russi quella dell'est. Esisteva una vera alternativa a Yalta? Sembra proprio di no a meno che gli alleati non fossero stati disposti a contrastare militarmente l'armata rossa. L'Inghilterra era a pezzi, gli USA avevano bisogno dell'esatto contrario. E poi un po' di cifre aiutano meglio a capire il contesto: l'URSS ebbe 27 milioni di morti a fronte delle centinaia di migliaia che ebbero rispettivamente USA e Gran Bretagna ed in più il suo sforzo militare risultò decisivo in quanto sbaragliò tre quarti della macchina bellica nazista. Comunque il senso più autentico di quel che fu Yalta è nelle parole dello storico Yuri Afanasiev: "I tempi erano selvaggi e banditeschi; le grandi potenze si dividevano il bottino, mica pensavano alla pace. " Questo sì che è parlar chiaro! Yalta ebbe pertanto a rappresentare il frutto di uno scontro di interessi impastato di ambiguità e di promesse che si sapeva non sarebbero state mantenute. Ma, come accennavamo più sopra, il filo conduttore dell'intervento di Bush è molto esplicito in riferimento al vero obiettivo che ha a che vedere con la ridefinizione dei rapporti con la Russia e col ruolo sempre più marginale ad essa assegnatole, con l'osteggiare quindi l'espansione moscovita verso il medio ed estremo oriente e col perseguire il progressivo sgretolamento della CSI. Particolare importanza e preoccupazione rivestono anche le possibili alleanze Russia-UE con relativi corollari, non ultimo l'assegnazione del posto in seno al Consiglio di sicurezza dell'ONU in qualità di membro permanente che vede la Russia propendere per la Germania e gli USA per un più acquiescente Giappone. Bush aveva certo bisogno di proiettare un'immagine plastica ed efficace soprattutto in terra baltica, laddove le simpatie per tutto ciò che sa di russo certamente non si sprecano, per ribadire concretamente il ruolo imperialistico e imperiale degli USA i quali puntano, in base ad una strategia planetaria denominata "New american century plan", al controllo di tutto ciò che possa rientrare nei loro interessi e che prevede per gli altri dei semplici ruoli di vassallaggio. Per far questo spende per la Difesa più dei 25 paesi più sviluppati del mondo messi assieme, interviene dispiegando, se del caso, tutto il suo potenziale distruttivo. È tale quindi il contesto in cui si situa l'ammonimento, neanche tanto velato e con riferimento a Yalta, a Putin diffidandolo a cercare di recuperare per la Russia post-sovietica quel ruolo imperiale imploso nel 1991. Tutto ciò mentre si finanziano i movimenti separatisti dalla Russia, vedi Georgia, Ucraina, Kirghizistan e altri ancora, per incalzarla e portarla quindi allo sfascio col relativo rischio di incancrenire una situazione già tesa in cui sono già abbastanza evidenti i prodromi di una nuova guerra fredda, rischio espressamente paventato da Schroeder e da Chirac che Washington possa progressivamente sostituirsi a Mosca nelle repubbliche ribelli e destabilizzando i confini russi si creino delle situazioni molto critiche nei rapporti con l'Europa e con l'Asia. Per rendere più intelleggibile il proprio pensiero il cancelliere tedesco oltre a rimarcare il ruolo dell'Europa quale il più grande mercato interno del mondo con una moneta unica che non è il dollaro pone volutamente l'accento sull'allargamento della stessa Europa. "Allargamento all'est" che configura una comunità sociale, politica ed economica in possesso di tutte le carte per intrattenere rapporti consistenti con l'ex impero sovietico, con l'India e con la Cina. In una situazione così delineata è chiaro il ruolo della Russia: al contempo importantissimo ed estremamente delicato. Putin sa che ormai ad Occidente non ha soverchie possibilita di espansione per cui il suo spazio vitale diventa l'est ed in tale ottica comincia a muoversi.

Il petrolio ed il gas naturale sono le due voci su cui si basano le esportazioni russe e la Siberia e l'isola Sakhalin possiedono immense riserve di idrocarburi, stimate in 2,3 miliardi di barili e in 485 miliardi di metri cubi di gas, che per adesso, in mancanza di oleodotti, vengono esportati via ferrovia ma che attraverso programmi sovvenzionati in massima parte da Giappone e Cina consentiranno al petrolio ed al GNL di poter arrivare al porto di Nahodka ed a quello di De Kastries dove il greggio, tanto per dire, sarà venduto all'asta ai compratori di tutto il mondo. Questa autonomia operativa è evidente che cozzi contro la politica USA di controllo totale delle fonti energetiche e da questo derivano quegli strani bagliori che minacciano l'umanità intera.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.