Impegniamoci per rivoluzionare questa realtà brutale

Nello scorso numero di “Battaglia Comunista” abbiamo commentato il barbaro massacro di Charlie Hebdo. Anche su questo numero del giornale – con gli articoli inerenti alla Libia e all’Ucraina – siamo stati costretti, per l’ennesima volta, a dare ampiamente spazio alla guerra e al terrorismo di matrice jihadista.

Il ricorso alla guerra ha caratterizzato la storia di tutte le formazioni sociali divise in classi e non è stato certamente abbandonato nella moderna società capitalistica. Durante lo scorso secolo per due volte l’umanità è stata sconvolta da un conflitto di portata planetaria, inoltre nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale più volte si sono aperti scenari di guerra; anche se si è trattato sempre di conflitti localizzati. Finita la “Guerra Fredda”, caduto il muro di Berlino, le cose non sono certamente cambiate, anzi. Gli alti e bassi della crisi economica sono stati accompagnati dallo scoppio di diverse guerre, le più recenti combattute sotto la copertura ideologica dell’ “esportazione della democrazia”. La guerra è intrinseca al sistema capitalistico. Non possiamo dire con certezza cosa succederà ma almeno sentiamo il dovere di affermare che, purtroppo, non è possibile escludere a priori lo scoppio in futuro di una guerra di portata mondiale, dagli esiti catastrofici che tutti possiamo immaginare.

Mettiamo da parte le previsioni e cerchiamo almeno di contestualizzare la guerra oggi. C’è un crescendo nel mondo di zone calde, caratterizzate da combattimenti armati. Guerre che iniziano e non terminano mai. In queste terre infatti il più delle volte il “dopoguerra” mostra una realtà barbara e instabile almeno quanto quella precedete, la Libia e l’Iraq sono due esempi eclatanti di tale fenomeno. Non solo queste guerre non producono alcun effetto stabilizzante a livello locale ma contribuiscono a loro volta ad inasprire lo scontro politico ed economico, ad innalzare la temperatura anche in altre zone del pianeta.

Quello che abbiamo di fronte è uno scenario certamente poco confortante. Come abbiamo sottolineato nell’articolo sulle vicende ucraine: i pericoli per il mondo non sono da sottovalutare. Queste guerre infatti vanno inserite all’interno di un quadro disastroso per quanto riguarda l’economia mondiale. La crisi strutturale continua a spingere il piede sull’acceleratore, la competizione tra le diverse frazioni della borghesia diventa sempre più accesa. Anche il terrorismo di matrice jihadista costituisce, come abbiamo detto altre volte, uno strumento di guerra, un’arma adoperata da alcune componenti della borghesia nello scontro economico e politico, locale ed internazionale. Le guerre di oggi, azioni terroristiche comprese, vanno ad inserirsi in uno scenario mondiale che mostra, complessivamente, una crescente instabilità economica, sociale e politica, questo è il dato molto preoccupante.

Guerra e terrorismo stanno drammaticamente assumendo un peso sempre maggiore nella realtà che ci circonda. Spesso molti di noi sono abituati a guardare tali fenomeni sì con orrore e ribrezzo ma comunque come episodi lontani da noi, magari solo perché geograficamente distanti. Al di là della strumentalizzazione prodotta dall’ideologia borghese, l’11 settembre e l’attentato terroristico in Spagna nel 2004, i più recenti fatti francesi e in Danimarca, la guerra in Ucraina, la Libia con le relative minacce all’Italia da parte degli affiliati jihadisti, hanno mostrato quanto tali fenomeni barbari invece non sono poi così lontani... Rendiamoci conto che questi episodi orribili sono il prodotto di un sistema mondiale nel quale tutti noi siamo immersi.

Quella odierna è una realtà brutale che ci coinvolge tutti, della quale la guerra e il terrorismo sono solo i fenomeni più eclatanti. Giusto inorridire di fronte alle brutalità della guerra, alle teste tagliate dagli affiliati dell’ISIS, ma altrettanto barbaro è quanto accade quotidianamente in Italia o in altre parti “tranquille” del mondo. Non è orribile e brutale, per esempio, la continua morte di tanti immigrati in mare, che scappano da guerre e miseria? Non è orribile la disperazione di chi perde il posto di lavoro o di chi vive di stenti attraverso lavori precari? Non è orribile la morte di tanti operai causata dagli incidenti sul lavoro? Non è orribile la sofferenza dei bambini che crescono tra mille difficoltà in zone degradate delle periferie delle “nostre” città? Non è orribile la sofferenza di chi deve affrontare le malattie tumorali contratte perché a contatto con ambienti devastati? Non è stata orribile, per esempio, la morte della neonata Nicole avvenuta a febbraio perché a Catania, e in tutta la provincia, nessun ospedale aveva un posto disponibile?!

Si potrebbe continuare all’infinito, perché la realtà quotidiana mostra tanti fenomeni orribili e brutali che producono molta sofferenza e che, come anche la guerra, hanno tutti la stessa matrice: sono la conseguenza del sistema del profitto. Non è possibile, ed è fuorviante, creare una classifica tra le brutalità prodotte dal sistema del profitto, brutalità che vengono messe ancora più in risalto se confrontate con il livello di sviluppo scientifico e tecnologico raggiunto in ogni campo dall’umanità oggi. Oggi l’umanità avrebbe tutte le potenzialità per fare scomparire dalla faccia della terra la guerra, lo sfruttamento, le devastazioni ambientali. Ma ciò potrà avvenire solo se le conoscenze, la tecnologia, le risorse di cui disponiamo vengono liberate da quel freno rappresentato dalla logica del profitto; solo se il modo di produrre e distribuire la ricchezza viene rivoluzionato, eliminando la proprietà e la gestione privata dei mezzi di produzione, mettendoli al servizio del soddisfacimento dei bisogni umani. Una trasformazione che deve coinvolgere il mondo intero, superando ogni confine e frontiera.

A conclusione dell’articolo sulla Libia abbiamo sottolineato la necessità di far riemergere in termini politici concreti il processo di riacquisizione del senso dell'alternativa sociale. Senso distrutto da quasi un secolo di ideologia riformista, gradualista e fintocomunista. Ma affinché ciò non resti un semplice slogan è bene essere coscienti della difficoltà di questo processo e comprendere per quali passi politici bisogna concretamente impegnarsi oggi, per contribuire così a costruire le condizioni affinché domani si possa realmente aprire per l’umanità una nuova era. In questo senso va il nostro impegno politico ed invitiamo coloro che trovano interessante il nostro lavoro ad iniziare a collaborare con noi. Di fronte alle brutalità che vi coinvolgono non restate spettatori passivi.

NZ
Martedì, March 10, 2015