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Home ›Capitale, produttività e caduta del saggio di profitto - Parte prima
A proposito di una polemica tra Prometeo e Fogli rossi, riprendiamo l'argomento sia per ribadire la validità della nostra impostazione, sia per non consentire che certe critiche possano circolare senza una adeguata risposta. L'articolo di Prometeo (1), nell'intento di favorire una migliore comprensione di enormi fenomeni economici quali la ristrutturazione nei paesi ad alta industrializzazione, le cause della crisi americana e le vistose differenze dell'andamento economico tra i vari settori del capitalismo internazionale, è stato scritto con lo scopo di mostrare come, nel breve periodo e in determinate fasi del processo di accumulazione capitalistico, la caduta del saggio del profitto possa essere temporaneamente bloccata o rallentata nel suo tendenziale manifestarsi.
Perciò si è centrata l'analisi sul rapporto antagonista e contraddittorio tra l'aumento della composizione organica del capitale e il saggio del plusvalore. In parole povere si voleva dimostrare come a uguali investimenti di capitale in beni strumentali e tecnologia non corrisponda necessariamente un uguale aumento della produttività, così come aumenti della produttività non presuppongano sempre e comunque una modificazione percentualmente uguale nel rapporto organico del capitale. In altri termini, o si considerano i reciproci incrementi percentuali per stabilire se la caduta del saggio del profitto si esprime, e se si esprime con quale intensità lo fa, oppure si rimane all'interno di definizioni generiche quanto scolastiche che non sfiorano nemmeno il problema dei meccanismi che regolano il funzionamento e i limiti delle controtendenze alla caduta del saggio del profitto.
Secondo Fogli rossi, proprio nella nostra concezione dei meccanismi che regolano il rapporto tra c/v e p/v esisterebbero le maggiori insufficienze; da qui la critica e l'antiarticolo. (2) Malauguratamente, nella spocchiosa critica all'impostazione data al problema sulle pagine di Prometeo, Fogli rossi incappa in una serie di infortuni che la dicono lunga sia sulla sua comprensione del testo sulla specificità del problema, che sulla comprensione del metodo dialettico di Marx, che, a proposito del rapporto tra c/v e p/v, sulla comprensione di tutta la legge della caduta tendenziale del saggio del profitto.
Per comodità di discorso, di questi infortuni ne prenderemo in considerazioni tre: uno di forma, gli altri due di metodo.
Infortunio 1
Nel testo di Prometeo, a più riprese, si insiste sul fatto che, perché la legge della caduta del saggio del profitto possa esprimersi, occorre che l'incremento percentuale di c/v sia superiore all'incremento percentuale di p/v, si dice cioè che l'aumento del saggio del plusvalore non deve essere percentualmente superiore alla variazione del rapporto organico del capitale che innesca la caduta del saggio del profitto; si enuncia così una condizione necessaria all'esprimersi della legge mettendo in relazione i due indici di incremento ed escludendo a priori tutte le altre condizioni che sortirebbero l'effetto opposto, ovvero quello di innalzare il saggio del profitto (quali [delta] c/v = [delta] p/v o addirittura [delta] c/v < [delta] p/v).
Ed ecco il primo infortunio. Secondo Fogli rossi la prima obiezione consisterebbe in ciò:
la relazione matematica che lega l'aumento percentuale del saggio del plusvalore e l'aumento percentuale della composizione organica non è quella enunciata, secondo cui aumenti percentuali uguali si neutralizzerebbero, bensì quella per cui un determinato aumento percentuale del saggio del plusvalore per essere neutralizzato, abbisogna di un aumento percentuale maggiore della composizione organica.
Nell'articolo segue una esercitazione matematica con la quale si dimostra anche come a incrementi percentualmente uguali il saggio del profitto non solo non resta invariato ma addirittura aumenta.
Per il momento prendiamo in considerazione solo la prima parte della enunciazione critica, quella relativa alla presunta neutralizzazione, mentre consideriamo la seconda come un infortunio a parte, metodologicamente ben più grave.
La cosa che di primo acchito lascia perplessi è la estrema scorrettezza del metodo adottato. Non ci si preoccupa minimamente di dimostrare la presunta erroneità della nostra enunciazione mostrando matematicamente come eventualmente sia possibile che la legge si manifesti anche quando l'aumento percentuale di c/v non sia superiore a quello di p/v, ma si ricorre a una inventata quanto improponibile legge della transitività. Da una enunciazione si fa derivare un falso corollario, se ne dimostra l'erroneità, poi, con la solita improponibile legge della transitività, usata questa volta a ritroso, si confuta l'enunciazione originaria.
L'enunciazione, tratta dall'articolo di Prometeo è:
perché la legge della caduta del saggio del profitto possa esprimersi, occorre che l'incremento percentuale di c/v sia superiore all'incremento percentuale di p/v.
Da questa enunciazione Fogli rossi ne fa discendere arbitrariamente il corollario secondo il quale "aumenti percentuali uguali si neutralizzerebbero" (cosa non solo non vera ma mai sostenuta), si critica il contenuto del corollario dimostrando come a incrementi uguali il saggio del profitto non solo non rimane invariato ma aumenta, per poi ritornare sulla enunciazione originaria dimostrandone transitivamente la presunta erroneità, cioè che non sarebbe vero che perché il saggio del profitto diminuisca è necessario che l'incremento di c/v debba essere percentualmente superiore a quello di p/v.
Il problema qui in questione è il seguente: perché la legge si manifesti, l'aumento percentuale di c/v deve o non deve essere superiore a quello di p/v, e non se incrementi uguali annullano il fenomeno.
In nessuna parte, l'articolo di Prometeo fa minimamente cenno al fatto che incrementi percentualmente uguali abbiano come risultato un profitto costante, né esso presta il fianco a interpretazioni tratte dalla logica formale sulla transitività degli incrementi percentuali di c/v e di p/v. Semmai l'obiezione avrebbe dovuto riferirsi al fatto che l'enunciazione così espressa indica una condizione necessaria ma non sufficiente all'esprimersi della legge; infatti occorre stabilire di quanto l'aumento percentuale di c/v debba essere superiore all'aumento percentuale di p/v perché la legge si esprima, ma è proprio questo che si è tentato di fare nell'articolo in questione mettendo in relazione l'intensità dei due indici. Tutto ciò non fa parte però del bagaglio metodologico dell'articolo di Fogli rossi, che, invece, insiste sulla falsa equazione in base alla quale dire che il saggio del profitto cala solo quando l'incremento percentuale di c/v è superiore a quello di p/v equivarrebbe a dire che, a incrementi percentualmente uguali, il saggio del profitto rimane inalterato (quando in realtà aumenta). Da qui Fogli rossi poi riformula "correttamente" la definizione in base alla quale "un determinato aumento percentuale del saggio del plusvalore per essere neutralizzato (che non consenta al saggio del profitto di aumentare, ma di rimanere costante) abbisogna di un aumento percentuale maggiore della composizione organica". A rigor di logica (formale), dovrebbe essere considerata errata anche questa definizione. Se il saggio del profitto non aumenta nonostante l'aumento di p/v perché il suddetto aumento verrebbe "neutralizzato" da un superiore aumento percentuale di c/v, per la solita, improbabile, legge della transitività si avrebbe che: se incrementi percentuali maggiori di c/v rispetto a p/v sortiscono come unico effetto la stabilità del saggio del profitto, la legge in questione può esprimersi soltanto con incrementi di c/v percentualmente uguali o addirittura inferiori a p/v.
Il che non solo non è vero, ma non è passato nemmeno nell'anticamera del cervello dell'antiarticolista. Malauguratamente le leggi della logica formale possono portare a conclusioni tanto meccaniche quanto erronee solo che ci si lasci prendere la mano dal suo discreto quanto perverso fascino. A meno che dietro questo disinvolto uso delle poco affidabili leggi della logica formale non nasconda il pessimo vezzo di mettere in bocca all'interlocutore espressioni che non gli sono proprie per poi esibirsi in confutazioni non richieste oltre che non necessarie. Per cui il presunto errore matematico risiede solo nella testa di chi l'ha formulato e non nelle intenzioni dell'estensore dell'articolo di Prometeo.
Fabio Damen(1) Considerazioni e verifiche sulla caduta del saggio di profitto, in Prometeo, 12, 1988.
(2) L'articolo in questione è apparso sulla rivista Fogli rossi, 1990.
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Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.
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