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Home ›L’esproprio delle pensioni
Attraversando il mercato delle ipocrisie economiche e politiche
La borghesia grida allarmata: se la spesa per le prestazioni sociali cresce alla stessa velocità del reddito, come si potranno “risanare” i conti pubblici riducendo il disavanzo e aumentando l’avanzo primario? Quindi, più ricchezza ai borghesi e più miseria ai proletari.
In attesa di un qualche ribasso dei tassi di interesse, il servizio del debito pubblico italiano (gli interessi pagati ai detentori di Bot e Cct) assorbe l’11 per cento della ricchezza nazionale e il capitale (e la borghesia che se ne avvantaggia) non trova spazi concreti di manovra. Ed anche coi tagli alle spese correnti e alle spese in conto capitale, c’è poco da fare. I limiti di cassa per le spese degli enti pubblici alla lunga si trasformano in un boomerang. Per il 1997 si stimano 641 mila miliardi di lire in uscite di cassa, a fronte di 823 mila miliardi di spese per competenza. Questo vuol dire che 182 mila miliardi di spese erogate restano bloccati, sommandosi ai 136 mila miliardi di residui esistenti già all’inizio del ’97. Totale: 318 mila miliardi che graveranno sui bilanci futuri dello Stato.
Lo scenario comincia a spaventare la borghesia che fa quadrato, influenzando ideologicamente e controllando politicamente la cosiddetta opinione pubblica e i votanti nelle ricorrenti farse elettorali. Si approfondisce quindi la campagna per una “innovazione finanziaria come fattore di sviluppo finanziario”. In parole povere: “snellire” lo Stato sociale per recuperare mezzi finanziari da impiegare in modo “più redditizio” e dando “più spazio al mercato”.
Primo obiettivo: tagli alla spesa pensionistica, la quale crescerebbe - secondo qualche “esperto” - di circa il 6 per cento, cioè 16 mila miliardi annui. Le manipolazioni delle cifre sono evidenti. Infatti, si considera pari a 272.500 miliardi la spesa pensioni del 1996, caricandola cioè di tutti gli oneri impropri che vanno dall’assistenzialismo ai vari sostegni alle imprese.
Le teste d’uovo della intellighenzia borghese, perfettamente inseriti nelle logiche del capitalismo, si inventano che - in presenza di uno sviluppo scientifico e tecnologico da capogiro e con enormi potenzialità produttive in tutti i settori - le generazioni che lavorano non sono più in grado di mantenere quelle anziane. I lavoratori attivi producono ricchezze colossali e montagne di beni superflui per le classi dominanti, per i milioni di parassiti che le circondano, le servono e le lodano; non possono però produrre ciò che è necessario e utile per i proletari deboli, anziani e ammalati, e per tutti quelli costretti alla inattività. La ragione è semplicemente che il capitalismo non ricava un profitto dal loro lavoro, poiché avrebbe il mercato invaso da cataste di prodotti che, nella forma di merci, risultano invendibili: Avete mai visto un povero cristo andare sul mercato a comprarsi, senza una lira, quanto gli è indispensabile a vivere per sé e i propri figli?
Dunque, secondo lor signori, i pensionati consumano troppe risorse finanziarie. Tutta l’Europa dei capitalisti e dei banchieri insorge. E detta le sue leggi: la classe operaia si paghi da sé i contributi previdenziali senza gravare sullo Stato e sul costo del lavoro, e avrà pensioni commisurate a ciò che riuscirà a pagare, cioè lo stretto indispensabile per raggiungere al più presto l’eterno riposo. La riforma Dini (quello che intasca un assegno pensionistico mensile di 15 milioni più lo stipendio di Ministro) va “adottata subito e per tutti”. E basta con “le fandonie dei diritti acquisiti”: qui si tratta di salvare lo Stato capitalista dalla bancarotta e - colmo della ipocrisia borghese - di assicurare ai giovani il godimento dei benefici pensionistici!
“Gli occupati attuali accampano pseudo diritti fondati sulla pretesa di accaparrarsi i contributi dei nostri figli”: così dagli Usa si diffonde il pensiero di Bill Clinton. Figli che in tutto il mondo ingrossano le fila dei disoccupati: la nostra Ragioneria dello Stato prevede un calo degli occupati dagli attuali 20 milioni a 15 milioni 514 mila nel 2040...
Poiché il capitalismo non è in grado di assicurare lavoro ai giovani, come vivranno la loro vecchiaia (ammesso che la raggiungano) i milioni di disoccupati presenti e futuri, se continuerà a dominare l’equazione: niente contributi, niente pensione?
Il Direttore generale della Confindustria, Cipolletta, non ha dubbi: “si eliminino le pensioni di anzianità, così la gente resterà a lavorare più a lungo senza toglierle una lira”. Si risparmierebbero 5 mila miliardi nel ’97 e gli industriali non verserebbero alcun anticipo d’imposta sulle liquidazioni. Poi si scopre che i risparmi sarebbero di 3.800 miliardi e solo nel ’98, col rischio della “rivoluzione bolscevica in Italia”, come dice il sottosegretario al Tesoro.
Altro non rimane allora, per cercare un po’ di ossigeno finanziario, che procedere nell’esproprio delle pensioni. Almeno fino a quando gli espropriatori non saranno a loro volta espropriati.
dcBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #5
Maggio 1997
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